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Il pendolo di Foucault 30 страница

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Sono stato a trovarlo a Mortlake e stava esaminando una mappa. È stato vago, il diabolico vecchio. Bagliori sinistri nei suoi occhi astuti, la mano ossuta che accarezzava la barbetta caprina.

- È un manoscritto di Ruggiero Bacone, mi disse, e mi è stato prestato dall'imperatore Rodolfo II. Conosce Praga? Le consiglio di visitarla. Potrebbe trovarvi qualcosa che cambierà la sua vita. Tabula locorum rerum et thesaurorum absconditorum Menabani...

Sbirciando vidi qualcosa della trascrizione che il dottore stava tentando di un alfabeto segreto. Ma egli nascose subito il manoscritto sotto un pila di altri fogli ingialliti. Vivere in un'epoca, e in un ambiente, in cui ogni foglio, anche se è appena uscito dal laboratorio del cartaio, è ingiallito.

Avevo mostrato al dottor Dee alcune mie prove, più che altro le mie poesie sulla Dark Lady. Luminosissima immagine della mia infanzia, scura per-ché riassorbita dall'ombra del tempo, e sottrattasi al mio possesso. E un mio canovaccio tragico, la storia di Jim della Canapa, che torna in Inghilterra al seguito di sir Walter Raleigh, e scopre il padre ucciso dal fratello incestuoso. Giusquiamo.

- Lei ha dell'ingegno, Kelley, mi aveva detto Dee. E ha bisogno di denaro. C'è un giovane, figlio naturale di chi lei neppure può ardire immaginare, che voglio far salire in fama e onori. È di scarso talento, lei sarà la sua anima segreta. Scriva, e viva all'ombra della gloria di lui, solo lei ed io sapremo che è sua, Kelley.

Ed eccomi da anni a stilare i canovacci che, per la regina e l'Inghilterra tutta passano sotto il nome di questo giovane pallido. If I have seen further it is by standing on ye sholders of a Dwarf. Avevo trent'anni e non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita.

- William, gli ho detto, fatti crescere i capelli sulle orecchie, ti dona. Avevo un piano (sostituirmi a lui?).

Si può vivere odiando lo Scrollalancia che in realtà si è? That sweet thief which sourly robs from me. - Calma Kelley, mi dice Dee, crescere nell'ombra è il privilegio di chi si dispone alla conquista del mondo. Keepe a Lowe Profyle. William sarà una delle nostre facciate. E mi ha messo al corrente - oh, solo in parte - del Complotto Cosmico. Il segreto dei Templari! - La posta, ho chiesto? - Ye Globe.

A lungo mi sono coricato di buon'ora, ma una sera, a mezzanotte, ho frugato nello scrigno privato di Dee, ho scoperto delle formule, ho voluto evo-care gli angeli come egli fa nelle notti di plenilunio. Dee mi ha trovato riverso, al centro del cerchio del Macrocosmo, come colpito da una staffilata. Sulla fronte, il Pentacolo di Salomone. Ora debbo tirare ancor più sugli occhi la papalina.

- Non sai ancora come si fa, mi ha detto Dee. Bada a te, o ti farò strappare anche il naso. I will show you Fear in a Handful of Dust...

Ha alzato una mano scarna e ha pronunciato la parola terribile: Garamond! Mi sono sentito ardere di una fiamma interna. Sono fuggito (nella notte).

E occorso un anno perché Dee mi perdonasse e mi dedicasse il suo Quarto Libro dei Misteri, "post reconciliationem kellianam".

Quell'estate ero in preda ad astratti furori. Dee mi ha convocato a Mortlake, eravamo io, William, Spenser e un giovane aristocratico dallo sguardo fuggente, Francis Bacon. He had a delicate, lively, hazel Eie. Doctor Dee told me it was like the Eie of a Viper. Dee ci ha messi al corrente di una parte del Complotto Cosmico. Si trattava di incontrare a Parigi l'ala franca dei Templari, e congiungere insieme due parti della stessa mappa. Sarebbero andati Dee e Spenser, accompagnati da Pedro Nunez. A me e a Bacon con-fidò alcuni documenti, sotto giuramento, da aprire nel caso essi non fossero tornati.

Tornarono, coprendosi di insulti a vicenda. - Non è possibile, diceva Dee, il Piano è matematico, ha la perfezione astrale della mia Monas lerogliphica. Dovevamo incontrarli, era la notte di San Giovanni.

Odio essere sottovalutato. Dissi: - La notte di San Giovanni per noi o per loro?

Dee si diede una pacca sulla fronte, e vomitò orribili bestemmie. - Oh, disse, from what power hast thou this powerful might? Il pallido William si annotava la frase, l'imbelle plagiario. Dee consultava febbrile lunari ed effemeridi. - Sangue di Dio, Nome di Dio, come ho potuto essere così stolto? Insultava Nunez e Spenser: - Debbo dunque pensare io a tutto? Cosmografo dei miei stivali, urlò livido a Nunez. E poi: - Amanasiel Zorobabel, gridò. E Nunez fu colpito come da un invisibile ariete nello stomaco, arretrò pallido di alcuni passi, e si afflosciò a terra. - Imbecille, gli disse Dee.

Spenser era pallido. Disse a fatica: - Si può lanciare un'esca. Sto terminando un poema, un'allegoria sulla regina delle fate, dove ero tentato di mettere un Cavaliere dalla Croce Rossa... Lasciatemi scrivere. I veri Templari si riconosceranno, capiranno che noi sappiamo, e prenderanno contatto con noi...

- Ti conosco, gli disse Dee. Prima che tu abbia scritto e la gente si accorga del tuo poema passerà un lustro e anche più. Però l'idea dell'esca non è sciocca.

- Perché non comunica con loro per mezzo dei suoi angeli, dottore? gli chiesi.

- Imbecille, disse di nuovo, e questa volta a me. Non hai letto Tritemio? Gli angeli del destinatario intervengono a mettere in chiaro un messaggio se lui lo riceve. I miei angeli non sono corrieri a cavallo. I francesi sono perduti. Ma ho un piano. So come trovare qualcuno della linea tedesca. Occorre andare a Praga.

Udimmo un rumore, una pesante cortina di damasco si stava sollevando, intravedemmo una mano diafana, poi Ella apparve, la Vergine Altera. - Maestà, dicemmo inginocchiandoci. - Dee, disse Ella, so tutto. Non crediate che i miei antenati abbiano salvato i Cavalieri per poi conceder loro il dominio del mondo. Esigo, capite, esigo, che alla fine il segreto sia appannaggio della Corona.

- Maestà, voglio il segreto, a ogni costo, e lo voglio per la Corona. Voglio ritrovarne gli altri possessori, se questa è la via più breve, ma quando mi abbiano stolidamente confidato ciò che sanno, non mi sarà difficile eliminarli, o col pugnale o con l'acqua tofana.

Sul volto della Regina Vergine si dipinse un sorriso atroce. -.Bene così, disse, mio buon Dee... Non voglio molto, solo il Potere Totale. A voi, se riuscirete, la Giarrettiera. A te, William - e si rivolgeva lubrica dolcezza al piccolo parassita - un'altra giarrettiera, e un altro vello d'oro. Seguimi.

Sussurrai all'orecchio a William: - Perforce I am thine, and that is in me... William mi gratificò con uno sguardo di untuosa riconoscenza e seguì la regina, scomparendo oltre la cortina. Je tiens la reine!

 

Fui con Dee nella città d'Oro. Percorrevamo passaggi stretti e maleodoranti non lontano dal cimitero ebraico, e Dee mi diceva di fare attenzione. - Se la notizia del mancato contatto si è diffusa, diceva, gli altri gruppi si staranno già muovendo per conto proprio. Temo i giudei, i gerosolimitani hanno qui a Praga troppi agenti...

Era sera. La neve luccicava bluastra. All'ingresso oscuro del quartiere ebraico s'accoccolavano le bancarelle del mercato natalizio, e nel mezzo, rivestito di panno rosso, l'osceno palcoscenico di un teatro di burattini illuminato da fiaccole fumiganti. Ma subito dopo si passava sotto un'arcata in pietra quadra e vicino a una fontana in bronzo, dalla cui griglia pendevano lunghi ghiaccioli, si apriva l'androne di un altro passaggio. Su vecchie porte teste auree di leoni azzannavano anelli di bronzo. Un lieve fremito trascorreva per quelle mura, inspiegabili rumori rantolavano dai tetti bassi, e si infiltra-vano nelle grondaie. Le case tradivano una loro vita fantomatica, occulte signore della vita... Un vecchio prestatore a usura, avvolto di una logora zimarra, quasi ci sfiorò passando, e mi parve di sentirlo mormorare: - Guardatevi da Athanasius Pernath... Dee mormorò: - Temo ben altro Athanasius... E di colpo fummo nel vicolo dei Fabbricanti d'Oro...

Quivi, e le orecchie che più non ho fremono al ricordo sotto la logora papalina, di colpo, nel buio di un nuovo inopinato passaggio ci si parò di fronte un gigante, un'orribile creatura grigia dall'espressione atona, il corpo catafratto di una patina bronzea, appoggiato a un nodoso bastone a spirale di legno bianco. Un intenso odore di sandalo emanava da quell'apparizione. Provai una sensazione di orrore mortale, coagulato per incanto, tutto, in quell'essere che mi stava di fronte. E tuttavia non potevo distogliere Io sguardo dal diafano globo nebuloso che gli awolgeva le spalle, e a mala-pena riuscivo a scorgere il volto rapace di un ibis egizio, e dietro di esso una pluralità di volti, incubi della mia immaginazione e della mia memoria. I con-torni del fantasma che si stagliavano nel buio del passaggio si dilatavano e si restringevano, come se un lento respiro minerale pervadesse l'intera figura... E - orrore - in luogo dei piedi, fissando colui, vidi sulla neve monconi informi la cui carne, grigia ed esangue, si era arrotolata come in gonfiori concentrici.

Oh miei voraci ricordi...

- II Golem! disse Dee. Poi alzò ambo le braccia al cielo, e la sua zimarra nera ricadeva con le sue ampie maniche al suolo, come a creare un cingulum, un cordone ombelicale tra la posizione aerea delle mani e la superficie, o le profondità, della terra. - Jezebel, Malkuth, Smoke Gets in Your Eyesl disse. E di colpo il Golem si dissolse come un castello di sabbia percosso da un impeto di vento, fummo quasi accecati dalle particole del suo corpo di creta che si frammentavano come atomi nell'aria, e alla fine avemmo ai nostri piedi un mucchietto di cenere riarsa. Dee si chinò, frugò in quella polvere con le sue dita scarne, e ne trasse un cartiglio che nascose in seno.

Fu a quel punto che sorse dall'ombra un vecchio rabbino, dalla berretta unta che molto assomigliava alla mia papalina. - Il Dottor Dee, suppongo, disse. - Fiere Comes Everybody, rispose umile Dee, Rabbi Allevi. Che pia-cere vedervi... E quello: - Per caso avete visto un essere che si aggirasse da queste parti?

- Un essere? disse Dee fingendo stupore. Di che fattura?

- AI diavolo Dee, disse Rabbi Allevi. Era il mio Golem.

- Il vostro Golem? Non ne so nulla.

- Attenzione a voi dottor Dee, disse livido Rabbi Allevi. State giocando un gioco più grande di voi.

- Non so di che cosa parliate Rabbi Allevi, disse Dee. Noi siamo qui per fabbricare qualche oncia d'oro al vostro imperatore. Non siamo negromanti da strapazzo.

- Ridatemi almeno il cartiglio, implorò Rabbi Allevi.

- Quale cartiglio? chiese Dee con diabolica ingenuità.

- Che siate maledetto dottor Dee, disse il rabbino. E in verità io vi dico che non vedrete l'alba del nuovo secolo. E si allontanò nella notte, mormorando oscure consonanti senza alcuna vocale. Oh, Lingua Diabolica e Santa!

Dee stava addossato al muro umido del passaggio, terreo in volto, i capelli irti sul capo, come quelli del serpente. - Conosco Rabbi Allevi, disse. Morirò il cinque agosto del 1608, calendario gregoriano. E dunque Kelley, aiutatemi a mettere in opera il mio progetto. Sarete voi che dovrete portarlo a termine. Gilding pale streams with heavenly alchymy, ricordate. Me Io sarei ricordato, e William con me, e contro di me.

Non disse più nulla. La nebbia pallida che strofina la schiena contro i vetri, il fumo giallo che strofina la schiena contro i vetri, lambiva con la sua lingua gli angoli della sera. Eravamo ora in un altro vicolo, vapori biancastri emanavano dalle inferriate a filo terra, da dove si scorgevano stamberghe dalle mura sghembe, scandite attraverso una gradazione di grigi caliginosi... Intravidi, mentre scendeva a tentoni da una scala (i gradini innaturalmente ortogonali), la figura di un vecchio dalla redingote lisa e dall'alto cappello a cilindro. Anche Dee lo vide: - Caligari! esclamò. Anche lui qui, e in casa di Madame Sosostris, The Famous Clairvoyante! Dobbiamo far presto.

Affrettammo il passo e pervenimmo alla porta di una casupola, in una viuzza incertamente illuminata, sinistramente semita.

Bussammo, e la porta si aprì come per incanto. Entrammo in un ampio salone, adorno di candelabri a sette braccia, tetragrammi in rilievo, stelle di Davide a raggiera. Vecchi violini, color della velatura di quadri antichi, si ammassavano all'ingresso su una fratina di anamorfica irregolarità. Un gran coccodrillo pendeva, mummificato, dall'alta volta della spelonca, oscillando lievemente alla brezza della sera, al fioco chiarore di una sola torcia, o di molte - o di nessuna. Sul fondo, davanti a una sorta di tenda o baldacchino, sotto il quale si ergeva un tabernacolo, in ginocchio orante, mormorando senza sosta e blasfemamente i settantadue Nomi di Dio, stava un Veglio. Seppi, per subitanea folgorazione del Nous, che era Heinrich Khunrath.

- Al solido Dee, disse colui, voltandosi e interrompendo l'òrazione, che volete? Sembrava un armadillo impagliato, un iguana senza età.

- Khunrath, disse Dee, il terzo incontro non è avvenuto.

Khunrath esplose in un'orribile imprecazione: - Lapis Exillis! E allora?

- Khunrath, disse Dee, voi potreste lanciare un'esca e mettermi in contatto con la linea templare tedesca.

- Vediamo, disse Khunrath. Potrei chiedere a Maier, che è in contatto con molta gente a corte. Ma voi mi direte il segreto del Latte Virginale, del Forno Segretissimo dei Filosofi.

Dee sorrise - oh il sorriso divino di quel Sofo! Si contrasse quindi come in preghiera e sussurrò a mezza voce: - Quando vorrai trasmutare e risolvere in acqua o in Latte Virginale il Mercurio sublimato, mettilo sopra la lamina tra i mucchietti e la coppa con la Cosa diligentemente polverizzata, non coprirla ma fai in modo che l'aria calda colpisca la materia nuda, somministrale il fuoco di tre carboni, e tienilo vivo per otto giorni solari, quindi toglilo e pestalo bene sul marmo fino a quando non sarà divenuto impalpabile. Fatto ciò metti la materia entro un alambicco di vetro e fa distillare a Balneum Mariae, sopra un calderone d'acqua, posto in maniera tale che non si awicini all'acqua al di sotto di due dita, ma resti sospeso in aria, e contemporaneamente fai fuoco sotto il bagno. Allora, e solo allora, benché la materia dell'argento non tocchi l'acqua, ma trovandosi in questo ventre caldo e umido, si tramuterà in acqua.

- Maestro, disse Khunrath cadendo in ginocchio e baciando la mano scarna e diafana del dottor Dee. Maestro, così farò. E tu avrai quel che vuoi. Ricorda queste parole, la Rosa e la Croce. Ne sentirai parlare.

Dee si avvolse nella sua zimarra a ferraiuolo e ne uscivano solo gli occhi scintillanti e maligni. - Andiamo, Kelley, disse. Quest'uomo è ormai nostro. E tu Khunrath, tienici lontano il Golem sino al nostro ritorno a Londra. E dopo, che di Praga sia un solo rogo.

Fece per allontanarsi. Khunrath strisciando lo afferrò per il lembo del mantello: - Verrà forse da te, un giorno, un uomo. Vorrà scrivere su di te. Siigli amico.

- Dammi il Potere, disse Dee con un'indicibile espressione sul viso scarno, e la sua fortuna è assicurata.

Uscimmo. Sull'Atlantico un minimo barometrico avanzava in direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia.

- Andiamo a Mosca, gli dissi.

- No, rispose, ritorniamo a Londra.

- A Mosca, a Mosca, mormoravo demente. Sapevi bene, Kelley, che non ci saresti andato mai. Ti attendeva la Torre.

 

Siamo tornati a Londra. Il dottor Dee ha detto: - Essi stanno cercando di arrivare alla Soluzione prima di noi. Kelley, scriverai per William qualcosa di... di diabolicamente insinuante su di loro.

Ventre del demonio, l'ho pur fatto, e poi William ha inquinato il testo e ha trasportato tutto da Praga a Venezia. Dee era andato su tutte le furie. Ma il pallido, viscido William si sentiva protetto dalla sua regale concubina. Né gli bastava. Come io, mano a mano, gli passavo i suoi migliori sonetti, mi chiedeva con sguardo inverecondo di Lei, di Te, my Dark Lady. Che orrore sentire il tuo nome sulle sue labbra di guitto (non sapevo che, spirito per dannazione duplice e vicario, egli la stava cercando per Bacone). - Basta, gli ho detto. Sono stanco di costruire nell'ombra la tua gloria. Scrivi tu per te.

- Non posso, mi ha risposto, lo sguardo di chi ha visto un Lemure. Egli non me lo consente.

- Chi, Dee?

- No, il Verulamio. Non ti sei accorto che ormai è lui che regola il gioco? Mi sta costringendo a scrivere le opere che egli poi vanterà come sue. Hai capito Kelley, io sono il vero Bacone, e i posteri non lo sapranno. Oh parassita. Come odio quel tizzone d'inferno!

- Bacone è un miserabile, ma ha ingegno, dissi. Perché non scrive di mano sua?

Non sapevo che egli non ne aveva il tempo. Ce ne rendemmo conto quando anni dopo la Germania fu invasa dalla follia Rosa-Croce. Allora, collegando accenni sparsi, parole che a mala pena egli si era lasciato sfuggire, compresi che l'autore dei manifesti dei Rosa-Croce era lui. Egli scriveva sotto il falso nome di Johann Valentin Andreae!

Non avevo allora capito per chi scrivesse Andreae, ma ora, dal buio di questa cella ove languisco, più lucido di don!sidro Parodi, ora so. Me lo ha detto Soapes, il mio compagno di prigionia, un ex templare portoghese: Andreae scriveva un romanzo cavalleresco per uno spagnolo che frattanto giaceva in un'altra prigione. Non so perché, ma il progetto serviva all'infame Bacone, che avrebbe voluto passare alla storia come l'autore segreto delle avventure del cavaliere della Mancha, e che chiedeva ad Andreae di stilargli in segreto l'opera di cui poi egli si sarebbe finto il vero autore occulto, per poter godere nell'ombra (ma perché, ma perché?) del trionfo di un altro.

Ma divago, ora che ho freddo in questa segreta e il pollice mi duole. Sto stilando, al fioco chiarore di una lucerna moribonda, le ultime opere che passeranno sotto il nome di William.

 

Il dottor Dee è morto, mormorando Luce, più Luce, e domandando uno stuzzicadenti. Poi ha detto: Qualis Artifex Pereo! È stato fatto uccidere da Bacone. Da anni, prima che la regina scomparisse, sconnessa di mente e di cuore, in qualche modo il Verulamio l'aveva sedotta. Ormai i suoi tratti erano alterati ed era ridotta allo stato di uno scheletro. II suo cibo si era ridotto a un piccolo pane bianco e a una minestra di cicoria. Conservava al proprio fianco una spada e nei momenti di collera l'immergeva con violenza nelle tende e nei damaschi che coprivano le pareti del suo ritiro. (E se dietro vi fosse stato qualcuno, in ascolto? O un topo, un topo? Buona idea vecchio Kelley, bisogna che me l'annoti.) La vecchia ridotta in questo stato, fu facile a Bacone farle credere di essere William, suo bastardo - presentandosi ai suoi ginocchi, lei ormai cieca, coperto dalla pelle di un montone. II Vello d'Oro! Dissero mirasse al trono, ma sapevo che egli voleva ben altro, il controllo del Piano. Fu allora che divenne visconte di Sant'Albano. E, come si sentì forte, eliminò Dee.

La regina è morta, viva il re... io ero ormai un testimone importuno. Mi ha tratto in un agguato, una sera in cui finalmente la Dark Lady avrebbe potuto essere mia, e danzava abbracciata a me, perduta sotto il controllo di erbe capaci di donar visioni, essa la Sophia eterna, col suo volto rugoso di vecchia capra... È entrato con un pugno di armati, mi ha fatto coprire gli occhi con una pezzuola, ho capito di colpo: il vetriolo! E come rideva, Essa, come ridevi tu, Pin Ball Lady - oh maiden virtue rudely strumpeted, oh gilded honor shamefully misplac'd! - mentre egli ti toccava con le sue mani rapaci, e tu lo chiamavi Simone, e ne baciavi la cicatrice sinistra...

Nella Torre, nella Torre, rideva il Verulamio. E da allora quivi io giaccio, con quella larva umana che si dice Soapes, e i carcerieri mi conoscono solo come Jim della Canapa. Ho studiato a fondo, e con ardente zelo, filosofia, giurisprudenza e medicina, e purtroppo anche teologia. Ed eccomi qui, povero pazzo, e ne so quanto prima.

Da una feritoia ho assistito alle nozze regali, coi cavalieri dalla rossa croce che caracollavano al suono delle trombe. lo avrei dovuto essere lì a suonare la tromba, Cecilia lo sapeva, e ancora una volta mi era stato sottratto il premio, la meta. Suonava William. Io scrivevo nell'ombra, per lui.

- Ti dirò come vendicarti, mi ha sussurrato Soapes, e quel giorno si è rivelato per quello che veramente era, un abate bonapartista, da secoli sepolto in quella segreta.

- Ne uscirai? gli ho chiesto.

- If..., aveva cominciato a rispondere. Ma poi tacque. Battendo con il cucchiaio sul muro, in un misterioso alfabeto che egli mi confidò aver ricevuto da Tritemio, ha iniziato a trasmettere messaggi a qualcuno nella cella accanto. II conte di Monsalvato.

 

Sono passati anni. Soapes non ha mai cessato di battere al muro. Ora so per chi e per quali fini. Si chiama Noffo Dei. Il Dei (per quale misteriosa cabbaia Dei e Dee suonano così affini? Chi ha denunciato i Templari?), istruito da Soapes, ha denunciato Bacone. Cosa abbia detto non so, ma giorni fa il Verulamio è stato incarcerato. Accusato di sodomia perché, dissero (tremo al pensiero che fosse vero), tu, la Dark Lady, la Vergine Nera dei druidi e dei Templari, altro non eri, altro non sei che l'eterno androgino, uscito dalle mani sapienti di chi, di chi? Ora, ora so, del tuo amante, il conte di San Germano! Ma chi è San Germano se non lo stesso Bacone (quante cose sa Soapes, quest'oscuro templare dalle molte vite...)?

 

Il Verulamio è uscito di prigione, ha riacquistato per arti magiche il favore del monarca. Ora, mi dice William, passa le notti lungo il Tamigi, nel Pilad's Pub, a giocare con quella strana macchina, inventatagli da un Nolano che egli ha poi fatto orribilmente bruciare a Roma, dopo averlo attirato a Londra per carpirgli il suo segreto, una macchina astrale, divoratrice di sfere dissennate, che per infiniti et universi mondi, tra un rutilare di luci angeliche, dando osceni colpi di bestia trionfante col pube alla cassa, per fingere le vicende dei corpi celesti nella dimora dei Decani e comprendere gli ultimi segreti delta sua magna instaurazione, e il segreto stesso della Nuova Atlantide, egli ha chiamato Gottlieb's, parodiando la lingua sacra dei Manifesti attribuiti a Andrete

- Ah! mi esclamò (s'ècria-t-il), ormai lucidamente conscio, ma troppo tardi e indarno, mentre il cuore mi pulsa vistosamente sotto i merletti del corsetto: ecco perché mi ha sottratto la tromba, amuleto, talismano, vincolo cosmico che poteva comandare ai demoni. Che cosa starà tramando nella sua Casa di Salomone? È tardi, mi ripeto, ormai gli è stato dato troppo potere.

 

Dicono che Bacone è morto. Soapes mi assicura che non è vero. Nessuno ne ha visto il cadavere. Vive sotto falso nome presso il landgravio di Hesse, ormai iniziato ai massimi misteri, e dunque immortale, pronto a proseguire la sua cupa battaglia per il trionfo del Piano, in suo nome e sotto suo controllo.

Dopo questa morte presunta è venuto a trovarmi William, col suo sorriso ipocrita, che la grata non riusciva a celarmi. Mi ha chiesto perché nel sonetto 111 gli avessi scritto di un certo Tintore, mi ha citato il verso: To What It Works in, Like the Dyer's Hand....

- Io non ho mai scritto queste parole, gli ho detto. Ed era vero.... È chiaro, le ha inserite Bacone, prima di scomparire, per lanciare qualche misterioso segnale a coloro che poi dovranno ospitare San Germano di corte in corte, come esperto in tinture... Credo che in futuro cercherà di far credere di aver scritto lui le opere di William. Come tutto diventa evidente, guardando dal buio di una segreta!

 

Where Art Thou, Muse, That Thou Forget'st So Long? Mi sento stanco, malato. William si attende da me nuovo materiale per le sue cialtronesche clowneries là al Globe.

Soapes sta scrivendo. Guardo al di sopra delle sue spalle. Sta tracciando un messaggio incomprensibile: Riwerrun, past Eve and Adam's... Nasconde il foglio, mi guarda, mi vede più pallido di uno Spettro, legge nei miei occhi la Morte. Mi sussurra: - Riposa. Non temere. Scriverò io per te.

E così sta facendo, maschera di una maschera. Io lentamente mi spengo, ed egli mi sottrae anche l'ultima luce, quella dell'oscurità.
74

Benché la volontà sia buona, tuttavia il suo spirito e le sue profezie paiono essere evidenti illusioni del demonio... Esse sono in grado di ingannare molte persone curiose e di causare gran danno e scandalo alla chiesa di Dio Nostro Signore.

 

(Parere su Guglielmo Postel inviato a Ignazio di Loyola dai padri gesuiti Salmeron, Lhoost e Ugoletto, 10 maggio 1545)

 

Belbo ci raccontò con distacco quanto aveva immaginato, senza leggerci le sue pagine, ed eliminando i riferimenti personali. Ci diede anzi a credere che Abulafia gli avesse fornito le combinazioni. Che Bacone fosse l'autore dei manifesti Rosa-Croce l'avevo già trovato detto da qualche parte. Ma un accenno mi colpì: che Bacone fosse visconte di Sant'Albano.

Qualcosa mi ronzava per il capo, qualcosa che aveva a che fare con la mia vecchia tesi. Passai la notte seguente a rovistare tra le mie schede.

"Signori," dissi il mattino dopo con qualche solennità ai miei complici, "non possiamo inventare connessioni. Ci sono. Quando nel 1164 san Bernardo lancia l'idea di un concilio a Troyes per legittimare i Templari, tra gli incaricati di organizzare la faccenda c'è il priore di Sant'Albano, che tra l'altro porta il nome del primo martire inglese, evangelizzatore delle isole britanniche, nato appunto a Verulam, che fu feudo di Bacone. Sant'Albano, celta e indubbiamente druida, iniziato come san Bernardo."

"È poco," disse Belbo.

"Aspettate. Questo priore di Sant'Albano è abate di Saint-Martin-des-Champs, l'abbazia dove verrà installato il Conservatoire des Arts et des Métiers!"

Belbo reagì. "Perdio!"

"Non solo," aggiunsi, "ma il Conservatoire fu pensato come omaggio a Bacone. Il 25 brumaio dell'anno III la Convenzione autorizza il suo Comité d'Instruction Publique a far stampare l'opera omnia di Bacone. E il 18 vendemmiaio dello stesso anno la stessa Convenzione vota una legge per fare costruire una casa delle arti e dei mestieri che avrebbe dovuto riprodurre l'idea della Casa di Salomone di cui parla Bacone nella Nuova Atlantide, come il luogo in cui si sarebbero ammassate tutte le invenzioni tecniche dell'umanità."

"E allora?" chiese Diotallevi.

"È che al Conservatoire c'è il Pendolo," disse Belbo. E dalla reazione di Diotallevi compresi che Belbo lo aveva messo a parte delle sue riflessioni sul pendolo di Foucault.

"Andiamo adagio," dissi. "Il pendolo viene inventato e installato nel secolo scorso. Per ora trascuriamolo."

"Trascuriamolo?" disse Belbo. "Ma non avete mai dato uno sguardo alla Monade Geroglifica di John Dee, il talismano che dovrebbe concentrare tutta la sapienza dell'universo? Non sembra un pendolo?"

"Va bene," dissi, "ammettiamo che possiamo stabilire un rapporto tra i due fatti. Ma come si passa da Sant'Albano al Pendolo?"

Lo seppi nel giro di pochi giorni.

"Dunque, il priore di Sant'Albano è abate di Saint-Martin-des-Champs, che quindi diventa un centro filo-templare. Bacone, per via del suo feudo, stabilisce un contatto iniziatico coi druidi seguaci di sant'Albano. Ora ascoltate: mentre Bacone inizia la sua carriera in Inghilterra, finisce la propria in Francia Guillaume Postel."

(Avvertii un'impercettibile contrazione sul volto di Belbo, mi ricordai del dialogo alla mostra di Riccardo, Postel gli evocava chi gli aveva sottratto idealmente Lorenza. Ma fu cosa di un istante.)

"Postel studia l'ebraico, cerca di mostrare che è la matrice comune di tutte le lingue, traduce lo Zohar e il Bahir, ha contatti coi cabalisti, lancia un progetto di pace universale affine a quello dei gruppi rosacrociani tedeschi, cerca di convincere il re di Francia a un'alleanza col sultano, visita Grecia, Siria, Asia Minore, studia l'arabo, in una parola riproduce l'itinerario di Christian Rosencreutz. E non a caso firma alcuni scritti col nome di Rosispergius, colui che sparge la rugiada. E Gassendi nel suo Examen Philosophiae Fluddanae dice che Rosencreutz non viene da rosa ma da ros, rugiada. In un suo manoscritto parla di un segreto da custodire sino a che non vengano i tempi e dice: `Perché le perle non siano gettate ai porci.' E sapete dove appare questa citazione evangelica? Nel frontespizio delle Nozze Chimiche. E padre Marino Mersenne, nel denunciare il rosacrociano Fludd, dice che è della stessa pasta di quell'atheus magnus che è Postel. D'altra parte pare che Dee e Postel si siano incontrati nel 1550, e magari non sapevano ancora, e non avrebbero potuto sapere sino a trent'anni dopo, che erano loro due i gran maestri del Piano destinati a incontrarsi nel 1584. Ora Postel dichiara, udite udite, che in quanto discendente diretto del figlio maggiore di Noè, e visto che Noè è il fondatore della stirpe celtica e quindi della civiltà dei druidi, il re di Francia è l'unico legittimo pretendente al titolo di Re del Mondo. Proprio così, il Re del Mondo di Agarttha, ma lo dice tre secoli prima. Lasciamo stare il fatto che s'innamora di una vecchiaccia, Joanna, e la considera la Sophia divina, l'uomo non doveva avere tutte le rotelle a posto. Badiamo bene che aveva dei nemici potenti, lo hanno definito cane, mostro esecrabile, cloaca di tutte le eresie, posseduto da una legione di demoni. Tuttavia, anche con lo scandalo di Joanna, l'Inquisizione non lo considera eretico, bensì amens, diciamo un poco tocco. Cioè, non si osa distruggere l'uomo perché si sa che è il portavoce di un qualche gruppo abbastanza potente.


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