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La collezione dell’arte francese all’ermitage

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  1. L’ARTE OLANDESE E FIAMMINGA ALL’ERMITAGE
  2. L’ARTE SPAGNOLA ALL’ERMITAGE

La collezione dell’arte francese all’Ermitage è ricchissima, occupa piu’ di 40 sale del museo. Il Rinascimento si inizia in Francia nel 15 secolo ed è legato allo sviluppo della borghesia e al rafforzamento della monarchia. In quel periodo in Francia si afferma una nuova cultura laica, tuttavia sono ancora vive le concezioni del mondo medioevali, soprattutto quelle religiose. Gli elementi della nuova cultura e le tradizioni religiose si intrecciano nell’arte francese di quell’epoca.

Le opere d’arte francesi sono sistemate nell’ordine cronologico. Le prime sale ci danno un’idea dell’arte applicata francese. Quì sono esposti alcuni mobili del 15 secolo e i famosi smalti di Limoges dei 15-16 secoli.

La produzione di smalti si iniziò nel 12 secolo quando si diffuse la tecnica dello smalto cesellato. Lo smalto viene fatto colare nelle cesellature eseguite sulla superficie di un oggetto metallico, e tramite successiva cottura viene formato un solido strato colorato. Oltre agli oggetti destinati al culto (immagini sacre, crocefissioni), ci sono anche quelli di uso domestico – piatti, vasi da banchetto, ecc. Proprio in questi ultimi si manifesta l’interesse rinascimentale per l’uomo e la sua realtà, che si esprime in paesaggi, in scene con i personaggi nudi, ecc.

 

Meritano attenzione le delicate porcellane faentine eseguite nel 16 secolo nella città di Saint-Porchaire e giunte fino a noi in rarissimi esemplari.

 

Sono molto famose anche le porcellane faentine (le “ argille rustiche ”) di Bernard Palissy. Bernard Palissy, uno degli artisti piu’ famosi del Rinascimento francese, dopo 15 anni di ricerche riuscì a trovare un metodo originale per le porcellane faentine. I disegni e i rilievi che decorano i suoi piatti e vasi riproducono rane, serpenti, lucertole, insetti ritratti nel loro ambiente naturale e di grandezza naturale. Per fabbricare i cliché, indispensabili all’esecuzione dei rilievi, il maestro riempiva di gesso i corpi stessi degli animaletti. E’ stato un tentativo ingenuo di trasportare la natura nell’arte. Ma, in ogni caso, è la testimonianza di forti tendenze realistiche, proprie per la nuova concezione del mondo degli artisti rinascimentali.

 

Il diciasettesimo secolo segna in Francia la definitiva affermazione della monarchia, e l’influenza di assolutismo si estende anche all’arte. In Francia compare il ritratto ufficiale e uno dei creatori di questo stile elevato fu Simon Vouet (1590-1649), il pittore della corte francese della prima metà del 17 secolo. Le sue opere furono molto lontane dalla realtà e dalla vita quotidiana. Il “ Ritratto allegorico di Anna d’Austria ” ne è un esempio. La regina francese, moglie di Luigi Tredicesimo, è rappresentata in vesti della dea romana Minerva, con i suoi attributi – elmo, scudo e civetta. Il quadro doveva sottolineare la grandezza della Francia e il potere dei sovrani francesi. Per questo la regina è rappresentata seduta in una posizione elevata che ci costringe ad osservarla dal basso, quasi sottomessi.

 

Accanto alla pittura ufficiale di corte in Francia si svilupparono anche le tendenze democratiche. I rappresentanti molto famosi dell’arte realistica in Francia di allora furono i fratelli Le Nain: Antoine, Louis, Matthieu. I fratelli erano di origine contadina, trascorsero la loro infanzia fra i contadini, e questi ultimi sono diventati protagonisti delle loro opere. Gli artisti lavoravano insieme in una bottega a Parigi e spesso firmavano i loro quadri solo con il cognome. Tuttavia c’è da menzionare il talento e la maestria di uno dei tre – Louis Le Nain (1598-1648).

La “ Famiglia della lattaia ” (anni ’40 del ‘600) che appartiene all’Ermitage è uno dei migliori quadri di Louis Le Nain. La monumentalità delle figure è una delle caratteristiche della sua pittura. I personaggi sono dipinti in primo piano, si sente il loro legame con la terra e con la natura. E’ da notare che anche quì, in un quadro dello stile completamente diverso da quello ufficiale, il pittore dispone i personaggi in una posizione elevata, cioè in cima di una colle.

Lo spettatore in questo caso non risulta sottomesso, ma non può negare l’importanza dei personaggi rappresentati. Tutti i membri della famiglia sono ritratti in un modo molto realistico, portano sui loro visi le tracce della miseria. I visi pallidi del ragazzo e della bambina sono troppo seri per la loro giovane età, il che ci dice delle condizioni difficili della loro vita. Ma al tempo stesso sono pieni della propria dignità.

 

Nel secondo quarto del 17 secolo sorge in Francia una nuova corrente artistica – il neoclassicismo, fondato da Nicolas Poussin (1594-1665). Il neoclassicismo francese è caratterizzato dalla tendenza all’armonia, dalla simmetria, dai soggetti che risalgono alla storia e alla mitologia antica. Poussin visse a lungo in Italia e nelle sue opere si sente molto l’influenza dell’arte antica romana, ma anche di Raffaello e degli altri grandi maestri del Rinascimento italiano. Il soggetto di uno dei suoi quadri – “ Tancredi ed Erminia ” (anni ’30 del ‘600) – è tratto dal poema epico di Torquato Tasso la “Gerusalemme liberata”. In questa tela Nicolas Poussin dipinge un episodio in cui trionfa la grandezza spirituale dell’uomo e la sua fedeltà al dovere.

Raffigura il coraggio del cavaliere Tancredi che ha sconfitto il nemico in un difficile duello, e la risolutezza della sua innamorata Erminia che salva la vita al ferito. I personaggi sono rappresentati in primo piano, al centro della tela, in abiti antichi. La scelta dei colori segue una logica precisa: rosso il manto di Tancredi, blu la veste di Erminia e gialla quella del personaggio secondario, il servo Vafrino, che si inchina sopra il corpo sanguinante di Tancredi e lo solleva. Erminia, con un gesto risoluto, si taglia una ciocca dei capelli per bendare le ferite di Tancredi e per salvarlo dalla morte con l’aiuto della magia. I personaggi sono messi in rilievo con l’aiuto della luce, le loro pose sono semplici ma espressive. Quest’opera ha un carattere eroico, ma è anche piena di romanticismo e di poesia dell’amore. Nel quadro si sente l’influenza di Tiziano.

Sono molto famosi anche i paesaggi di Poussin, come, per esempio, il “ Paesaggio con Polifemo ” (1649). In questo quadro l’artista crea un’immagine grandiosa della natura. E’ un paesaggio ideale, equilibrato e armonioso. La fantastica figura di Polifemo – il ciclope che ha ammaliato le ninfe del fiume con il suono della sua siringa – si innalza sulla montagna, quasi a fondersi con essa. La combinazione di toni verdi-marroni e azzurri accentua l’armonia della composizione.

 

Un altro rappresentante del neoclassicismo francese fu Claude Lorrain (1600-1682). Il pittore trascorse molti anni in Italia, dove fu affascinato dalle opere dei pittori accademici, però si dedicò a un genere che gli accademici ritenevano secondario, - il paesaggio.

Tra le splendide opere di Lorrain, che occupano all’Ermitage un’intera sala, c’è la sua serie delle “ Quattro ore del giorno ” (anni ’60-’70 del ‘600): “ Mattino ”, “ Meriggio ”, “ Crepuscolo ”, “ Notte ”, in cui l’artista seppe trasmettere il mutare della natura secondo l’illuminazione diversa. Sono tutti i paesaggi eroicizzati, idealizzati, nei quali si riflette il sogno di un mondo ben ordinato e armonioso.

Abbiamo anche molti paesaggi marini di Lorrain, come, per esempio, il “ Mattino al porto ” (anni ’40 del ‘600), che è interessante per l’accostamento del fantastico sfondo architettonico con le scenette quotidiane in primo piano, dove sono ritratti facchini, barcaioli e

pescatori. Queste figure furono dipinte da un pittore fiammingo Jan Mill, al cui aiuto ricorreva spesso Lorrain che preferiva concentrarsi sul paesaggio. Con maestria il pittore rende l’effetto dell’illuminazione matuttina, il gioco della luce sulla superficie dell’acqua.

 

Il Salone Alessandro, che fu allestito su progetto di Alessandro Brullov, è dedicato all’imperatore russo Alessandro Primo. Attraverso i vetri di questa sala si vede la Piazza del Palazzo con la Colonna Alessandro, dedicata allo stesso imperatore. La decorazione della sala esalta la vittoria russa nella guerra del 1812. Nella parete di fronte alle finestre si trova il ritratto in rilievo di Alessandro Primo nelle vesti del leggendario eroe slavo Rodomysl’. Il Salone è riservato alle mostre temporanei (attualmente lì è sistemata una mostra d’ argenteria occidentale, in gran parte francese. La collezione d’argenteria francese all’Ermitage è la migliore del mondo; la maggior parte dei pezzi esposti risale ai 18-19 secoli. Nel Salone sono esposti anche gli arazzi, di cui Francia fu sempre famosa. Di una fama particolare, ne godono i cosidetti gobelins – arazzi fabbricati presso la manifattura dei fratelli Gobelin).

 

Continuando a visitare le sale dell’arte francese, attraversiamo alcune sale dove sono esposti vari oggetti dell’arte applicata francese: vasi, mobili di Boule (1642-1732), statuette di porcellana, candelabri. In una di queste sale, vicino alle finestre, sono esposte le opere del famoso pittore francese Antoine Watteau (1684-1721).

In una delle sue opere – il “ Savoiardo ” (1716) - con tanto lirismo e amore dipinge Watteau un piccolo suonatore di clarinetto, vagante per le strade di Francia. Una marmotta ammaestrata a guadagnare il pane quotidiano gli fa compania.

Il pittore trattava vari argomenti: vita militare (“ Tregua militare ”), scene e attori teatrali (“ Attori della Comédie Française ”); ma soprattutto famosa è la serie dei suoi quadri dedicati alle “Feste galanti”. Watteau rappresenta passeggiate o scene d’amore con dame e cavalieri eleganti, creando così un mondo particolare, poetico, dove s’intrecciano la realtà e la fantasia, il manierismo e l’erotismo.

A questa serie appartengono la “P roposta imbarazzante ” (1716) e la “ Capricciosa ” (1718). Quest’ultima è una scenetta intima nel viale solitario di un parco. Volta la schiena al cavaliere, la dama solleva orgoliosamente la testa. L’espressione del suo viso è fredda e capricciosa. Ma il cavaliere è tranquillo. Sedutosi alle spalle della donna, trovata la posizione piu’ comoda, si prepara a un lungo discorso. Tutt’e due sono esperti in tal genere di affari, per loro ciò che succede non è che un gioco amoroso.

Watteau fu un brillante disegnatore, le sue composizioni sono leggere ed eleganti. Nelle sue opere esalta un mondo spensierato, in cui la favola si fa realtà nelle forme galanti e raffinate della vita aristocratica, solo a volte sfiorata da accenti di dolce malinconia.

 

All’inizio del 18 secolo nell’arte francese sorge un nuovo stile – il rococò, un estremo raffinamento del barocco, che si distingue per gli arabeschi fantastici, per l’eleganza bizzarra delle forme e dei colori, ma anche per il contenuto delle opere, create secondo i gusti capricciosi della società mondana. Nelle opere di questo stile c’è la ricerca di piaceri ed evasioni nel mondo della fantasia e dei sentimenti convenzionali.

Il piu’ grande maestro dell’arte rococò nella pittura francese della metà del 18 secolo fu François Boucher (1703-1770). Pittore alla moda e beniamino dell’aristocrazia, Boucher ha riflesso nelle sue opere gli umori della nobiltà a lui contemporanea. All’Ermitage abbiamo dodici suoi quadri. Nella sua “ Scena pastorale ” vediamo un esperto seduttore incantare una semplice e ingenua fanciulla. E’ da notare che nelle pastorali tipiche di Boucher non vedremo mai figure realistiche di pastori francesi nel loro ambiente naturale; dipingeva normalmente romantiche pastorali con i personaggi convenzionali nelle pose sofisticate, ed era attirato sopratutto dalla possibilità di rappresentare scene erotiche.

 

I tratti caratteristici dello stile rococò, li troviamo anche nella scultura francese del ‘700. All’Ermitage sono conservate alcune opere dello scultore francese Etienne Maurice Falconet (1716-1791). Tutte queste statue furono eseguite in Francia e trasportate in Russia nel 1766, quando lo scultore venne a Pietroburgo su invito di Caterina Seconda per erigere un monumento a Pietro Primo (il “Cavaliere di bronzo”). E’ molto famosa in Francia e in tutto il mondo la sua statua “ Amorino minaccioso ” (1757), scolpita su commisione della protettrice di Falconet – la marchesa Pompadur. Il piccolo Cupido, figlio di Venere, prende dalla farètra (колчан) una freccia: chi ne sarà colpito, sentirà il cuore accendersi d’amore. Quest’immagine scultorea è viva e piena di fascino; il personaggio è simpaticisimo, e attira lo spettatore con il suo sorriso malizioso.

 

Contemporaneamente all’arte aristocratica in Francia si sviluppa l’opposta corrente realistica, legata all’ideologia del terzo stato. I rappresentanti della tendenza realistica (democratico-borghese) sono il pittore Chardin e lo scultore Houdon.

L’opera del grande pittore francese Jean-Baptiste Siméon Chardin (1699-1779) è rappresentata all’Ermitage con alcuni quadri di genere e con una natura morta. La vita della piccola borghesia, la vita del popolo, i loro problemi quotidiani, i loro abitudini, l’ambiente che li circonda costituiscono il contenuto principale delle opere di Chardin.

Così è la “ Lavandaia ”, il quadro che rappresenta una donna umile e onesta, casalinga e madre premurosa. Tutto è dipinto laconicamente, senza dettagli inutili: il locale dove lei lavora insieme ad un’altra lavandaia occupata a stendere la biancheria, vari oggetti banali, gli abiti modesti. Il bambino che soffia bolle di sapone è dipinto con molto amore.

La semplicità della composizione, l’armonia dei colori sono tipici anche per gli altri quadri della nostra collezione di Chardin, ad esempio – la “ Preghiera prima del pasto ”.

 

Lo scultore francese Jean Antoine Houdon (1741-1828) fu un gran maestro del ritratto scultoreo. Ha immortalato nel marmo molti suoi contemporanei.

Voltaire seduto in poltrona ” (1781) è un insuperato capolavoro dello scultore. La statua fu eseguita nel 1781 su commisione di Caterina Seconda, e due anni piu’ tardi fu portata in Russia. Una replica d’autore si trova nel foiè del teatro Comédie Française a Parigi. Avendo nascosto il corpo magro di Voltaire sotto le pieghe morbide del mantello, Houdon attrae l’attenzione dello spettatore sul viso e sulle mani del personaggio. Il grandissimo filosofo è rappresentato in età già avanzata, con il viso solcato di rughe e le vene ben visibili dei polsi.

Quest’opera ha un effetto ottico fatto apposta: se lo spettatore fa il giro intorno alla statua, partendo dalla sua spalla sinistra e guardando sempre il viso scolpito, ad ogni passo vede cambiare la sua espressione. Ora si vede il sorriso canzonatorio, ora lo sguardo vivo, ora sembra di vedere un bonaccione; ad un certo punto il sorriso diviene sarcastico e poi sparisce completamente, lasciando sul viso un’espressione triste e saggia della vecchiaia.

La statua di Voltaire è una delle opere piu’ significative e brillanti della scultura francese del 18

secolo.

 

 

L’esposizione degli impressionisti e dei postimpressionisti all’Ermitage è abbastanza ricca. La storia di questa collezione parte da Mosca, apparteneva inizialmente ai due collezionisti moscoviti che erano famosi anche come mecenati, S.I.Sciukin e I.A.Morosov. Dopo la rivoluzione la collezione è stata nazionalizzata e divisa in due parti piu’ o meno uguali, una delle quali è rimasta a Mosca e attualmente appartiene al Museo delle Arti Figurative Pushkin e l’altra fa parte delle collezioni dell’Ermitage.

 

impressionismo

L’impressionismo è un movimento artistico che ha dovuto il suo nome al titolo del quadro di Claude Monet – “Impression, soleil levant” (1874).

La prima mostra degli impressionisti – 1874 – si realizza nelle sale dell’atelier del fotografo Nadar; è un grosso scandalo, il pubblico ride e s’indigna, ma la mostra ottiene il successo di far conoscere le opere degli artisti finora così frequentemente rifiutati, o mal esposti, ai salons ufficiali.

Poi, grazie anche al sostegno del mercante Durand-Ruel, ne seguono altre di queste mostre (nel ’76, ’77, ’79, ’80, ’82, ’86).

Il fondamentale metodo impresionista fu quello di usare i colori puri, non mischiati; per questo i loro quadri vanno ammirati da lontano.

All’Ermitage non sono rappresentati Edouard Manet (l’autore del famoso “Déjeuner sur l’herbe” – il quadro che suscitò un grosso scandalo al Salon Ufficiale nel 1865) e Henry de Toulouse-Lautrec.

 

L’esposizione degli impressionisti all’Ermitage comincia dalla sala dove sono esposte le opere di Edgar Degas e Auguste Renoir.

Edgar Degas (1834-1917). La condizione borghese della sua origine (fu nato dal padre, ricco banchiere di Napoli, e dalla madre creola di New Orleans; il suo vero nome fu Edgar Hilaire Germain de Gas) lo indirizzò verso il più tradizionale dei gruppi artistici parigini, quello degli “Ingristes” (seguaci di Ingres, Delacroix, Courbet, ecc.); e appunto, Degas si tenne sempre un pò in disparte dalle teorie degli impressionisti.

Amico di Edouard Manet, caustico, raffinato, Degas fu chiamato dai contemporanei “maestro del controluce”; in effetti, pochi artisti seppero cogliere o rendere come lui le innumeri delicate sfumature dell’effetto luminoso.

Degas è subito riconoscibile per la sua maniera pittorica, di cui le cose tipiche sono: la purezza del disegno, la vivacità dell’osservazione dal vero, la fluidità.

Si interessava soprattutto al mondo raffinato dell’Opera e del Balletto: le ballerine, ancora trepidanti per l’ultimo “fouetté”, colte cioè nel momento del trapasso dal moto alla quiete, divennero uno dei motivi pittorici più felici della sua arte.

Degas trattava spesso nelle sue opere anche il tema del nudo femminile. Un suo tratto particolare nel rappresentare il nudo femminile è quello che le sue figure nude non si pongono quasi mai in un rapporto diretto con lo spettatore. Ad esempio, nel quadro “ Donna che si pettina ” (che si chiama anche “ Donna che fa la toilette ”, 1885-86) vediamo una donna che si ripiega su se stessa, mostrandoci la schiena; è dipinta in una posa forzata e difficile. Queste modalità di uso dell’immagine, tipiche di Degas, sono state variamente interpretate come indice di misoginia o, piu’ generalmente, come sintomo dell’impossibilità dell’artista di istituire una relazione sodisfacente con le donne. Il quadro è dipinto con il pastello, tipico di Degas dagli anni ’80 fino alla fine della sua attività artistica.

“Dopo il bagno” (metà degli anni ’90 dell’800)

“La toilette” (1889)

 

L’arte di Pierre Auguste Renoir (1841-1919) è molto vicina a quella di Claude Monet: una nuova immagine del mondo in un accordo felice di impressione visiva e di emozione sentimentale.

Non ha incertezze: tra la rappresentazione di un fiore o di un’ “idea” sceglie il fiore, perchè lì c’è la vita della natura, la bellezza semplice ed eterna del mondo.

La verità ottica nella raffigurazione della realtà, cioè un accordo d’occhio e di emozione, di osservazione e trasfigurazione, è un presupposto fondamentale per Renoir.

Quello che distingue Renoir tra i suoi amici impressionisti, quello che lo caratterizza, è la più calda partecipazione sentimentale al soggetto e una maggiore sontuosità cromatica. Nelle sue opere vediamo una luminosa armonia di colori svariati e sfumati entro un’atmosféra che pénetra la sostanza della forma: Renoir vede con molta giustezza il rapporto della figura con l’ambiente.

Le sue immagini reali della vita di ogni giorno alludono a quelli del mondo fantastico e idillico dei grandi maestri del rococò (da Watteau e Boucher a Fragonard).

Il “ Ritratto dell’attrice Jeanne Samary ”(1878). Il dipinto raffigura un’attrice della Comédie Française che è stata piu’ volte ritratta da Renoir. (La tela fu esposta al Salone del 1879.) L’opera rivela la grande potenza dell’artista nell’esecuzione dei ritratti. La donna è rappresentata rigorosamente al centro della composizione e a figura intera. Indossa un elegante abito bianco di pizzo bianco, accordato ai guanti e alla tinta della carnagione. Renoir fa spiccare la figura su uno sfondo rossastro, e questo insieme produce una sensazione di armonia. Il ritratto è dotato di grande immediatezza, sia per l’uso di una pennellata staccata, sia per il lieve sporgersi della figura in avanti.

”Ragazza con ventaglio” (1881)

“Testa femminile” (1876)

“Paesaggio” (1902)

 

La sala adiacente contiene i quadri del “padre” dell’impressionismo, Claude Monet (1849-1926). Essendo impressionista romantico, Monet rimane a mezza strada tra estraneità e partecipazione al mondo. La sua idea fondamentale fu quella di dare una resa obiettiva della realtà per mezzo di una minuta analisi ottica, la sua arte veniva alimentata dalla vita normale.

Sono molto famosi i suoi quadri la “ Dama nel giardino ” (1876), due quadri sotto il nome degli “ Stagni ” (1876-77) e soprattutto “ Il ponte sul Tamigi. L’effetto della nebbia ” (1903). Questo quadro va visto da lontano, allora si ottiene proprio l’effetto della nebbia che è tipico per la maggior parte delle opere di Monet.

 

All’Ermitage abbiamo anche le opere di Alfred Sisley (1839-1899), pittore di origine inglese nato a Parigi, uno dei seguaci piu’ accaniti appasionati dell’impressionismo; le sue tele, cariche di luce, sembrano più tradizionali e tranquille rispetto ai paesaggi dinamici di Monet, ma piene di armonia e tenerezza:

Una giornata di vento a Vienna ” (1882)

 

e le famose vedute parigine di Camille Pissarro (1830-1903):

Le boulevard Montmartre a Parigi ” (1897)

La Piazza del teatro francese a Parigi ” (1898)

 

 

postimpressionismo

Gli anni a cavallo dell’Otto e del Novecento erano anni di crisi per la cultura europea. Non sono passati dieci anni dalla prima mostra impressionista (1874) che già si delinea una crisi all’interno del movimento: quell’accordo spontaneo tra occhio e sentimento, tra osservazione diretta del vero e trasfigurazione lirica, tra minuta analisi ottica e stato d’animo, sembra incerto e malsicuro persino agli stessi pittori impressionisti. Si tratta già di superare il mondo delle apparenze al fine di penetrare più profondamente nel segreto dell’anima umana, di dare l’immagine all’interiorità, di rendere le sensazioni attraverso gli equivalenti plastici, di risolvere il problema che nell’impressionismo era implicito: la funzione che viene ad avere il soggetto nei rapporti col mondo.

Così, consumato ormai l’entusiasmo per l’impressionismo, prende il via un nuovo movimento artistico – il postimpressionismo.

I pittori che hanno dato il via a questa nuova visione pittorica furono Paul Cézanne, Vincent van Gogh e Paul Gauguin.

 

L’Ermitage ha una delle migliori raccolte in Europe di quadri di Paul Cézanne (1839-1906).

Nel vortice vibrante di colore e di luce dell’impressionismo Cézanne ha scoperto la necessità di un nuovo ordine pittorico.

Se la pittura lirica degli impressionisti cercava di evocare l’effusa energia, lo slancio vitale che animano la realtà, la pittura “mentale” di Cézanne cerca di recuperare l’intima struttura su cui si regge quella realtà.

Voleva trattare la natura attraverso le figure geometriche; voleva sostituire alla visione superficiale e alla musicalità degli impressionisti una architettura pittorica movimentata, concreta quanto complessa.

Il suo rigore mentale, la strutturale severità delle sue pensate composizioni, il suo riorganizzare in forme semplici e rigorose la visione naturalistica dell’impressionismo offrivano decisi stimoli al cubismo, al fauvismo, persino alla pittura astratta.

Non è per caso che Cézanne viene finora considerato “padre” di tutta la pittura moderna.

“Ragazza al pianoforte. L’ouverture di “Tanhauser” ” (1868-69),

“Autoritratto con casquette” (1873-75),

“La frutta” (1879-82),

“Mont Sainte-Victoire” (1900),

“Il fumatore” (1890-92),

“Il grande pino ad Aix” (fine anni ’90 dell’Ottocento),

“La signora in azzurro” (1899).

 

L’arte di Paul Gauguin (1848-1903) è rappresentata all’Ermitage da quindici opere, appartenenti al suo periodo tardo, “tahitiano”: un periodo in cui, in ricerca dell’armonia e dell’equilibrio, il pittore si ritirò in una piccola isola lontana di Tahiti e lì trovò il suo proprio “paradiso terrestre”.

Paul Gauguin fu un fortunato agente di cambio quando, verso 1874, non essendo già molto giovane, comincia ad essere “morso” dalla passione della pittura; inizia così il suo percorso o, meglio, la sua fuga dalla civiltà alla ricerca di una vita e di un’arte primitive.

Conclusosi tragicamente il suo soggiorno ad Arles insieme a Van Gogh, Gauguin riparte per la Bretagna, a Pont-Aven, seguito da molti giovani pittori per i quali diventa profeta di un nuovo linguaggio pittorico, teorico, mistico, innovatore dell’impressionismo.

Afferma di voler raggiungere, con la sua pittura – complicata e primitiva, chiara e oscura, barbara e raffinata – il “centro misterioso del pensiero”. Parla del valore dell’inespresso, del simbolo, delle armonie musicali, dell’enigmatica forza espressiva del colore.

Il 23 marzo 1891 Gauguin decide di lasciare la Francia per andare a un’isola di Tahiti; e lì vive la sua prima esperienza primitiva (dal 1891 al 1893).

Nelle sue tele dipinte a Tahiti e alle Marquesas (Martinica) è espressa e incarnata un’immagine nuova della vita e del mondo. Nei Tropici canta sulla tela la gioia di una vita semplice e pura, la sensualità dei corpi, il mistero degli spiriti che incombono sull’esistenza, compenetrando natura e fantasia, verità e immaginazione.

Nel 1893 torna a Parigi, ma per pochi mesi, dopo di che, profondamente deluso dal suo incontro con l’ambiente parigino, riprende, nel febbraio del 1895, la via di Tahiti, ormai deciso di non più tornare. Lì muore il 8 maggio 1903.

Gauguin è considerato il “padre” del sintetismo e dei “nabis”, e, in parte, dell’art nouveau.

la “ Donna che tiene un frutto ” (la “Donna con un frutto ”, 1893) – la figura della tahitiana è

piatta e stabile, come pure il paesaggio del quale fa parte;

i “Girasoli ”(1901) – il girasole è un’immagine rituale del sole; si vede ben chiaro che uno

dei girasoli raffigura l’occhio onniveggente – un elemento simbolico del cristianesimo;

la “ Conversazione ”(1891);

le “ Pastorali tahitiane ” (1893);

l’“ Idolo ”(1898).

 

Le quattro tele di Vincent van Gogh (1853-1890) che abbiamo all’Ermitage furono eseguite dall’artista nell’ultimo, il più drammatico periodo della sua vita.

Olandese di origine, Van Gogh fu soprannominato dagli amici pittori “l’inquieto olandese”. Dopo il suo breve soggiorno ad Anversa, il pittore si trasferì a Parigi. La parte più importante della sua breve vita è legata alla Francia.

Agli inizi della sua esperienza artistica (che è cominciata tardi: i suoi primi disegni risalgono alla fine degli anni ’70 dell’800) compiva gli schizzi di contadini, i ritratti, i paesaggi, copiando Francois Millet.

Negli anni 1886-87, a Parigi, si è messo in contatto diretto con gli impressionisti; ma, anche se influenzato dalle loro idee, Van Gogh usa la tecnica impressionista per esprimere i propri sentimenti, il proprio stato d’animo; il suo cromatismo rispecchia le sue emozioni (a differenza degli impressionisti stessi che creavano un’illusione ottica della realtà).

il “ Cespuglio di lillà ” (1888) – questa tela fu dipinta da Van Gogh nel giardino della clinica di

Saint-Rémy in cui si ritirò per una crisi della sua malattia mentale;

le “ Dame di Arles ” (1888) e l’ “ Arena di Arles ”(1888) – pure questi due quadri furono dipinti

dal pittore nell’ultimo periodo di vita, nel corso del suo soggiorno ad Arles insieme a Paul

Gauguin: un periodo tragico in cui, dopo la partenza di Gauguin, in una crisi della malattia,

Van Gogh si tagliò il lobo dell’orecchio, dopo di che fu ricoverato al manicomio;

le “ Capanne ”(1890) – il quadro fu eseguito ad Auvers-sur-Oise alcuni mesi prima

della tragica morte del pittore: si tirò un colpo di pistola proprio su questo campo che è

raffigurato nel quadro (nel 1890).

 

 

pointillisme (divisionismo)

Una nuova tecnica pittorica, elaborata alla fine degli anni ’80 del 19 secolo da due pittori francesi Georges Seurat (1859-1891, morto all’età di 32 anni; nel 1883 aveva organizzato, in polemica con il Salon ufficiale che respinse le sue opere, “Salon des Refusés”, e dopo – “Salon des Artistes Indépendants” (Seurat, Signac, Pissarro)) e Paul Signac e denominata divisionismo

(= pointillisme = neo-impresionismo = puntillismo), è rappresentata all’Ermitage dall’opera di Paul Signac (1863-1935) – il “ Porto di Marsiglia ” (1906).

I neo-impressionisti hanno maturato l’impressionismo; hanno trovato nelle teorie di studiosi di ottica la chiave per una resa “scientifica” dell’impressione luminosa. Il metodo neoimpressionista consiste nell’analisi scientifica dello spettro ottico e la conseguente sistematica divisione del colore sulla tela attraverso minute pennellate.

I divisionisti si ritenevano i progenitori degli “astrattisti”.

Nelle loro opere l’atmosfera è trasparente e vibrante, la superficie sembra vacillare; i colori, isolati sulla tela, si ricompongono sulla rètina: si ha dunque non una mescolanza di colori-materia (cioè, pigmenti), ma di colori-luce.

Il motto divisionista fu: mettersi in rapporto con una luminosità diffusa, concepita come struttura energetica del cosmo. Il loro dinamismo non è legato all’oggetto, come sarà più tardi nel Futurismo, ma all’intuizione di una struttura spaziale-luminosa. La realtà non si presenta come un incontro di dati, ma come un mistero complessivo in cui agiscono energie tutte da scoprire.

 

 

primitivismo

Uno dei piu’ famosi rappresentanti dello stile naiv è Henri Rousseau (1844-1910), detto “il doganiere” (per moltissimi anni della sua vita fu un impiegato presso la dogana; seguì la sua vocazione artistica all’età già avanzata, da autodidatta).

Nelle sue opere “infantili” ci affascina il coraggio di percepire il mondo e se stesso come un bambino ingenuo, come pure quello del tornare all’inconscio. All’Ermitage abbiamo tre quadri di Rousseau: la “ Veduta della fortificazione ”(1909), “ Nella giungla: la battaglia tra tigre e bue ”(1908), “ Giardino a Lussemburgo. Momumento a Chopin ” (1909). Quest’ultimo è una pura fantasia artistica, perchè non c’era mai stato nessun monumento a Chopin a Lussemburgo.

 

 

cubismo (André Derain, Juan Gris, Fernand Léger, Georges Braque, Pablo Picasso,

Metzinger, Gleizes, Marcoussis)

Con l’inquieta e selvaggia espressività del cubismo (l’apogeo del quale è il 1909) cadono molti dei fondamenti stilistici consegnati dalla lunga tradizione pittorica, insieme ai principi istaurati dall’impressionismo. Lo spazio non viene più definito attaraverso una variazione di quantità luminosa, ma per mezzo di una scansione di piani plastici regolati in prospettiva.

“I cubisti trattano la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva, così che ogni lato di un oggetto, di un piano, si diriga verso un punto centrale.” (Braque)

I cubisti indagano la struttura degli oggetti, si muovono entro le cose, girano intorno agli oggetti per darne una trascrizione geometrica da diversi punti di vista – di profilo, dal basso, ecc. – per fissarne la statica cristallina struttura in una molteplicità di angolazioni.

“Picasso studia un oggetto come un chirurgo disseziona un cadavere” – scrive Guillaume Apollinaire; e lo stesso potrebbe valere per Braque come pure per tutto il “cubismo analitico” (che fu il primo tempo del cubismo, protratto fino al 1912). Colori monocromi – i toni variati di verde e di ocra – sono dominanti nel cubismo durante questa sua tappa “giovanile”.

“Cubismo sintetico”: dopo la fase di frantumazione prospettica dell’oggetto e di sistematico sezionamento, i pittori cubisti giungono alla raffigurazione di alcune costanti grafiche riassuntive che alludono agli oggetti pur senza descriverli nei loro particolari: lo spazio si ribalta su di un unico piano e le zone cromatiche si stendono in superficie, segnate da una sottile trama lineare.

I cubisti stimolarono la formazione del suprematismo in Russia (Casimir Malevitch), del dadaismo in Svizzera (Marcel Duchamp) e in Germania (Hans Arp, Max Ernst), del neoplasticismo in Olanda (Piet Mondrian, Theo van Doesburg), del costruttivismo in Russia (Tatlin) e in Ungheria (Laszlo Moholy-Nagy), anche del futurismo italiano (Carlo Carrà, Umberto Boccioni; il poeta Marinetti).

 

All’Ermitage ci sono diverse opere di Pablo Picasso (1881-1973), tutte però risalenti alla prima tappa della sua attività artistica – “periodo blu” (1901-1904), “periodo rosa” (1905-1906), periodo del cubismo (dal 1907). Ce ne sono 31.

Periodo blu: l’“ Amatrice dell’assenzio ” (“Bevitrice di assenzio”, 1901). Il dipinto precede di qualche mese il pieno affermarsi nell’opera di Picasso del colore blu (che per tre anni - dall’autunno del 1901 alla primavera del 1904 – avrà una riponderanza assoluta nella sua arte), dando vita al cosidetto periodo blu. In questo quadro l’autore rappresenta con forte drammaticità ed espressività la figura di una donna alcoolizzata in un locale pubblico. Il passaggio tra la parte illuminata e quella in ombra del volto della donna è segnato con una nettezza che da al viso una forte evidenza plastica. La posa sofferente della donna sembra enfatizzata dalla forma allungata e sproporzionata delle mani.

La “ Visitazione. Due sorelle ” (1902). E’ un allusione a un soggetto tratto dal Vangèlo (l’incontro di Maria e Elisabetta). L’artista fu ispirato da una visita alla prigione femminile di Saint-Lazàr, dove vide l’incontro di due sorelle, una delle quali portò il suo bambino per farlo vedere all’imprigionata.

Il “ Ritratto di Solèr ” (1903). E’ il ritratto dell’amico di Picasso, Josè Marì Solèr, un sarto di Barcellona, che aiutava i giovani pittori accettando i loro quadri come pagamento.

Periodo rosa: il “ Ragazzo con il cane ”.

Periodo del cubismo: dopo il 1907 l’artista, partendo dalla teorìa di Cézanne, cioè dalla sua idea della “segmentazione delle forme”, va oltre, frammentando la realtà in elementi geomentici. Secondo Picasso, la piu’ semplice figura geometrica che corrispondi alla struttura tridimensionale del mondo (perchè il mondo reale si presenta in tre dimensioni) sarebbe il cubo.

La “ Donna con il ventaglio ” (1908).

La “ Composizione col crànio”

fauvismo

Il termine “fauvismo” deriva dalla parola francese “fauve” che significa “la belva”. Viene usato per il gruppo di pittori partecipanti al Salone del 1905, le cui opere suscitarono un grande scandalo a causa della loro “eccessiva” e quasi selvaggia espressività, dovuta al fatto che usavano i colori puri. I pittori del gruppo furono i primi a dichiarare che la pittura non avesse niente a che vedere con il rispecchiare la natura, ma la natura dovesse servire da materia prima per una libera interpretazione e fantasia di un artista. Furono accusati di alterare i canoni di pittura e di trasgredire le norne della società. Il gruppo dei 12 “fauve” (Henri Matisse, Albert Marquet, André Derain, Maurice Vlaminck, Georges Braque, Kees van Dongen, Pierre Bonnard, Edouard Vuillard, Friesz, Raoul Dufy, Georges Rouault е Henri Charles Manguin esiste fino al 1907.

Henri Matisse (1869-1954), ideologo del “fauvismo”, è presente all’Ermitage con un’eccezionale raccolta di 37 quadri. La “ Danza ” ed il suo pendant, la “ Musica ” (1910), furono eseguiti per Serghei Sciukin, grande collezionista d’arte di avanguardia.

La “Danza” è un vero capolavoro dell’arte moderna. Dal punto di vista compositivo quest’opera comunica grande armonia: figure maschili e femminili nude si snodano in un movimento circolare in un paesaggio molto semplificato. Il colore è steso in aree piatte che assumono un rilievo tridimensionale grazie a una linea di contorno marcata.

La “ Stanza rossa ” (1908)

Il “ Ritratto di famiglia ” (1911) – rappresenta la famiglia del pittore: la moglie Amelie seduta

sul divano, la figlia Margherite ed i due figli Pierre e Jean che giocano a dama.

La “ Caffetteria araba ” (1913)

La “ Conversazione ” (1909) - è un autoritratto con la moglie.

La “ Fanciulla col tulipani (Ritratto di Jeanne Vaderain) ” (1910)

Il “ Ritratto di L.N.Delektorskaja ” (1947) – Lidia Nikolaevna Delektorskaja, amica e segretaria

del pittore, parigina di origine russa, donò all’Ermitage questo ritratto ed altri quadri di

Matisse nel 1967.

 

gruppo “Nabis”

“Nabis” è una parola ebraica che significa “profeti”. I membri del gruppo furono i pittori-simbolisti (Vuillard, Roussel, Denis, Sérusier, Ranson, Valloton, Bonnard), dichiaratisi discepoli di Gauguin; fu un gruppo riunito intorno a Paul Sérusier, reduce da Pont-Aven, dove fu l’allievo di Gauguin. Si consideravano profeti di nuove idee e nuove forme, sotto il segno di “Talismano” – il piccolo paesaggio, dipinto da Sérusier sotto la guida di Gauguin.

L’idea dei “Nabis” fu che l’arte esistesse dappertutto; proclamavano la sintesi dell’arte e la vita quotidiana, la realtà e il suo sogno in un’unica entità poetica, in una sola complessa e semplice immagine.

Fu la strada scelta da tutti i “Nabis” (ma anche da Toulouse-Lautrec che non apparteneva, però, al gruppo) – la decisa scelta di raffigurare le “cose viste”, estrandone i ritmi grafici e cromatici; di dare l’immagine della verità momentanea, fuori da ogni mito, operando una riduzione della “cosa vista” agli elementi espressivi più caratterizzanti e sintetici, addensando, entro i confini dello schermo visivo, ogni elemento della realtà apparente, inseguendola nel suo trasformarsi e vivere.

I loro quadri assomigliano a volte gli arazzi.

Maurice Denis (1870-1943), il fondatore del “gruppo Nabis”. Trattava i soggetti religiosi, la sua idea fu quella di far tornare in vita la pittura religiosa. La sua maniera pittorica fu di usare i colori puri, formando sul quadro le zone di colore “piatte” con i contorni netti. Credeva che un quadro fosse la superficie piatta, riempita di colori messi in un certo ordine. Nei volti

delle donne rappresentate da Denis si riconoscono spesso i tratti di Marta, sua moglie.

Marta e Maria ” (1896)

La “ Visitazione ” (1894) – soggetto tratto dal Nuovo Testamento: Maria a casa di Elisabetta

Il “ Paesaggio primaverile con figure ” (1897)

 

Pierre Bonnard (1867-1947). Nascendo all’arte troppo tardi per aver vissuto la rivoluzione impressionista, Bonnard accolse il sintetismo ed il primitivismo gauguiniano come i “primi” linguaggi pittorici contro il passivo verismo accademico.

Con geniale ironia il pittore risolse il problema della ricerca dell’universale, dello spirituale, dell’eterno attraverso l’invenzione individuale di armonie e forme pure nel raffigurare la minuta realtà quotidiana in una maniera “decorativa”, “neo-tradizionalista” (il termine appartiene a Maurice Denis).

Fu l’amico del famoso collezionista d’arte I.Morozov. La numerosa raccolta dei quadri di Bonnard che abbiamo all’Ermitage (paesaggi e scene di vita parigina) sono le opere eseguite su commissione del collezionista stesso.

Il “ Mattino a Parigi ” (1911)

La “ Sera a Parigi ” (1911)

Sul mar Mediterraneo ” (1911, trittico)

 

Jean Edouard Vuillard (1868-1940) – nei suoi quadri, in maggioranza di piccole dimensioni, sono raffigurati gli interni che ci sembrano tanto raffinati per causa di una tavolozza tipica dell’artista che è l’accostamento di colori grigio argénteo, azzuro e giallo.

I contemporanei del pittore ritenevano che la sua gamma cromatica fosse vicina alla musica di Claude Debussy.

“Nella stanza” (1899).

 

All’Ermitage ci sono numerosi paesaggi e vedute di Albert Marquet (1876-1947), che visse anche lui un’esperienza “fauve”nel periodo giovanile della sua attività artistica:

Il “ Porto di Amburgo ”(1909)

Il “ Lungofiume di Louvre e il Pont Neuf a Parigi ” (1906);

 

come pure la vissero altri celebri pittori Felix Vallotton (1865-1925; “ Interno ”), Maurice de Vlaminck (1876-1958; “ Una cittadina sulle rive della Senna ”, “ Paesaggio con casa sulla collina ”), André Derain (1880-1954; “ Ritratto di un ignoto che legge il giornale (Chavalier X)”, “Boschetto”) – le cui opere abbiamo all’Ermitage.

 

 

purismo

Kees van Dongen (1877-1968), olandese di origine; visse molti anni a Parigi. L’esperienza fauve costituisce la prima parte dell’attività artistica del pittore, che, però, appare quasi estraneo con la sobrietà dei suoi colori scuri alla gioiosa esplosione cromatica dei “fauves”. Il suo espressionismo è quasi biologico, agressivo e diretto.

Raffigurava soprattutto gli ambienti artistici – i cabaret, il circo, i locali di ritrovo della “bohème”

La “ Dama col cappello nero ” (1908)

 

Fernand Léger (1881-1955) stabilì un ordine plastico agli antìpodi dell’impressionismo, partendo da una nuova visione delle cose: niente di sentimentale, disegno rigido, l’amore per le forme e per i volumi. Proprio su questi due elementi essenziali - il disegno rigido ed il volume – si basa il quadro di Léger.

Il pittore sottolinea il peso plastico di ogni elemento particolare, di ogni frammento in modo da trovare un certo equilibrio dei vari elementi. L’oggetto nell’arte di Léger diventa personaggio principale e detronizza il soggetto.

Vuole imitare le più intime leggi dinamiche; non è per caso che lo spettatore ha la sensazione di un estremo dinamismo.

Insiste su due aspetti fondamentali della figurazione: sulla vitalità dei singoli elementi e sui contrasti che formano l’insieme.

 

“Composizione ” (1924)

Lettera aperta ” (1932-48)


Дата добавления: 2015-11-16; просмотров: 52 | Нарушение авторских прав


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