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L’arte olandese e fiamminga all’ermitage

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  1. LA COLLEZIONE DELL’ARTE FRANCESE ALL’ERMITAGE
  2. L’ARTE SPAGNOLA ALL’ERMITAGE

Il massimo pittore olandese fu Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606-1669), di cui l’Ermitage possiede 26 quadri e una serie di acqueforti, fra le quali – le celebri “Tre alberi”, le “Tre croci”, “Cristo davanti a Pilato”, ritratti e autoritratti.

La famosa “Danae”(1636) fu dipinta sullo stesso soggetto che aveva ispirato Tiziano, però Rembrandt lo tratta in una maniera completamente diversa: dipinge Danae che attende il Dio ed i sentimenti da lei provati. Nella posizione del suo corpo, nel gesto del braccio proteso si sentono la speranza, il timore, l’impazienza. Il nudo femminile così come lo dipinse Rembrandt costituì un fatto inconsueto nell’Olanda di allora. Il pittore fu rimproverato di essersi allontanato dai cànoni di bellezza vigenti. Infatti, la “Danae” di Rembrandt non si distingue nè per la bellezza, nè per la perfezione di forme, però colpisce per la sua veridicità. Il quadro è stato rovinato nel 1984 da un maniaco che aveva spruzzato sulla tela l’acido solforico e ci vollero ben dodici anni per restaurarlo. L’esposizione di questa sala è dedicata alla vera e propria impresa dei nostri restauratori.

Vediamo una sala intera dedicata a Rembrandt. Le opere di Rembrandt sono esposte sugli stend vicino alle finestre, e sulla parete opposta vediamo i quadri dei discepoli di Rembrandt.

La “ Flora ”(1634) – è un famosissimo ritratto della prima moglie del pittore, Saskia, in sembianze della dea della primavera. In questo quadro Rembrandt ci da un’idea dell’ideale di bellezza delle olandesi di quei tempi.

Uno dei capolavori di Rembrandt è la sua “ Deposizione ” (1634). E’ uno dei quadri della serie “Passioni di Cristo”. Normalmente i pittori ritraevano questo soggetto in un ambiente e in un’ora convenzionali. Rembrandt invece dipinge la notte tarda, rispettando i toni scuri che gli permettono con l’aiuto della luce di mettere in risalto l’essenziale. Una macchia di luce, la piu’ intensa, illumina il corpo esanime di Cristo così che si sente tutto il suo peso, e il suo viso, così poco attraente, gonfio e pallido. Un’altra macchia di luce che attira la nostra attenzione è concentrata sulla figura della Madonna, sul suo viso gia vecchio, pallido e distrutto dal dolore. Quest’immagine straordinaria della Madonna (rappresentata così come se fosse una contadina) creò per il pittore tanti problemi nei rapporti con la chiesa. C’è un’altra macchia di luce ancora, e evidenzia un altro elemento molto importante del soggetto - la sacra sindone che attende il corpo morto di Cristo.

Rembrandt trattava anche i temi insoliti per quei tempi, quelli psicologici: lui creò un particolare tipo del ritratto – il ritratto-biografia, in cui l’attenzione è concentrata sulla ricchezza interiore della natura umana, sulle sofferenze dell’uomo.. Questo suo talento, il pittore lo rivelò soprattutto nel “ Ritratto di vecchio in rosso ” (1652-54), uno dei migliori quadri della nostra raccolta. Il vecchio è rappresentato di faccia, in primo piano, in una posa immobile che sottolinea la sua concentrazione, sullo sfondo neutro, scuro, in abito rosso. Nel quadro ci sono due macchie chiare: il viso e le mani. Sono dipinte con un’espressività e una forza sconosciute prima di Rembrandt e sembrano di saper raccontare la vita intera del personaggio.

Il vero e proprio capolavoro del maestro è il “ Ritorno del figliol prodigo ” (1668-69). E’ un soggetto che affascinava Rembrandt sin dalla giovinezza. Trattando la famosa parabola, Rembrandt dipinge una scena statica, priva di azioni esteriori, di movimento. Non è tanto l’illustrazione della parabola quanto la rappresentazione della tragedia umana: l’incontro del vecchio, la cui morte è forse vicina, con il proprio figlio smarrito ma profondamente pentito, il quale, però, ha perso fede in felicità e in futuro.

Normalmente noi capiamo il contenuto del dipinto grazie all’espressione degli occhi. In questa tela gli occhi, non li vediamo. Il padre sembra di essere cieco; il figlio, lo vediamo di spalle – la sua testa rasata, gli abiti miseri testimoniano le sofferenze; e un gruppo di persone che osservano silenziose la scena, sta in penombra, con gli sguardi persi nel buio. Il contenuto del dipinto invece ci è profondamente comprensibile. La posizione delle mani del padre, “l’espressione” stessa delle mani che tastano, tremanti, le spalle del figlio, ci parlano chiaramente dell’idea del maestro: sono solo i genitori che sappiano perdonare tutto ai loro figli. Con questo quadro Rembrandt afferma un’ideale umanista: gli uomini devono essere vicini, pronti ad aiutarsi nei momenti difficili, devono rivelare dignità che deriva non dalla ricchezza o dal lusso, ma dalla nobiltà e purezza dell’anima. Rembrandt credette per tutta la sua vita nella grande missione dell’uomo e affermò la grandezza della sua anima.

 

La Sala a Tenda. In questa sala sono esposti piu’ di cento quadri dei pittori olandesi. I nostri studiosi d’arte li chiamano “gli olandesi minori”, non perchè siano minori di talento, ma perchè dipingevano i quadri di dimensioni modeste. Questi quadri costavano poco e venivano acquistati volentieri, perchè accontentavano i gusti dei mercanti, dei contadini, dei borghesi olandesi. Gli “olandesi minori” si esprimevano in tre generi di pittura: natura morta, paesaggio e pittura di costumi.

Nelle loro opere esprimevano il loro amore per la patria, per il proprio popolo, incantavano la ricchezza e la bellezza del loro paese.

 

Uno dei pittori olandesi piu’popolari fu Jan Steen (1626/27 -1679). Era famosisimo per i suoi quadri di genere. All’Ermitage ci sono piu’ quadri di Jan Steen, tra i quali il piu’ famoso è il piccolo quadro “ I bevitori ”. Il maestro rappresentò se stesso con la moglie nelle vesti degli avventori ubriachi di una bèttola – Jan Steen era un taverniere, ereditò la professione dal padre e non la interruppe mai, quindi le scene di genere, le poteva vedere spesso nella sua vita. Il pittore attira l’attenzione dello spettatore ai protagonisti: il berretto rosso dell’artista e la cuffia bianca della moglie risaltano vivacemente sui toni scuri della tela. Il viso di Steen, rivolto al visitatore, con un sorriso ironico, ci permette di capire tutto l’umorismo del quadro. Con una grandissima maestria Steen dipinge vari particolari, come le fessure del pavimento, le capocchie dei chiodi piantati nella tavola, riportando con cura il volume, la forma, la fattura di ogni oggetto - nulla sfugge dallo sguardo del pittore. La figura della donna addormentata al tavolo, la pipa d’argilla rotta, lo zoccolo accanto - tutto ci dice della spensieratezza degli ubriachi.

 

Un altro pittore famoso per le sue scene di genere è Gerard Terborch (1617-1681). E’ un gran maestro della natura morta. Un tipico esempio della sua maestria è il quadro che si chiama la “ Ricezione della lettera ”. Nel quadro si nota lo stesso effetto che adoperò Rembrandt per il “Figliol prodigo” – i due personaggi sono dipinti così che non si vedano i loro occhi.

Il portalettere è rappresentato in fondo con gli occhi abbassati. La protagonista, la vediamo di schiena, ma, pur non vedendo il suo sguardo, dalla posizione della figura possiamo indovinare che il contenuto della lettera debba esser triste. Il vestito della donna è dipinto così che noi non ci sbagliamo dicendo che è fatto di seta. Se fissiamo lo sguardo sul vestito per venti secondi ci viene la sensazione di sentire il fruscio della gonna.

 

Nella collezione degli “olandesi minori” abbiamo anche i quadri di genere di Adriaen van Ostade (1610-1685) e di Pieter de Hooch (1629 - circa1683).

 

Il famoso ritrattista olandese dell’epoca fu Frans Hals (circa 1580-1666) – il “ Ritratto del giovane con un guanto ”, il “ Ritratto maschile ”.

 

La bellezza del paese, la vediamo nei paesaggi di Jacob vanRuisdael (1628/29 – 1682). La “ Palude ”, come pure gli altri suoi paesaggi, è piena d’amore e di mistero. Sono i boschi e le paludi abbelliti dal pittore come se fossero paesaggi fiabeschi.

 

Nella sua tela il “ Traghetto ” il pittore Salomon van Ruisdael (circa 1600-1670) dipinge non solo la bellezza della natura, ma anche una tipica scena di vita quotidiana olandese. E’ un opera molto poetica, piena di amore con cui è raffigurato un tipico paesagio olandese: il fiume largo dalle rive basse, la luce diffusa, lo spazio, le raffiche di vento. Lo specchio d’acqua, scuro in primo piano, diventa sempre piu’ chiaro in lontananza e sembra quasi bianco all’orizzonte, la cui linea bassa contrasta con l’altezza del cielo.

La capacità di rendere la prospettiva aerea fu una grande conquista dei pittori olandesi del 17 secolo.

 

Ebbe una grande diffusione in Olanda anche la natura morta. Nonostante l’apparente semplicità, tali nature morte si distinguono per la loro composizione ricercata. Una sensazione di spazio ci viene se guardiamo la “ Colazione con l’aragosta ” di Willem Claeszoon Heda (1594-1680/82). E’ un pittore imparagonabile per la precisione nel determinare la fattura degli oggetti dipinti. La composizione del quadro sembra trapassare i lìmiti della tela. Il tavolo è talmente messo in primo piano che le gambe risultano pressate contro la cornice della tela. La buccia del limone e il piatto in equilibrio sul bordo del tavolo risultano fuori del quadro. La tovaglia bianca, si capisce che è fatta della famosa tela sottile olandese. La sarta che ha cucito la tovaglia ha rafforzato due volte l’orlo con i fili sottili. Mentre la tovaglia era stirata, il ferro da stiro è stato premuto troppo a lungo in un punto, e il tessuto risultò ingiallito. Sulle pieghe morbide di questa tovaglia tutti gli oggetti hanno una forma ancora piu’ netta e precisa. L’artista accosta con maestria gli oggetti di grandezza, volume e fattura diversi, sottolineando così la peculiarità di ognuno.

Il realismo e la precisione nel dipingere i dettagli sono caratteristici per tutte le opere dei pittori olandesi del 17 secolo.

 

 

La sala di Pieter Paul Rubens contiene 42 quadri del pittore fiammingo (1577-1640, Anversa). E’ una delle piu’ ricche raccolte delle opere di Rubens al mondo.

La nostra collezione ci da un’idea del talento poliedrico di Rubens. Quì sono esposti i suoi paesaggi, ritratti, schizzi, come pure le grandissime tele dipinte su soggetti religiosi e mitologici. Nella nostra collezione c’è una delle opere giovanili del pittore, è la variante d’autore della “ Deposizione ”, cioè della tela da lui dipinta nel 1611 come quadro da altare per la Cattedrale di Anversa.

Perseo e Andromeda ” è un vero capolavoro di Rubens. Nel quadro Rubens tratta il mito di Andromeda, figlia del re etiopico Cefeo. Cassiopea, moglie di Сefeo, si vantava della bellezza della loro figlia, affermando che Andromeda fosse piu’ bella delle nereidi, figlie del dio del mare Poseidone. Offeso, Poseidone mandò in Etiopia un mostro e Andromeda doveva essere data come sacrificio a quella belva perchè quest’ultima devastasse il reame etiopico. Andromeda, incatenata alla roccia, fu salvata da Perseo, il quale, secondo il mito, venne volando su sandali alati (Rubens dipinge al loro posto il cavallo volante Pegaso). Perseo uccise il mostro, liberò la principessa e la sposò. Rubens rappresenta il mostro che spalanca le fauci, gli amorini che stanno liberando Andromeda dalle catene e la Gloria che scende dal cielo a incoronare il vincitore Perseo colpito dalla bellezza di Andromeda.

Un altro famosissimo quadro di Rubens – l’ ”Alleanza della Terra e dell’Acqua”, in cui sono raffigurati la dea della Terra, Cibele, e il dio marino Nettuno. Cibele è raffigurata con il corno dell’abbondanza, simbolo di fertilità e ricchezza; Nettuno è rappresentato con in mano il suo solito attributo il tridente. Rubens sceglie una composizione equilibrata, con i personaggi in primo piano, e contrappone il chiaro nudo femminile alla scura figura maschile. La posa di Cibele ricorda quella del “Satiro riposante” – una statua antica vista dal pittore in Italia.

I personaggi non attraggono l’attenzione nè con la squisita perfezione delle forme nè con l’eleganza delle proporzioni o con la bellezza dei visi. La dea è rappresentata come una donna non tanto giovane; molto espressive sono le dita dei piedi – si vede che sono deformate dalle calzature. Sia Cibele che Nettuno sembrano di essere le persone reali; anzi, è sottolineata la loro naturalezza, la bellezza terrena.

Nel quadro è esaltata l’alleanza della Terra e dell’Acqua che è condizione indispensabile per la fecondità, cioè per la vita stessa. Ma i contemporanei del pittore videro in quest’opera un significato molto piu’ concreto. Il quadro fu dipinto tra il 1612 e il 1615, nel periodo in cui gli olandesi bloccarono la foce del fiume Scelda, impedendo alle Fiandre lo sboco al mare e privandole della possibilità di sfruttare il mare per lo sviluppo economico. Il quadro di Rubens ricordava ai fiamminghi un’alleanza senza la quale era impensabile il benessere della loro patria - l’alleanza delle Fiandre con il mare, la ripresa del commercio marittimo e dell’economia fiamminga (e forse anche l’allusione all’eventuale unione di Olanda e le Fiandre). In questo quadro Rubens canta la ricchezza e il fascino dell’esistenza terrena. Il cielo azzurro, il torrente d’acqua scintillante al sole, - tutto conferisce al quadro un tono gioioso.

Il “ Bacco ”, dipinto tra il 1635 e il 1640, appartiene all’ultimo periodo dell’attività artistica di Rubens. E’ l’unico quadro in tutta la storia dell’arte mondiale, in cui un dio sia rappresentato come un uomo normale, un abitante del paese. Il Bacco, dio delle viti e del vino, nel quadro di Rubens somiglia poco all’immagine di un bel giovane come lo raffiguravano i maestri antichi; è obeso e monumentale, con le braccia grasse ed i fianchi possenti; troneggia su una botte di vino; ai suoi piedi, con un’aria pigra, è sdraiata una pantera; alle sue spalle vediamo il suo compagno fedele, sàtiro dalle zampe di capra, e una giovane baccante. Si dice che la testa del Bacco assomigli moltisimo a quella dell’imperatore romano Vitellio che fu simbolo di libertinaggio e di una vita scapestrata, e che sia addirittura un suo ritratto. Il quadro è unico per la ricchezza di sfumature coloristiche: i corpi, l’aria che avvolge le figure, la calda luce solare che pervade lo spazio del quadro, - tutto ciò che vediamo sembra di essere quasi palpabile. E’ un vero e proprio inno alla carnalità umana, l’esaltazione della fertilità.

Con questo quadro l’artista afferma i valori propri della concezione del mondo dei fiamminghi: l’ottimismo, la pienezza di vita, il trionfo delle forze della natura.

Il talento di Rubens ritrattista si esprime con la massima grandezza nel “ Ritratto di cameriera ” (1625). La dama di corte della reggente dei Paesi Bassi - l’infante Isabella - è ritratta su uno sfondo neutro, così da concentrare tutta l’attenzione dello spettatore sul viso. I contorni netti del suo abito, l’ovale morbido e femminile del suo viso che sembra palpitante e pare di sentire il calore e la tenerezza della pelle, la pettinatura liscia, lo sguardo profondo che si perde in lontananza sottolineano la dolcezza e la delicatezza del carattere. E’ un vero ritratto psicologico che è molto raro nell’arte di Rubens, talmente raro che sembra addirittura di essere dipinto da un altro pittore.

 

Uno dei primi posti nella pleiade dei grandi pittori fiamminghi, lo occupa Antonis Van Dyck (1599-1641, Anversa), grandissimo ritrattista, allievo e, in seguito, collaboratore di Rubens. Tutti i 26 quadri di Van Dyck sono conservati nella sala adiacente a quella dedicata a Rubens. Le opere che abbiamo all’Ermitage furono dipinte dal maestro nei diversi periodi della sua attività artistica e in vari paesi. Il pittore visse in Italia, in Inghilterra, soggiornò in Francia. Ci sono alcune opere giovanili, come, ad esempio, “ Apostolo Pietro ”, dove si manifestarono il profondo spirito di osservazione, la capacità di intuire i tratti caratteristici dell’individuo. Fra le opere della nostra collezione di Van Dyck è molto famoso il suo “ Autoritratto ”, dipinto dal maestro quando era già un pittore famoso e riconosciuto. Atteggiamento disinvolto, viso ben curato, mani aristocratiche con le dita sottili della forma allungata, abito prezioso – così si volle ritrarre il pittore. Pensoso, appoggiato con noncuranza al piedistallo di una colonna antica, Van Dyck ci compare come un beniamino della fortuna. Un certo romanticismo, con cui il pittore si dipinge, sottolinea l’idealizzazione dell’aspetto del grande artista.

Nella nostra collezione ci sono molte opere di Van Dyck appartenenti al periodo migliore della sua attività che colpiscono per l’esecuzione brillante, come sono “ Ritratto del banchiere Lumagne ”, “ Ritratto di famiglia ” e soprattutto il “ Ritratto maschile ” che è fra le opere piu’ importanti dell’artista. Dipinto negli anni ’20, è il ritratto di uno sconosciuto, forse di uno studioso, ma sicuramente di un intellettuale raffinato. E’ raffigurato da solo, ma si intuisce la presenza di un’altra persona: sembra che a sinistra debba esserci qualcuno a cui è diretto il suo sguardo. Rivolgendosi al suo invisibile interlocutore, il giovane è tutto pronto a replicare – la bocca è semiaperta, gli occhi, tanto espressivi che sembrano naturali, brillano pieni di convinzione e di passione. Il giovane è girato di scatto, e questo movimento è sottolineato dal fatto che la poltrona è voltata dalla parta opposta. Lo sfondo è neutro, perciò il viso illuminato e le mani che contrastano sull’abito nero saltano subito agli occhi; è così che l’artista rafforza l’espressività del ritratto.

Van Dyck fu un gran maestro del ritratto. Nel 1632 diventò pittore alla corte inglese presso Carlo Primo e trascorse molti anni in Inghilterra dipingendo i ritratti dei sovrani e dei cortigiani inglesi. All’Ermitage ci sono – il “ Ritratto di Carlo Primo ”, il “ Ritratto della regina Henriette Marì ” e di alcuni cortigiani. Queste opere ci permettono di conoscere lo stile dei ritratti ufficiali, di cui Van Dyck fu il creatore. I ritratti hanno la forma verticale, le figure sono allungate, perchè i quadri venivano sistemati a una certa altezza; e se li guardiamo da sotto, le figure, le vediamo proporzionali. Per sottolineare la straordinarietà del personaggio rappresentato, accanto alla regina inglese Van Dyck dipinge le rose blu che non esistono nella natura.

 

L’arte del pittore fiammingo Frans Snyders (1579-1675) è rappresentata all’Ermitage da una serie delle nature morte che è soprannominata le “ Botteghe ”. Tutte queste gigantesche nature morte colpiscono per la ricchezza della forme, per il ritmo vivace ed il tono gioioso.

 

Un’altra serie dei quadri che si chiama la “ Caccia ” rappresenta l’arte di Paul de Vos (1596-1678). Tutti i quadri di de Vos sono dedicati alla caccia - sono raffigurate le scene dinamiche delle lotte violenti tra i feroci cani da caccia e gli animali selvaggi. Le tele hanno un carattere sfarzoso, sono piene degli elementi di decorativismo.

 

L’arte di Jacob Jordaens (1593-1678) è rappresentata all’Ermitage da 10 opere, tra le quali ci sono i ritratti, come, ad esempio, il “ Ritratto del vecchio ”(1637), ma soprattutto i quadri di genere, il piu’ famoso dei quali è il “ Re Faggiolo ” (“ Re della fava ”, 1638).

Il quadro è dedicato alla festa dei Re Magi. Seguendo un’antica tradizione, nella pasta della torta della festa veniva nascosto un faggiolo; chi lo trovava dentro la propria fetta diventava re della festa e capotavola. Nel quadro di Jordaens è diventato re il piu’ anziano della famiglia – un vecchio dai capelli bianchi solleva il bicchiere con l’approvazione rumorosa di tutti i presenti.

La composizione del quadro si apre allo spettatore, facendolo partecipare alla scena. Lo stile è molto espressivo, sanguigno, sensuale.

 

Tra i pittori fiamminghi del 17 secolo che si dedicarono alla pitura di genere c’è da prestare l’attenzione anche all’arte di Adriaen Brouwer (1606-1638), allievo di Frans Hals, che nei suoi quadri rappresentava spesso e volentieri le scene svoltesi nelle taverne e nelle bettole; e a quella di David Teniers (1610-1690), che raffigurava la vita quotidiana e le feste dei contadini.


Дата добавления: 2015-11-16; просмотров: 45 | Нарушение авторских прав


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