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Il pendolo di Foucault 20 страница

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"Questo si può vedere," disse Belbo incoraggiante.

"Sono proprio contento. Il libro farà rumore negli ambienti iniziatici, perché come loro possono capire la mia fonte mistica è più seria e accreditata di quella di Crowley. Non so come Crowley potesse mettere in opera i rituali della Bestia senza tener conto della Liturgia della Spada. Solo sguainando la spada si comprende cosa sia il Mahapralaya, ovvero il Terzo occhio di Kundalini. E poi nella sua aritmologia, tutta fondata sul Numero della Bestia, non ha considerato 93, 118, 444, 868 e 1001, i Nuovi Numeri."

"Che significano?" chiese Diotallevi subito eccitato.

"Ah," disse il professor Camestres, "come già si diceva nel primo Liber legis, ogni numero è infinito, e non c'è differenza!"

"Capisco," disse Belbo. "Ma non pensa che tutto questo sia un poco oscurò per il lettore comune?"

Camestres quasi sobbalzò sulla sedia. "Ma è assolutamente indispensabile. Chi comprendesse questi segreti senza la dovuta preparazione precipiterebbe nell'Abisso! Già nel renderli pubblici in modo velato io corro dei rischi, mi credano. Io mi muovo nell'ambito dell'adorazione della Be-stia; ma in modo più radicale di Crowley, vedranno le mie pagine sul congressus cum daemone, leprescrizioni per gli arredi del tempio e il congiungimento carnale con la Donna Scarlatta e la Bestia che Essa Cavalca. Crowley si era arrestato al congresso carnale detto contro natura, io cerco di portare il rituale oltre il Male quale lo concepiamo, io sfioro l'inconcepibile, la purezza assoluta della Goetia, la soglia estrema del Bas-Aumgn e del Sa-Ba-Ft..."

Non rimaneva a Belbo che sondare le possibilità finanziarie di Camestres. Lo fece con lunghi giri di parole, e alla fine emerse che costui, come già Bramanti, non aveva nessuna intenzione di autofinanziarsi. Iniziava allora la fase di sganciamento, con blanda richiesta di trattenere il dattiloscritto in esame per una settimana, e poi si sarebbe visto. Ma a questo punto Camestres si era stretto il dattiloscritto al petto affermando che non era mai stato trattato con tanta sfiducia, ed era uscito lasciando capire che aveva mezzi non comuni per farci pentire di averlo offeso.

 

In breve tempo avemmo però decine di manoscritti sicuramente APS. Occorreva un minimo di scelta, visto che si voleva anche venderli. Escluso che si potesse leggere tutto, consultavamo gli indici, dando un'occhiata, poi ci comunicavamo le nostre scoperte.
45

Da ciò scaturisce una straordinaria domanda. Gli Egizi conoscevano l'elettricità?

(Peter Kolosimo, Terra senza tempo, Milano, Sugar, 1964, p. 111)

 

"Io ho individuato un testo sulle civiltà scomparse e i paesi misteriosi," diceva Belbo. "Pare che in principio esistesse un continente di Mu, dalle parti dell'Australia, e di lì si sono diramate le grandi correnti migratorie. Una va nell'isola di Avalon, una nel Caucaso e alle sorgenti dell'Indo, poi ci sono i celti, i fondatori della civiltà egiziana e infine Atlantide..."

"Roba vecchia: di signori che scrivono libri su Mu ve ne sbatto sul tavolo quanti ne volete," dicevo.

"Ma questo forse paga. E poi ha anche un bellissimo capitolo sulle migrazioni greche nello Yucatàn, racconta del bassorilievo di un guerriero, a Chichén Itzà, che assomiglia a un legionario romano. Due gocce d'acqua..."

"Tutti gli elmi del mondo o hanno piume o criniere di cavallo," disse Diotallevi. "Non è una prova."

"Per te, non per lui. Lui trova adorazioni del serpente in tutte le civiltà e ne deduce che c'è un'origine comune..."

"Chi non ha adorato il serpente?" disse Diotallevi. "Salvo naturalmente il Popolo Eletto."

"Sì, quelli adoravano i vitelli."

"È stato un momento di debolezza. Io scarterei invece questo, anche se paga. Celtismo e arianesimo, Kaly-yuga, tramonto dell'occidente e spiritualità SS.Sarò un paranoico, ma mi pare nazista."

"Per Garamond non è necessariamente una controindicazione."

"Sì, ma c'è un limite a tutto. Invece ne ho visto un altro su gnomi, ondine, salamandre, elfi e silfidi, fate... Però entrano in ballo anche qui le origini della civiltà ariana. Sembra che le SS nascano dai Sette Nani."

"Non i Sette Nani, sono i Nibelunghi."

"Ma questi di cui si parla sono il Piccolo Popolo irlandese. E le cattive sono le fate, i piccolettí sono buoni, solo un poco dispettosi."

"Mettilo da parte. E lei Casaubon, che cosa ha visto?"

"Solo un testo curioso su Cristoforo Colombo: analizza la sua firma e vi trova addirittura un riferimento alle piramidi. Il suo intento era di ricostruire il Tempio di Gerusalemme, dato che era gran maestro dei Templari in esilio. Siccome era notoriamente un ebreo portoghese e quindi esperto cabalista, è con evocazioni talismaniche che ha calmato le tempeste e domato lo scorbuto. Non ho guardato i testi sulla Cabbala perché immagino li abbia visti Diotallevi."

"Tutti con lettere ebraiche sbagliate, fotocopiate dai libercoli sulla Smorfia."

"Attenzione che stiamo scegliendo testi per Iside Svelata. Non facciamo della filologia. Forse ai diabolici piacciono le lettere ebraiche tratte dalla Smorfia. Sono incerto su tutti i contributi sulla massoneria. Il signor Garamond mi ha raccomandato di andare coi piedi di piombo, non vuole immischiarsi nelle diatribe tra i diversi riti. Però non trascurerei questo sul simbolismo massonico nella grotta di Lourdes. Né quest'altro, molto bello, sull'apparizione di un gentiluomo, probabilmente il conte di San Germano, intimo di Franklin e di Lafayette, al momento dell'invenzione della bandiera degli Stati Uniti. Salvo che spiega bene il significato delle stelle, ma entra in stato confusionale a proposito delle strisce."

"Il conte di San Germano!" dissi. "Guarda guarda!"

"Perché, lo conosce?"

"Se vi dico di sì non mi credete. Lasciamo perdere. Io ho qui una mostruosità di quattrocento pagine contro gli errori della scienza moderna: L'atomo, una menzogna giudaica, L'errore di Einstein e il segreto mistico dell'energia, L'illusione di Galileo e la natura immateriale della luna e del sole."

"Se è per questo," disse Diotallevi, "quello che mi è piaciuto di più è questa rassegna di scienze fortiane."

"E che sono?"

"Da un certo Charles Hoy Fort, che aveva raccolto un'immensa collezione di notizie inspiegabili. Una pioggia di rane a Birmingham, impronte di un animale favoloso nel Devon, scale misteriose e impronte di ventose sul dorso di alcune montagne, irregolarità nella precessione degli equinozi, iscrizioni su meteoriti, neve nera, temporali di sangue, esseri alati a ottomila metri nel cielo di Palermo, ruote luminose nel mare, resti di giganti, cascata di foglie morte in Francia, precipitazioni di materia vivente a Sumatra, e naturalmente tutte le impronte sul Machu Pícchu e altre cime dell'America del Sud che attestano l'atterraggio di potenti astronavi in epoca preistorica. Non siamo soli nell'universo."

"Mica male," disse Belbo. "Quello che mi intriga, a me, sono invece queste cinquecento pagine sulle piramidi. Lo sapevate che la piramide di Cheope si trova proprio sul trentesimo parallelo che è quello che attraversa il maggior numero di terre emerse? Che i rapporti geometrici che si trovano nella piramide di Cheope sono gli stessi che si trovano a Pedra Pintada in Amazzonia? Che l'Egitto possedeva due serpenti piumati, uno sul trono di Tutankhamon e l'altro sulla piramide di Sakkara, e questo rinvia a Quetzalcoatl?"

"Che cosa c'entra Quetzalcoatl con l'Amazzonia, se fa parte del panteon messicano?" chiesi.

"Be', forse ho perso un nesso. D'altra parte come giustificare che le statue dell'isola di Pasqua siano megaliti come quelli celtici? Uno degli dei polinesiani si chiama Ya ed è chiaramento lo Iod degli ebrei, come l'antico ungherese Io-v', il dio grande e buono. Un antico manoscritto messicano mostra la terra come un quadrato circondato dal mare e al centro della terra vi è una piramide che reca sulla base l'iscrizione Aztlan, che assomiglia a Atlas o Atlantide. Perché su entrambi i lati dell'Atlantico si trovano piramidi?"

"Perché è più facile costruire piramidi che sfere. Perché il vento produce le dune a forma di piramidi e non di Partenone."

"Odio lo spirito dell'Illuminismo," disse Diotallevi.

"Continuo. Il culto di Ra non appare nella religione egizia prima del Nuovo Impero e quindi proviene dai celti. Si ricordi san Nicola e la sua slitta. Nell'Egitto preistorico la nave solare era una slitta. Siccome questa slitta non avrebbe potuto scivolare sulla neve in Egitto, la sua origine doveva essere nordica..."

Non demordevo: "Ma prima dell'invenzione della ruota si usavano slitte anche sulla sabbia."

"Non interrompa. Il libro dice che prima bisogna identificare le analogie, e poi trovare le ragioni. E qui dice che alla fin fine le ragioni sono scientifiche. Gli egizi conoscevano l'elettricità, altrimenti non avrebbero potuto fare quello che hanno fatto. Un ingegnere tedesco incaricato delle fognature di Bagdad ha scoperto pile elettriche ancora funzionanti che risalivano ai Sassanidi. Negli scavi di Babilonia sono venuti alla luce accumulatori fabbricati quattromila anni fa. E infine l'arca dell'alleanza (che avrebbe dovuto raccogliere le tavole della legge, la verga di Aronne e un vaso di manna del deserto) era una specie di forziere elettrico capace di produrre scariche dell'ordine dei cinquecento volt."

"L'ho già visto in un film."

"E allora? Da dove crede che tirino fuori le idee i soggettisti? L'arca era fatta di legno d'acacia, rivestita d'oro all'interno e all'esterno – il medesimo principio dei condensatori elettrici, due conduttori separati da un isolante. Era circondata da una ghirlanda pure d'oro. Era posta in una zona secca dove il campo magnetico raggiungeva 500-600 volt per metro verticale. Si dice che Porsenna abbia liberato attraverso l'elettricità il suo regno dalla presenza di un terribile animale chiamato Volt."

"E per questo che Volta ha scelto quel soprannome esotico. Prima si chiamava solo Szmrszlyn Krasnapolskij."

"Siamo seri. Anche perché oltre ai manoscritti ho qui una sventola di lettere che propongono rivelazioni sui rapporti tra Giovanna d'Arco e i Libri Sibillini, Lilith demone talmudico e la grande madre ermafrodita, il codice genetico e la scrittura marziana, l'intelligenza segreta delle piante, il rinascimento cosmico e la psicoanalisi, Marx e Nietzsche nella prospettiva di una nuova angelologia, il Numero d'Oro e i Sassi di Matera, Kant e l'occultismo, misteri eleusini e jazz, Cagliostro e l'energia atomica, omosessualità e gnosi, Golem e lotta di classe, per finire con un'opera in otto volumi sul Graal e il Sacro Cuore."

"Che cosa vuole dimostrare? Che il Graal è un'allegoria del Sacro Cuore o che il Sacro Cuore è un'allegoria del Graal?"

"Capisco la differenza e l'apprezzo, ma credo che per lui vadano bene tutte e due le cose. Insomma, a questo punto io non so più come regolarmi. Bisognerebbe sentire il signor Garamond."

Lo sentimmo. Lui disse che per principio non si doveva buttare via nulla, e ascoltare tutti.

"Guardi che la maggior parte di questa roba ripete cose che si trovano in tutte le edicole delle stazioni," dissi. "Gli autori, anche quelli a stampa, si copiano tra loro, uno dà come testimonianza l'affermazione dell'altro, e tutti usano come prova decisiva una frase di Giamblico, per dire."

"E allora?" disse Garamond. "Vorrà vendere ai lettori qualcosa che ignorano? Occorre che i libri di Iside Svelata parlino esattamente delle stesse cose di cui parlano gli altri. Si confermano tra loro, dunque sono veri. Diffidate dell'originalità."

"D'accordo," disse Belbo, "ma bisogna pur sapere che cosa è ovvio e che cosa no. Ci serve un consulente."

"Di che tipo?"

"Non lo so. Deve essere più smagato di un diabolico, ma deve conoscere il loro mondo. E poi deve dirci su che cosa dobbiamo puntare per Hermetica. Uno studioso serio dell'ermetismo rinascimentale..."

"Bravo," gli disse Diotallevi, "e poi la prima volta che gli metti in mano il Graal e il Sacro Cuore se ne esce sbattendo la porta."

"Non è detto."

"Io conoscerei la persona giusta," dissi. "È un tipo certamente erudito, che prende abbastanza sul serio queste cose, ma con eleganza, direi con ironia. L'ho incontrato in Brasile, ma ora dovrebbe essere a Milano. Dovrei avere il telefono da qualche parte."

"Contattatelo," disse Garamond. "Con cautela, dipende dal prezzo. E poi cercate anche di utilizzarlo per la meravigliosa avventura dei metalli."

 

Agliè parve felice di risentirmi. Mi domandò notizie della deliziosa Amparo, gli feci timidamente capire che era una storia passata, si scusò, fece alcune garbate osservazioni sulla freschezza con cui un giovane può aprire sempre nuovi capitoli alla sua vita. Gli accennai a un progetto editoriale. Si mostrò interessato, disse che ci avrebbe visto volentieri, e fissammo un appuntamento a casa sua.

 

Dalla nascita del Progetto Hermes sino a quel giorno mi ero divertito spensieratamente alle spalle di mezzo mondo. Ora Essi incominciavano a presentare il conto. Ero anch'io un'ape, e correvo verso un fiore, ma non lo sapevo ancora.
46

Durante il giorno ti accosterai alla rana parecchie volte e pro-ferirai parole di adorazione. E le chiederai di compiere i miracoli che desideri... Intanto intaglierai una croce su cui immolarla.

(Da un Rituale di Aleister Crowley)

 

Agliè abitava dalle parti di piazzale Susa: una piccola via riservata, una palazzina fine secolo, sobriamente floreale. Ci aprì un vecchio cameriere in giacca a righe, che ci introdusse in un salottino e ci pregò di attendere il signor conte.

"Allora è conte," sussurrò Belbo.

"Non gliel'ho detto? È San Germano, redivivo."

"Non può essere redivivo se non è mai morto," sentenziò Diotallevi. "Non sarà mica Asvero, l'ebreo errante?"

"Secondo alcuni il conte di San Germano è stato anche Asvero."

"Vede?"

Entrò Agliè, sempre impeccabile. Ci strinse la mano e si scusò: una noiosa riunione, del tutto imprevista, lo obbligava a trattenersi ancora per una decina di minuti nel suo studio. Disse al cameriere di portarci del caffè e ci pregò di accomodarci. Poi uscì, scostando una pesante cortina di vecchio cuoio. Non era una porta e, mentre prendevamo il caffè sentivamo arrivare voci concitate dalla stanza accanto. Sulle prime parlammo tra di noi ad alta voce, per non ascoltare, poi Belbo osservò che forse disturbavamo. In un istante di silenzio udimmo una voce, e una frase, che suscitarono la nostra curiosità. Diotallevi si alzò con l'aria di ammirare una stampa secentesca alla parete, proprio accanto alla cortina. Era una caverna montana, a cui alcuni pellegrini salivano per sette scalini. Dopo poco fingevamo tutti e tre di studiare l'incisione.

Colui che avevamo udito era certamente Bramanti, e stava dicendo: "Insomma, io non mando diavoli a casa di nessuno!"

Quel giorno realizzammo che del tapiro Bramanti aveva non solo l'aspetto ma anche la voce.

L'altra voce era quella di uno sconosciuto, dal forte accento francese, e dal tono stridulo, quasi isterico. A tratti si intrometteva nel dialogo la voce di Agliè, morbida e conciliante.

"Andiamo signori," stava dicendo ora Agliè, "loro si sono appellati al mio verdetto, e ne sono onorato, ma in tal caso mi stiano ad ascoltare. Mi permetta anzitutto di dire che lei, caro Pierre, è stato per lo meno imprudente a scrivere quella lettera..."

"L'affare è molto semplice, signor conte," rispondeva la voce francese, "questo signor Bramanti scrive un articolo, in una rivista che noi tutti stimiamo, dove fa dell'ironia piuttosto lorda su alcuni luciferiani che volerebbero delle ostie senza neppure credere nella presenza reale, per tirarne argento e patatì e patatà. Bon, ora tutti sanno che l'unica Eglise Luciferienne riconosciuta è quella di cui sono modestamente Tauroboliaste e Psicopompo, e si sa sa che la mia Chiesa non fa del satanismo volgare e non fa della ratatuglia con le ostie, cose da chanoine Docre a Saint-Sulpice. Io nella lettera ho detto che non siamo satanisti vieux jeu, adoratori du Grand Tenancier du Mal, e che non abbiamo bisogno di fare simmierie della Chiesa di Roma, con tutte quelle pissidi e quelle come si dice casubole... Noi siamo piuttosto dei Palladiani, ma lo sa tutto il mondo, per noi Lucifero è il prensipio del bene, caso mai è Adonai che è il prensipio del male perché questo mondo lo ha creato lui e Lucifero aveva tentato di si opporre..."

"Va bene," diceva Bramanti eccitato, "l'ho detto, posso aver peccato di leggerezza, ma questo non l'autorizzava a minacciarmi di sortilegio!"

"Ma vediamo! La mia era una metafòra! Siete voi, piuttosto, che di rinvio mi avete fatto l'envoùtement!"

"Eh già, io e i miei confratelli abbiamo tempo da perdere a mandare i diavoletti in giro! Noi pratichiamo Dogma e Rituale dell'Alta Magia, non siamo delle fattucchiere!"

"Signor conte, mi appello a voi. Il signor Bramanti ha notoriamente rapporti con l'abate Boutroux, e voi sapete bene che di questo sacerdote si dice che si sia fatto tatuare sulla pianta dei piedi il crocifisso per poter marciare su nostro signore, ovvero sul suo... Bon, io incontro sette giorni fa questo pretenduto abate alla libreria Du Sangreal, voi conoscete, lui mi sorride, molto viscido come suo costume, e lui mi dice bene bene ci sentiremo una di queste sere... Ma che cosa vuoi dire una di queste sere? Vuoi dire che, due sere dopo incominciano le visite, io sto per andare a letto e mi sento colpire al viso da chocs fluidici, voi sapete che sono emanazioni facilmente riconoscibili."

"Avrà sfregato le suole sulla moquette."

"Ah sì. E allora perché volavano i bibelotti, uno dei miei alambicchi mi colpisce alla testa, cade per terra il mio Baphomet in gesso, che era un ricordo del mio povero padre, e sul muro appaiono delle scritte in rosso, delle ordure che non oso dire? Ora sapete bene che non più di un anno fa il fu monsieur Gros aveva accusato quell'abate là di fare cataplasmi con materia fecale, perdonatemi, e l'abate lo ha condannato a morte — e due settimane dopo il povero monsieur Gros moriva misteriosamente. Che questo Boutroux maneggi sostanze velenose lo ha stabilito anche il jury d'onore convocato dai martinisti di Lyon..."

"In base a calunnie..." diceva Bramanti.

"Oh dì dunque! Un processo su materie di questa sorta è sempre indiziario..."

"Sì, ma che monsieur Gros fosse un alcolizzato con la cirrosi all'ultimo stadio al tribunale non è stato detto."

«Ma non siate enfantino! Ma la sorcelleria procede per vie naturali, se uno ha la cirrosi lo si va a colpire nell'organo malato, è l'abbecedario della magia nera..."

"E allora tutti quelli che muoiono di cirrosi è il buon Boutroux, mi faccia ridere!"

"E allora raccontatemi cosa si è passato a Lyon in quelle due settimane... Cappella sconsacrata, ostia col tetragrammatòn, il suo Boutroux con una gran roba rossa con la croce rovesciata, e madame Olcott, la sua voyante personale, per non dire altro, che le appare il tridente sulla fronte, e i calici vuoti che si riempiono da soli di sangue, e l'abate che crasciava in bocca ai fedeli... E vero o no?"

"Ma lei ha letto troppo Huysmans, caro mio!" rideva Bramanti. "È stato un evento culturale, una rievocazione storica, come le celebrazioni della scuola di Wicca e dei collegi druidici!"

"Ouais, il carnivale di Venise..."

Udimmo un trambusto, come se Bramanti stesse per scagliarsi sull'avversario, e Agliè lo trattenesse a fatica. "Voi lo vedete, voi lo vedete," diceva il francese con la voce sopra il rigo. "Ma state attento Bramanti, chiedete al vostro amico Boutroux che cosa gli è arrivato! Voi non lo sapete ancora, ma è all'ospitale, chiedetegli chi gli ha cassato la figura! Anche se non pratico quella vostra goetìa là, ne so qualcosa anch'io, e quando ho capito che la mia casa era abitata ho tracciato sul parquet il cerchio di defensa, e siccome io non ci credo ma i vostri diablotini sì, ho levato lo scapolare del Carmelo, e gli ho fatto il contresigne, l'envoûtement retourné, ah sì. Il suo abate ha passato un brutto momento!"

"Vede, vede?" ansava Bramanti, "vede che è lui che fa i malefici?"

"Signori, ora basta," disse Agliè, gentile ma fermo. «Ora ascoltino me. Sanno quanto apprezzi sul piano conoscitivo queste rivisitazioni di rituali desueti, e per me la chiesa luciferiana o l'ordine di Satana sono ugualmente rispettabili al di là delle differenze demonologiche. Sanno del mio scetticismo al riguardo, ma infine, apparteniamo pur sempre alla stessa cavalleria spirituale e li invito a un minimo di solidarietà. E poi signori, mescolare il Principe delle Tenebre con dispetti personali! Se fosse vero sarebbe puerile. Andiamo, fole da occultisti. Si comportano come volgari frammassoni. Boutroux è un dissociato, siamo franchi, e caso mai lei, caro Bramanti, lo inviti a rivendere a un rigattiere quel suo materiale di trovarobato per il Mefistofele di Boito..."

"Ah ah, c'est bien dit ça," ridacchiava il francese, "c'est de la brocanterie..."

"Ridimensioniamo i fatti. C'è stato un dibattito su quelli che chiameremo formalismi liturgici, gli animi si sono infiammati, ma non diamo corpo alle ombre. Badi, caro Pierre, non escludo affatto la presenza in casa sua di entità estranee, è la cosa più normale del mondo, ma con un minimo di buon senso si potrebbe spiegare tutto con un poltergeist..."

"Ah, questo non lo escludo," disse Bramanti, "la congiuntura astrale in questo periodo..."

"E allora! Su, una stretta di mano, e un abbraccio fraterno."

Udimmo sussurri di scusa reciproca. "Lo sa anche lei," stava dicendo Bramanti, "talora per individuare chi veramente attende l'iniziazione, bisogna indulgere anche al folclore. Persino quei mercanti del Grand Orient, che non credono a nulla, hanno un cerimoniale."

"Bien entendu, le rituel, ah ça...."

"Ma non siamo più ai tempi di Crowley, intesi?" disse Agliè. "Li lascio ora, ho altri ospiti."

 

Tornammo rapidamente al divano, e attendemmo Agliè con compostezza e disinvoltura.

 


 

L'alta adunque fatica nostra è stata di trovar ordine in queste sette misure, capace, bastante, distinto, et che tenga sempre il senso svegliato et la memoria percossa... Questa alta et incomparabile collocatione fa non solamente officio di conservarci le affidate cose parole et arti... ma ci dà ancora la vera sapientia...

(Giulio Camillo Delminio, L'Idea del Theatro, Firenze, Torrentino, 1550, Introduzione)

 

Dopo pochi minuti Agliè entrava. "Mi scusino, cari amici. Esco da una discussione a dir poco spiacevole. Come l'amico Casaubon sa, mi considero un cultore di storia delle religioni, e questo fa sì che alcuni, e non di rado, ricorrano ai miei lumi, forse più al mio buon senso che alla mia dottrina. É curioso, sanno, come tra gli adepti di studi sapienziali si trovino talora personalità singolari... Non dico i soliti cercatori di consolazioni trascendentali o gli spiriti melanconici, ma anche persone di profondo sapere, e di grande finezza intellettuale, che tuttavia indulgono a fantasticherie notturne e perdono il senso del limite tra verità tradizionale e arcipelago del sorprendente. Le persone con cui avevo convegno dianzi stavano questionando su congetture puerili. Ahimè, come si dice, accade nelle migliori famiglie. Ma mi seguano nel mio studiolo, prego, converseremo in un ambiente più confortevole."

Sollevò la cortina in cuoio, e ci fece passare nell'altra stanza. Studiolo non l'avremmo definita, ampia com'era, e arredata con squisite scaffalature d'antiquariato, ricolme di libri ben rilegati, certamente tutti di venerabile età. Ciò che ci colpì, più che i libri, furono alcune vetrinette ricolme di oggetti incerti, pietre ci parvero, e piccoli animali, non capimmo se impagliati o mummificati o finemente riprodotti. Il tutto come sommerso in una luce diffusa e crepuscolare. Sembrava provenire da una grande bifora di fondo, dalle vetrate piombate a losanghe dalle trasparenze ambrate, ma la luce della bifora si amalgamava con quella di una grande lampada posata su un tavolo di mogano scuro, ricoperto di carte. Era una di quelle lampade che si trovano talora sui tavoli di lettura delle vecchie biblioteche, dalla boccia verde a cupola, capaci di gettare un ovale bianco sulle pagine, lasciando l'ambiente in una penombra di opalescenze. Questo gioco di luci diverse, innaturali entrambe, in qualche modo però ravvivava anziché spegnere la policromia del soffitto.

Era un soffitto a volta, che la finzione decorativa voleva sostenuto ai quattro lati da colonnine rosso mattone con minuti capitelli dorati, ma il trompe-l'oeil delle immagini che lo invadevano, ripartite in sette zone, lo faceva apparire a vela, e tutta la sala assumeva il tono di una cappella mortuaria, impalpabilmente peccaminosa, melanconicamente sensuale.

"Il mio piccolo teatro," disse Agliè, "alla maniera di quelle fantasie rinascimentali dove si disponevano delle enciclopedie visive, sillogi dell'universo. Più che un'abitazione, una macchina per ricordare. Non v'è immagine che voi vediate che, combinandosi dovutamente con altre, non riveli e riassuma un mistero del mondo. Noterete quella teoria di figure, che il pittore ha voluto affini a quelle del palazzo di Mantova: sono i trentasei decani, signori del cielo. E per vezzo, e fedeltà alla tradizione, da che ho trovato questa splendida ricostruzione dovuta a chissà chi, ho voluto che anche i piccoli reperti che corrispondono, nelle teche, alle immagini del soffitto, riassumessero gli elementi fondamentali dell'universo, l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco. Il che spiega la presenza di questa graziosa salamandra, per esempio, capolavoro di taxidermia di un caro amico, o questa delicata riproduzione in miniatura, invero un poco tarda, della eolipila di Erone, dove l'aria contenuta nella sfera, se attivassi questo fornellino ad alcole che le fa da conca, riscaldandosi e sfuggendo da questi beccucci laterali, ne provocherebbe la rotazione. Magico strumento, che già usavano i preti egizi nei loro santuari, come ci ripetono tanti testi illustri. L'oro la usavano per fingere un prodigio, e le folle il prodigio veneravano, ma il vero prodigio è nella legge aurea che ne regola la meccanica segreta e semplice, aerea ed elementare, aria e fuoco. E questa è la sapienza, che ebbero i nostri antichi, e gli uomini dell'alchimia, e che han perduto i costruttori di ciclotroni. Così io volgo lo sguardo al mio teatro della memoria, figlio di tanti, più vasti, che affascinarono i grandi spiriti del passato, e so. So, più dei cosiddetti sapienti. So che così com'è in basso, così è in alto. E altro non c'è da sapere."

Ci offrì dei sigari cubani, di forma curiosa, non diritti, ma contorti, arricciati, benché corposi e grassi. Emettemmo alcune esclamazioni di ammirazione e Diotallevi si avvicinò agli scaffali.


Дата добавления: 2015-12-01; просмотров: 135 | Нарушение авторских прав



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