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Il pendolo di Foucault 28 страница

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"La lettura è coerente. E il cuore del Motore, sede dell'Uno, Corona?"

"Ma basta leggere con occhi da iniziato. Il Motore Sommo vive di un moto di Aspirazione e Scarico. Un complesso respiro divino, dove originariamente le unità, dette i Cilindri (evidente archetipo geometrico), erano due, poi ne generarono un terzo, e infine si contemplano e si muovono per mutuo amore nella gloria del quarto. In questo respiro nel Primo Cilindro (nessuno di essi è primo per gerarchia, ma per mirabile alternanza di posizione e rapporto), il Pistone — etimologia da Pistis Sophia — discende dal Punto Morto Superiore al Punto Morto Inferiore mentre il Cilindro si riempie di energia allo stato puro. Semplifico, perché qui entrerebbero in gioco gerarchie angeliche, o Mediatori della Distribuzione, che come dice il mio manuale `consentono l'apertura e la chiusura delle Luci che mettono in comunicazione l'interno dei Cilindri con i con-dotti di aspirazione della miscela'... La sede interna del Motore può comunicare col resto del cosmo solo attraverso questa mediazione, e qui credo si riveli, forse, ma non vorrei dire eresia, il limite originario dell'Uno, che in qualche modo dipende, per creare, dai Grandi Eccentrici. Occorrerà dare una lettura più attenta del Testo. In ogni caso quando il Cilindro si riempie di Energia, íl Pistone risale al Punto Morto Superiore e realizza la Compressione Massima. E il simsum. E a questo punto ecco la gloria del Big Bang, lo Scoppio e l'Espansione. Scocca una Scintilla, la miscela sfolgora e avvampa, questa è, dice il manuale, l'unica Fase Attiva del Ciclo. E guai, guai se nella Miscela si insinuano le conchiglie, i qelippot, gocce di materia impura come acqua o Coca-Cola, l'Espansione non avviene, o avviene a scatti abortivi..."

"Shell non vorrà dire qelippot? Ma allora occorre diffidarne. D'ora in poi solo Latte di Vergine..."

"Controlleremo. Potrebbe essere una macchinazione delle Sette Sorelle, principi inferiori che vogliono controllare il procedere della Creazione... In ogni caso, dopo l'Espansione, ecco il grande sfiato divino, che nei testi più antichi è detto lo Scarico. Il Pistone risale al Punto Morto Superiore ed espelle la materia informe ormai combusta. Solo se riesce questa operazione di purificazione ricomincia il Nuovo Ciclo. Che se ci si pensa bene è anche il meccanismo neoplatonico dell'Esodo e del Parodo, mirabile dialettica di Via all'In Su e Via all'In Giù."

"Quantum mortalia pectora caecae noctis habent! E i figli della materia non se ne erano mai accorti!"

"Per questo i maestri della Gnosi dicono che non bisogna fidarsi degli Ilici ma degli Pneumatici."

"Per domani preparo un'interpretazione mistica dell'elenco telefonico..."

"Sempre ambizioso il nostro Casaubon. Badi che lì dovrà risolvere il problema insondabile dell'Uno e dei Molti. Meglio andare avanti con calma. Si veda prima il meccanismo della lavatrice."

"Quello parla da sé. Trasformazione alchemica, dall'opera al nero all'opera più bianca del bianco."
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Da Rosa, nada digamos agora...

 

(Sampayo Bruno, Os Cavaleiros do Amor, Lisboa, GuimAes, 1960, p. 155)

 

Quando ci si mette in uno stato di sospetto non si trascura più nessuna traccia. Dopo le fantasticherie sull'albero motore ero disposto a vedere segnature rivelatrici in ogni oggetto che mi capitasse tra le mani.

Avevo mantenuto rapporti coi miei amici brasiliani, e in quei giorni si teneva a Coimbra un convegno sulla cultura lusitana. Più per desiderio di rivedermi che per omaggio alle mie competenze, gli amici di Rio riuscirono a farmi invitare. Lia non venne, era al settimo mese, la gravidanza le aveva appena ritoccato la linea minuta, trasformandola in un'esile madonna fiamminga, ma preferiva non affrontare un viaggio.

Passai tre gaie serate coi vecchi compagni e, mentre rientravamo in pullman verso Lisbona, sorse una discussione se ci si dovesse arrestare a Fatima o a Tomar. Tomar era il castello dove i Templari portoghesi si erano arroccati dopo che la benignità del re e del papa li aveva salvati dal processo e dalla rovina, trasformandoli nell'ordine dei Cavalieri di Cristo. Non potevo perdermi un castello dei Templari, e per fortuna il resto della comitiva non era entusiasta di Fatima.

Se potevo immaginarmi un castello templare, tale era Tomar. Vi si sale lungo una strada fortificata che costeggia i bastioni esterni, dalle feritoie a forma di croce, e vi si respira aria crociata sin dal primo istante. I Cavalieri di Cristo avevano prosperato per secoli in quel luogo: la tradizione vuole che sia Enrico il Navigatore che Cristoforo Colombo fossero dei loro, e in effetti si erano dati alla conquista dei mari — facendo la fortuna del Portogallo. La lunga e felice esistenza di cui avevano goduto laggiù ha fatto sì che il castello sia stato ricostruito e ampliato in vari secoli, così che alla sua parte medievale ha aggiunto ali rinascimentali e barocche. Mi commossi entrando nella chiesa dei Templari, con la sua rotonda ottagonale che riproduce quella del Santo Sepolcro. Mi incuriosì il fatto che nella chiesa, a seconda della zona, le croci templari fossero di foggia diversa: era un problema che mi ero già posto guardando la confusa iconografia in merito. Mentre la croce dei cavalieri di Malta era rimasta più o meno la stessa, quella templare sembrava aver subito le influenze del secolo o della tradizione locale. Ecco perché ai cacciatori di Templari basta trovar da qualche parte una croce qualsiasi per scoprire una traccia dei Cavalieri.

Poi la nostra guida ci portò a vedere la finestra manuelina, la janela per eccellenza, un traforo, un collage di reperti marini e sottomarini, alghe, conchiglie, ancore, gomene e catene, a celebrazione delle vicende dei Cavalieri sugli oceani. Ma ai due lati della finestra, a serrare come in una cintura le due torri che la inquadravano, si vedevano scolpite le insegne della Giarrettiera. Che cosa ci stava a fare il simbolo di un ordine inglese in quel monastero fortificato portoghese? La guida non ce lo seppe dire, ma poco dopo, su di un altro lato, credo quello di nordovest, ci mostrò le insegne del Toson d'Oro. Non potei evitare di pensare al sottile gioco di alleanze che univa la Giarrettiera al Toson d'Oro, questo agli Argonauti, gli Argonauti al Graal, il Graal ai Templari. Ricordavo le affabulazioni di Ardenti e alcune pagine trovate nei manoscritti dei diabolici... Ebbi un sussulto quando la nostra guida ci fece visitare un sala secondaria, dal soffitto serrato in alcune chiavi di volta. Erano piccole rosette, ma su alcune vidi scolpita una faccia barbuta e vagamente caprina. Bafometto....

Discendemmo in una cripta. Dopo sette scalini, una pietra nuda conduce all'abside, dove potrebbe sorgere un altare o un seggio del gran maestro. Ma vi si perviene passando sotto a sette chiavi di volta, ciascuna in forma di rosa, una più grande dell'altra, e l'ultima, più espansa, sovrasta un pozzo. La croce e la rosa, e in un monastero templare, e in una sala certamente costruita prima dei manifesti rosacrociani... Feci qualche domanda alla guida che sorrise: "Sapesse quanti studiosi di scienze occulte vengono qui in pellegrinaggio... Si dice che questa fosse la sala dell'iniziazione..."

Penetrando per caso in una stanza non ancora restaurata, arredata con pochi mobili polverosi, trovai il pavimento ingombro di scatoloni di cartone. Rovistai a caso, e mi capitarono tra le mani brandelli di volumi in ebraico, presumibilmente del XVII secolo. Che cosa ci facevano gli ebrei a Tomar? La guida mi disse che i Cavalieri avevano buone relazioni con la comunità ebraica locale. Mi fece affacciare alla finestra e mi mostrò un giardino alla francese, strutturato come un piccolo elegante labirinto. Opera, mi disse, di un architetto ebreo settecentesco, Samuel Schwartz.

Il secondo appuntamento a Gerusalemme... E il primo al Castello. Non recitava così il messaggio di Provins? Perdio, il Castello della Ordonation trovata da Ingolf non era l'improbabile Monsalvato dei romanzi cavallereschi, Avalon l'Iperborea. Se avessero dovuto fissare un primo luogo di riunione che cosa avrebbero potuto scegliere i Templari di Provins, più adusi a dirigere capitanerie che a leggere romanzi della Tavola Rotonda? Ma Tomar, il castello dei Cavalieri di Cristo, un luogo in cui i sopravvissuti dell'ordine godevano di piena libertà, di guarentigie immutate, e in cui erano in contatto con gli agenti del secondo gruppo!

Ripartii da Tornar e dal Portogallo con la mente in fiamme. Stavo prendendo finalmente sul serio il messaggio esibitoci da Ardenti. I Templari, costituitisi in ordine segreto, elaborano un piano che deve durare seicento anni e concludersi nel nostro secolo. I Templari erano persone serie. Quindi se parlavano di un castello, parlavano di un luogo vero. Il piano partiva da Tomar. E allora quale avrebbe dovuto essere il percorso ideale? Quale la sequenza degli altri cinque appuntamenti? Luoghi dove i Templari potessero contare su amicizie, protezioni, complicità. Il colon-nello parlava di Stonehenge, Avalon, Agarttha... Sciocchezze. Il messaggio era tutto da rileggere.

Naturalmente, mi dicevo ritornando a casa, non si tratta di scoprire il segreto dei Templari, ma di costruirlo.

 

Belbo sembrava disturbato all'idea di tornare al documento lasciatogli dal colonnello, e lo ritrovò frugando a malincuore in un cassetto basso. Però, osservai, lo aveva conservato. Insieme rileggemmo il messaggio di Provins. Dopo tanti anni.

 

Cominciava con la frase cifrata secondo Tritemio: Les XXXVI inuisibles separez en six bandes. E poi:

a la... Saint Jean

36 p charrete de fein

6... entiers avec saiel

p... les blancs mantiax

r... s... chevaliers de Pruins pour la... j. nc 6 foiz 6 en 6 places

chascune foiz 20 a.... 120 a....

iceste est l'ordonation

al donjon li premiers

it li secunz joste iceus qui... pans

it al re f uge

it a Nostre Dame de l'altre part de l'iau it a l'ostel des popelicans

it a la pierre

3 foiz 6 avant la feste... la Grant Pute.

"Trentasei anni dopo la carretta di fieno, la notte di San Giovanni dell'anno 1344, sei messaggi sigillati per i cavalieri dai bianchi mantelli, cavalieri relapsi di Provins, per la vendetta. Sei volte sei in sei luoghi, ogni volta venti anni per un complesso di centoventi anni, questo è il Piano. I primi al castello, poi di nuovo da coloro che han mangiato il pane, di nuovo al rifugio, di nuovo a Nostra Signora al di là dal fiume, di nuovo alla casa dei popelicans, e di nuovo alla pietra. Vedete, nel 1344 il messaggio dice che i primi debbono andare al Castello. E infatti i cavalieri si installeranno a Tomar nel 1357. Ora dobbiamo chiederci dove debbono andare quelli del secondo nucleo. Avanti: immaginate di essere dei Templari in fuga, dove andate a costituire il secondo nucleo?"

"Mah... Se è vero che quelli della carretta sono fuggiti in Scozia... Però perché mai in Scozia avrebbero dovuto mangiare il pane?"

Ero diventato imbattibile nelle catene associative. Bastava partire da un punto qualsiasi. Scozia, Highlands, riti druidici, notte di San Giovanni, solstizio d'estate, fuochi di San Giovanni, Ramo d'oro... Ecco una traccia, se pur fragile. Avevo letto dei fuochi di San Giovanni nel Ramo d'Oro di Frazer.

Telefonai a Lia. "Fammi la cortesia, prendi il Ramo d'Oro e vedi cosa dice sui fuochi di San Giovanni."

Lia in queste cose era bravissima. Trovò subito il capitolo. "Che cosa vuoi sapere? E un rito antichissimo, praticato in quasi tutti i paesi d'Europa. Si celebra il momento in cui il sole è al sommo del proprio cammino, san Giovanni è stato aggiunto per cristianizzare la faccenda..."

"Mangiano del pane, in Scozia?"

"Lasciami vedere... Non mi pare... Ah, ecco, il pane non lo mangiano a San Giovanni, ma nella notte del primo maggio, la notte dei fuochi di Beltane, una festa di origine druidica, specie nelle Highlands scozzesi..."

"Ci siamo! Perché mangiano il pane?"

"Impastano una torta di farina e d'avena e l'abbrustoliscono sulla brace... Poi segue un rito che ricorda gli antichi sacrifici umani... Sono delle focacce che si chiamano bannock..."

"Come? Fammi lo spelling!" Me lo fece, la ringraziai, le dissi che era la mia Beatrice, la mia fata Morgana e altre cose affettuose. Cercai di ricordare la mia tesi. Il nucleo segreto, secondo la leggenda, ripara in Scozia presso il re Robert the Bruce e i Templari aiutano il re a vincere la battaglia di Bannock Burn. Come ricompensa il re li costituisce nel nuovo ordine dei Cavalieri di Sant'Andrea di Scozia.

Tirai giù da uno scaffale un grande dizionario d'inglese e cercai: bannok in inglese medievale (bannuc in antico sassone, bannach in gaelico) è una sorta di tortino, cotto sulla piastra o sulla griglia, di orzo, di avena o di altra granaglía. Burn è torrente. Non c'era che da tradurre come avrebbero tradotto i Templari francesi mandando notizie dalla Scozia ai loro compatrioti di Provins, e ne veniva fuori qualcosa come il torrente della focaccia, o della pagnotta, o del pane. Chi ha mangiato il pane è chi ha vinto al torrente del pane, ed è quindi il nucleo scozzese, che forse a quell'epoca si era già esteso per tutte le isole britanniche. Logico: dal Portogallo all'Inghilterra, ecco la via più corta, altro che viaggio dal Polo alla Palestina.
68

 

Che le tue vesti siano candide... Se fa notte, accendi molte luci, sino a che tutto sfolgori... Ora inizia a combinare qualche lettera, o molte, spostale e combinale sino a che il tuo cuore sia caldo. Stai attento al movimento delle lettere e a ciò che puoi produrre mescolandole. E quando avvertirai che íl tuo cuore è caldo, quando vedi che attraverso la combinazione delle lettere cogli delle cose che non avresti potuto conoscere da solo o con l'aiuto della tradizione, quando sei pronto a ricevere l'influsso della potenza divina che penetra in te, impiega allora tutta la profondità del tuo pensiero a immaginare nel tuo cuore il Nome e i Suoi angeli superiori, come se fossero esseri umani che ti stanno accanto.

 

(Abulafia, Hayye ha-'Olam ha-Ba)

"Fa senso," disse Belbo. "E in tal caso quale sarebbe il Rifugio?"

"I sei gruppi si installano in sei luoghi, ma uno solo viene chiamato il Rifugio. Curioso. Questo significa che negli altri luoghi, come il Portogallo o l'Inghilterra, i Templari possono vivere indisturbati, sia pure sotto altro nome, mentre in questo si nascondono. Direi che il Rifugio è illuogo dove si sono rifugiati i Templari di Parigi, dopo aver abbandonato il Tempio. Siccome mi sembra anche economico che il percorso vada dall'Inghilterra verso la Francia, perché non pensare che i Templari abbiano costituito un rifugio nella stessa Parigi, in un luogo segreto e protetto? Erano buoni politici e immaginavano che in duecento anni le cose sarebbero cambiate e avrebbero potuto agire alla luce del sole, o quasi."

"Vada per Parigi. E come la mettiamo col quarto luogo?"

"Il colonnello pensava a Chartres, ma se abbiamo collocato Parigi al terzo posto non possiamo mettere Chartres al quarto, perché evidentemente il piano deve interessare tutti i centri d'Europa. E poi stiamo abbandonando la pista mistica per elaborare una pista politica. Lo spostamento sembra avvenire secondo una sinusoide, per cui dovremmo risalire al nord della Germania. Ora, al di là dal fiume o dall'acqua, e cioè oltre il Reno, in terra tedesca c'è una città, non una chiesa, di Nostra Signora. Vicino a Danzica c'era una città della Vergine e cioè Marienburg."

"E perché un appuntamento a Marienburg?"

"Perché era la capitale dei Cavalieri Teutonici! I rapporti fra Templari e Teutonici non sono avvelenati come quelli fra Templari e Ospitalieri, che sono lì come avvoltoi ad attendere la soppressione del Tempio per impadronirsi dei suoi beni. I Teutonici sono stati creati in Palestina dagli imperatori tedeschi come contraltare ai Templari, ma ben presto sono stati chiamati al nord, a fermare l'invasione dei barbari prussiani. E lo hanno fatto talmente bene che nel giro di due secoli sono diventati uno stato che si estende su tutti i territori baltici. Si muovono tra Polonia, Lituania e Livonia. Fondano Koenigsberg, vengono sconfitti una sola volta da Aleksandr Nevskij in Estonia, e più o meno quando i Templari vengono arrestati a Parigi fissano la capitale del loro regno a Marienburg. Se c'era un piano della cavalleria spirituale per la conquista del mondo, Templari e Teutonici si erano divisi le zone di influenza."

"Sa cosa le dico?" disse Belbo. "Ci sto. Adesso il quinto gruppo. Dove sono questi popelicans?"

"Non lo so," dissi.

"Lei mi delude, Casaubon. Forse lo dovremo chiedere ad Abulafia."

"Nossignore," risposi piccato. "Abulafia ci deve suggerire connessioni inedite. Ma i popelicans sono un dato, non una connessione, e i dati sono affari di Sam Spade. Datemi qualche giorno di tempo."

"Le do due settimane," disse Belbo. "Se entro due settimane non mi consegna i popelicans, mi consegna una bottiglia di Ballantine 12 Years Old."

 

Troppo per la mia borsa. In capo a una settimana consegnavo i popelicans ai miei voraci sodali.

"Tutto è chiaro. Seguitemi perché dobbiamo risalire verso il quarto secolo, in territorio bizantino, mentre nell'area mediterranea si sono già diffusi vari movimenti di ispirazione manichea. Cominciamo con gli arcontici, fondati in Armenia da Pietro di Cafarbarucha che dovrete ammettere è un gran bel nome. Antigiudaici, il diavolo si identifica con Sabaoth, il dio dei giudei, che vive nel settimo cielo. Per raggiungere la Gran Madre della Luce nell'ottavo cielo occorre rifiutare e Sabaoth e il battesimo. Va bene?"

"Rifiutiamoli," disse Belbo.

"Ma gli arcontici sono ancora dei bravi ragazzi. Nel quinto secolo appaiono i messaliani, che tra l'altro sopravviveranno in Tracia sino all'undicesimo secolo. I messaliani non sono dualisti, ma monarchici. Però hanno le mani in pasta con le potenze infernali, tant'è vero che in alcuni testi sono indicati come borboriti, da borboros, fango, a causa delle cose innominabili che facevano."

"Che cosa facevano?"

"Le solite cose. Uomini e donne levavano al cielo, raccolta nel palmo della mano, la loro propria ignominia, e cioè sperma o mestruo, e poi lo mangiavano dicendo che era il corpo di Cristo. E se per caso mettevano incinta la loro donna, al momento giusto le ficcavano la mano nel ventre, ne strappavano l'embrione, lo sbattevano in un mortaio, lo mescolavano con miele e pepe e mangia che ti mangio."

"Che schifo," disse Diotallevi, "miele e pepe!"

"Questi sono dunque i messaliani, che alcuni chiamano stratiotici e fibioniti, altri barbeliti, composti di naasseani e femioniti. Ma per altri padri della chiesa i barbeliti erano degli gnostici in ritardo, e dunque dualisti, adoravavano la Gran Madre Barbelo, e i loro iniziati chiamavano borboriani gli ilid, e cioè i figli della materia, distinti dagli psichici, che erano già meglio, e dagli pneumatici che erano proprio gli eletti, il Rotary Club di tutta la faccenda. Ma forse gli stratiotici erano solo gli ilid dei mitraisti."

"Non è tutto un po' confuso?" chiese Belbo.

"Per forza. Tutta questa gente non ha lasciato documenti. Le uniche cose che sappiamo su di loro ci provengono dai pettegolezzi dei loro nemici. Ma non importa. Èper dire quale bailamme fosse a quel tempo l'area mediorientale. Ed è per dire da dove vengono fuori i pauliciani. Questi sono i seguaci di un certo Paolo di Samosata, a cui si uniscono degli iconoclasti espulsi dell'Albania. Dall'ottavo secolo in avanti questi pauliciani crescono in fretta, da setta diventano comunità, da comunità banda, da banda potere politico e gli imperatori di Bisanzio cominciano a preoccuparsi e a mandargli contro le armate imperiali. Si diffondono sino ai confini del mondo arabo, dilagano verso l'Eufrate, invadono il territorio bizantino sino al mar Nero. Installano colonie un poco dovunque, e li troviamo ancora nel XVII secolo quando vengono convertiti dai gesuiti, e ne esistono ancora alcune comunità nei Balcani o giù di lì. Ora a che cosa credono i pauliciani? In Dio, uno e trino, salvo che il Demiurgo si è intestardito a creare il mondo, coi risultati che tutti vediamo. Rigettano l'Antico Testamento, rifiutano i sacramenti, disprezzano la croce, e non onorano la Vergine, perché Cristo si è incarnato direttamente in cielo ed è passato attraverso Maria come attraverso un tubo. I bogomili, che si ispireranno in parte a loro, diranno che Cristo, a Maria, è entrato da un orecchio ed è uscito dall'altro, senza che lei neppure se n'accorgesse. Qualcuno li accusa anche di adorare il sole e il diavolo e di mescolare il sangue dei fanciulli al pane e al vino eucaristico."

"Come tutti."

"Erano tempi che per un eretico andare a messa doveva essere una sofferenza. Tanto valeva farsi musulmani. Ma era gente così. E ve ne parlo perché, quando gli eretici dualisti si saranno diffusi in Italia e in Provenza, per dire che sono come i pauliciani saranno chiamati popelicani, publicani, populicani, i quali gallice etiam dicuntur ab aliquis popelicant!"

"Eccoli li."

"Infatti. I pauliciani continuano nel nono secolo a far impazzire gli imperatori di Bisanzio sino a che l'imperatore Basilio giura che se mette le mani sul loro capo, Chrysocheir, che aveva invaso la chiesa di San Giovanni di Dio a Efeso e abbeverato i cavalli nelle acquasantiere..."

"...sempre quel vizio," disse Belbo.

"...gli avrebbe piantato tre frecce nel capo. Gli manda incontro l'armata imperiale, quelli lo catturano, gli tagliano la testa, la mandano all’imperatore, e quello la mette su un tavolo, su un trumeau, su una colonnetta di porfido e zac zac zac gli pianta tre frecce, immagino una per occhio e la terza in bocca."

"Bella gente," disse Diotallevi.

"Non lo facevano per cattiveria," disse Belbo. "Erano questioni di fede. Sustanza di cose sperate. Vada avanti Casaubon, che il nostro Diotallevi non capisce le finezze teologiche, lui è uno sporco deidda."

"Per finire: i crociati incontrano i pauliciani. Li incontrano vicino ad Antiochia nel corso della prima crociata, dove quelli combattono accanto agli arabi, e li incontrano all'assedio di Costantinopoli dove la comunità pauliciana di Filippopoli cerca di consegnare la città allo zar bulgaro Joannitsa per far dispetto ai francesi, e lo dice Villehardouin. Ecco il nesso coi Templari ed ecco risolto il nostro enigma. La leggenda vede i Templari come ispirati dai catari, e invece sono i Templari che hanno ispirato i catari. Hanno incontrato le comunità pauliciane nel corso delle crociate e hanno stabilito con loro misteriosi rapporti, così come li avevano stabiliti coi mistici e gli eretici musulmani. E d'altra parte, basta seguire la pista dell'Ordonation. Non può che passare per i Balcani."

"Perché?"

"Perché mi pare chiaro che il sesto appuntamento sia a Gerusalemme. Il messaggio dice di andare alla pietra. E dove c'è una pietra, che oggi i musulmani venerano e se vogliamo vederla dobbiamo toglierci le scarpe? Ma proprio nel centro della Moschea di Omar a Gerusalemme, dove un tempo c'era il Tempio dei Templari. Non so chi dovesse aspettare a Gerusalemme, forse un nucleo di Templari superstiti e travestiti, o dei cabalisti legati ai portoghesi, ma è certo che per arrivare a Gerusalemme provenendo dalla Germania la strada più logica è quella dei Balcani, e lì aspettava il quinto nucleo, quello dei pauliciani. Vedete come a questo punto il Piano diventi limpido ed economico."

"Le dirò che mi persuade," disse Belbo. "Ma in che punto dei Balcani attendevano i popelicant?"

"Secondo me i naturali successori dei pauliciani erano i bogomili bulgari, ma i Templari di Provins non potevano ancora sapere che pochi anni dopo la Bulgaria sarebbe stata invasa dai turchi e sarebbe rimasta sotto il loro dominio per cinque secoli."

"Quindi si può pensare che il Piano si arresti nel passaggio fra i tedeschi e i bulgari. Quando dovrebbe accadere?"

"Nel 1824," disse Diotallevi.

"Scusa, perché?"

Diotallevi tracciò rapidamente un diagramma.

 

PORTOGALLO INGHILTERRA FRANCIA GERMANIA BULGARIA GERUSALEMME

1344 1464 1584 1704 1824 1944

 

"Nel 1344 i primi gran maestri di ciascun gruppo si insediano nei sei luoghi prescritti. Nel corso di centoventi anni si susseguono in ogni gruppo sei gran maestri e nel 1464 il sesto maestro di Tomar incontra il sesto maestro del gruppo inglese. Nel 1584 il dodicesimo maestro inglese incontra il dodicesimo maestro francese. La catena prosegue con questo ritmo, e se fallisce l'appuntamento coi pauliciani, fallisce nel 1824."

"Ammettiamo che fallisca," dissi. "Ma non capisco perché uomini così accorti, quando abbiano avuto tra le mani quattro sesti del messaggio finale non siano stati capaci di ricostruirlo. Oppure perché, se è saltato l'appuntamento coi bulgari, non si siano messi in contatto con il nucleo successivo."

"Casaubon," disse Belbo, "ma crede proprio che i legislatori di Provins fossero degli allocchi? Se volevano che la rivelazione rimanesse occultata per seicento anni avranno preso le loro precauzioni. Ogni maestro di un nucleo sa dove trovare il maestro del nucleo successivo, ma non dove trovare gli altri, e nessuno degli altri sa dove trovare i maestri dei nuclei precedenti. Basta che i tedeschi abbiano perso i bulgari e non sapranno mai dove trovare i gerosolimitani, mentre i gerosolimitani non sapranno dove trovare nessuno degli altri. E quanto a ricostruire un messaggio da frammenti incompleti, dipende da come i frammenti sono stati divisi. Certo, non in sequenza logica. Basta che manchi un solo pezzo e il messaggio è incomprensibile, e chi ha il pezzo mancante non sa che farsene."

"Pensate," disse Diotallevi, "se l'incontro non è avvenuto, l'Europa è oggi teatro di un balletto segreto, tra gruppi che si cercano e non si trovano, e ciascuno sa che basterebbe un nulla per diventare padrone del mondo. Come si chiama quell'impagliatore di cui ci ha parlato, Casaubon? Forse il complotto c'è davvero e la storia altro non è che il risultato di questa battaglia per ricostruire un messaggio perduto. Noi non li vediamo, ed essi, invisibili, agiscono intorno a noi."

A Belbo e a me venne evidentemente la stessa idea, e incominciammo a parlare insieme. Ma ci voleva poco per operare la connessione giusta. Avevamo pure appreso che almeno due espressioni del messaggio di Provins, il riferimento a trentasei invisibili separati in sei gruppi, e la scadenza di centoventi anni, apparivano anche nel corso del dibattito sui Rosa-Croce.

"Al postutto erano tedeschi," dissi. "Leggerò i manifesti rosacrociani."

"Ma lei ha detto che erano falsi," disse Belbo.

"E allora? Anche noi stiamo costruendo un falso."

"È vero," disse. "Me ne stavo scordando."
69

Elles deviennent le Diable: débiles, timorées, vaillantes à des heures exceptionnelles, sanglantes sans cesse, lacrymantes, caressantes, avec des bras qui ignorent les lois... Fi! Fi! Elles ne valent rien, elles sont faites d'un c8té, d'un os courbe, d'une dissimulation rentrée... Elles baisent le serpent...

 

(Jules Bois, Le satanisme et la magie, Paris, Chailley, 1895, p. 12)

 


Дата добавления: 2015-12-01; просмотров: 33 | Нарушение авторских прав



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