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Il pendolo di Foucault 46 страница

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Il giorno dopo Jacopo aveva restituito la tromba a don Tico. Due settimane dopo la famiglia abbandonava *** tornando al futuro.
120

 

Ma quel che mi par da deplorare, è che veggio alcuni insensati e stolti idolatri, li quali... imitano l'eccellenza del culto de l'Egitto; e che cercano la divinità, di cui non hanno raggione alcuna, ne gli escrementi di cose morte ed inanimate; che con tutto ciò si beffano non solamente di quei divini ed oculati cultori, ma anco di noi.... e quel che è peggio con questo trionfano, vedendo gli lor pazzi riti in tanta riputazione... – Non ti dia fastidio di questo o Momo, disse Iside, perché il fato ha ordinato la vicissitudine delle tenebre e della luce. — Ma il male è, rispose Momo, che essi tèngono per certo di essere nella luce.

 

(Giordano Bruno, Spaccio della bestia trionfante, 3)

 

Dovrei essere in pace. Ho capito. Non dicevano alcuni di coloro che la salvezza giunge quando si è realizzata la pienezza della conoscenza?

Ho capito. Dovrei essere in pace. Chi diceva che la pace sorge dalla contemplazione dell'ordine, dell'ordine compreso, goduto, realizzato senza residui, gioia, trionfo, cessazione dello sforzo? Tutto è chiaro, limpido, e l'occhio si posa sul tutto e sulle parti, e vede come le parti cospirassero al tutto, coglie il centro donde scorre la linfa, il soffio, la radice dei perché...

Dovrei essere estenuato dalla pace. Dalla finestra dello studio di zio Carlo guardo la collina, e quel poco di luna che sta sorgendo. L'ampia gobba del Bricco, i dorsali più modulati delle colline sullo sfondo, raccontano la storia di lenti e sonnacchiosi sommovimenti della madre terra, che stiracchiandosi e sbadigliando faceva e disfaceva ceruli piani nel cupo baleno di cento vulcani. Nessuna direzione profonda delle correnti sotterranee. La terra si sfaldava nel suo dormiveglia e scambiava una superficie con un'altra. Dove prima pascolavano ammoniti, diamanti. Dove prima germogliavano diamanti, vigne. La logica della morena, della slavina, della frana. Metti un sassolino fuori posto, per caso, si agita, scende verso il basso, lascia spazio in discesa (eh, l'horror vacui!), un altro gli cade addosso, ed ecco l'alto. Superfici. Superfici di superfici su superfici. La saggezza della Terra. E di Lia. L'abisso è il risucchio di una pianura. Perché adorare un risucchio?

Ma perché il capire non mi dà pace? Perché amare il Fato, se ti uccide tanto quanto la Provvidenza e il Complotto degli Arconti? Forse non ho ancora capito tutto, mi n1anca uno spazio, un intervallo.

Dove ho letto che al momento finale, quando la vita, superficie su superficie, si è- incrostata di esperienza, sai tutto, il segreto, il potere e la gloria, perché sei nato, perché stai morendo, e come tutto avrebbe potuto andare diversamente? Sei saggio. Ma la saggezza maggiore, in quel momento, è sapere che l'hai saputo troppo tardi. Si capisce tutto quando non c'è più nulla da capire.

Ora so qual è la Legge del Regno, del povero, disperato, smandrappato Malkut in cui si è esiliata la Saggezza, andando a tastoni per ritrovare la propria lucidità perduta. La verità di Malkut, l'unica verità che brilla nella notte dei sefirot, è che la Saggezza si scopre nuda in Malkut, e scopre che il proprio mistero sta nel non essere, se non per un momento, che è l'ultimo. Dopo ricominciano gli Altri.

E con gli altri i diabolici, a cercare abissi dove si celi il segreto che la loro follia è.

 

Lungo le falde del Bricco si stendono filari e filari di viti. Li so, ne ho visti di simili ai miei tempi. Nessuna Dottrina dei Numeri ha mai potuto dire se sorgono in salita o in discesa. In mezzo ai filari, ma ci devi camminare scalzo col tallone un po' calloso, sin da piccolo, ci sono degli alberi di pesche. Sono pesche gialle che crescono solo tra i filari, si spaccano con la pressione del pollice, e l'osso ne esce quasi da solo, pulito come dopo un trattamento chimico, salvo qualche vermiciattolo grasso e bianco di polpa che vi rimane attaccato per un atomo. Puoi mangiarle senza quasi sentire íl velluto della pelle, che ti fa correre i brividi dalla lingua sino all'inguine. Un tempo lì pascolavano i dinosauri. Poi un'altra superficie ha coperto la loro. Eppure, come Belbo nel momento in cui suonava la tromba, quando davo un morso alle pesche capivo il Regno ed ero tutt'uno con lui. Dopo, solo arguzia. Inventa, inventa il Piano, Casaubon. E quello che han fatto tutti, per spiegare i dinosauri e le pesche.

Ho capito. La certezza che non vi era nulla da capire, questo dovrebbe essere la mia pace e il mio trionfo. Ma io sono qui, che tutto ho capito, ed Essi mi cercano, pensando che possegga la rivelazione che sordidamente dèsiderano. Non basta aver capito, se gli altri si rifiutano e continuano a interrogare. Mi stanno cercando, debbono aver ritrovato le mie tracce a Parigi, sanno che ora sono qui, vogliono ancora la Mappa. E per tanto che io gli dica che mappe non ce ne sono, la vorranno sempre. Aveva ragione Belbo: ma va' a farti fottere, imbecille, che cosa vuoi, uccidermi? Oh, basta là. Ammazzami, ma che la Mappa non c'è, non te lo dico, se uno non impara a farsi furbo da solo...

 

Mi fa male pensare che non vedrò più Lia e il bambino, la Cosa, Giulio, la mia Pietra Filosofale. Ma le pietre sopravvivono da sole. Forse sta vivendo ora la sua Occasione. Ha trovato una palla, una formica, un filo d'erba, e vi sta vedendo in abisso il paradiso. Anche lui lo saprà troppo tardi. Sarà buono, e bene, che consumi così, da solo, la sua giornata.

Merda. Eppure fa male. Pazienza, appena sono morto me lo dimentico.

 

È notte alta, sono partito da Parigi questa mattina, ho lasciato troppe tracce. Hanno fatto in tempo a indovinare dove sono. Tra poco arriveranno. Vorrei aver scritto tutto ciò che ho pensato da questo pomeriggio a ora. Ma se Essi lo leggessero, ne trarrebbero un'altra cupa teoria e passerebbero l'eternità a cercare di decifrare il messaggio segreto che si cela dietro la mia storia. È impossibile, direbbero, che costui ci abbia raccontato solo che si stava prendendo gioco di noi. No, magari lui non lo sapeva, ma l'Essere ci lanciava un messaggio attraverso il suo oblio.

Che io abbia scritto o no, non fa differenza. Cercherebbero sempre un altro senso, anche nel mio silenzio. Sono fatti così. Sono ciechi alla rivelazione. Malkut è Malkut e basta.

Ma vaglielo a dire. Non hanno fede.

E allora tanto vale star qui, attendere, e guardare la collina. È così bella.

 

FINE.
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

 

 

Albero dei sefirot 2
da Cesare Evola, De divinis attributis, quae Sephirot ab Hebraeis nuncupantur, Venezia, 1589, p. 102

Brano di Isaac Luria ("L'estensione della luce nel vuoto") 9
da P.S. Gruberger, ed., Ten Luminous Emanations, vol. 2, Jerusalem, 1973, p. 7

Rotula 110
da Tritemio, Clavis Steganographiae, Francoforte, 1606

The Seal of Focalor 120
da A.E. Waite, The Book o/ Black Magic, London, 1898

Monas Ierogliphica 332
da J.V. Andreae, Die Chymische Hocbzeit des Christian Rosencreutz, Strassburg, Zetzner, 1616, p. 5

Copia del mappamondo della Biblioteca di Torino (XII sec.) 361
da Léon Gautier, La Chevalerie, Paris, Palmé, 1884, p. 153

Mappamondo 361
da Macrobio, In Somnium Scipionis, Venezia, Gryphius, 1565, p. 144

Planisfero cosmografico 361
da Robert Fludd, Utriusque Cosmi Historia, II, De Naturae Simia, Francoforte, de Bry, 1624, p. 545

Epilogismus Combinationis Linearis 372
da A. Kircher, Ars Magna Sciendi, Amsterdam, Jansson, 1669, p. 170

Rotule 423
da Tritemio, Clavis Steganographiae, Francoforte, 1606

 

 

FINE.

 


Дата добавления: 2015-12-01; просмотров: 30 | Нарушение авторских прав



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