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Il pendolo di Foucault 33 страница

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"Ma a quale segreto allude il serpente?"

"Alle correnti telluriche. Ma a quelle vere."

"Ma che cosa sono le vere correnti telluriche?"

"Una grande metafora cosmologica, e alludono al serpente." Al diavolo Agliè, mi dissi. Io ne so di più.

 

Rilessi i miei appunti a Belbo e Diotallevi, e non avemmo più dubbi. Eravamo finalmente in grado di provvedere ai Templari un dignitoso segreto. Era la soluzione più economica, più elegante, e andavano a posto tutti i pezzi del nostro puzzle millenario.

Dunque, i celti sapevano delle correnti telluriche: ne avevano appreso dagli atlantidi, quando i superstiti del continente sommerso erano emigrati parte in Egitto e parte in Bretagna.

Gli atlantidi a loro volta avevano appreso tutto da quei nostri progenitori che si erano spinti da Avalon, attraverso il continente di Mu, sino al deserto centrale dell'Australia – quando tutti i continenti erano un unico nucleo percorribile, la meravigliosa Pangèa. Basterebbe saper leggere ancora (come sanno gli aborigeni, che però tacciono) il misterioso alfabeto inciso sul grande masso di Ayers Rock, per avere la Spiegazione. Ayers Rock è l'antipode del grande monte (ignoto) che è il Polo, quello vero, il Polo iniziatico, non quello dove arriva qualsiasi esploratore borghese. Come al solito, e com'è evidente a chi non abbia gli occhi abbacinati dal falso sapere della scienza occidentale, il Polo che si vede è quello che non c'è, e quello che c'è è quello che nessuno sa vedere, salvo qualche adepto, che ha le labbra sigillate.

I celti però credevano che bastasse scoprire la pianta globale delle correnti. Ecco perché erigevano megaliti: i menhir erano apparati radioestesici, come degli spinotti, delle prese elettriche infitte nei punti dove le correnti si diramavano in diverse direzioni. I leys segnavano il percorso di una corrente già individuata. I dolmen erano camere di condensazione dell'energia dove i druidi con artifici geomantici cercavano di estrapolare íl disegno globale, i cromlech e Stonehenge erano osservatori micro-macrocosmici da dove ci si affannava a indovinare, attraverso l'ordine delle costellazioni, l'ordine delle correnti – perché, come vuole la Tabula Smaragdina, ciò che sta sopra è isomorfo a ciò che sta sotto.

Ma il problema non era quello, o almeno non era solo quello. Lo aveva capito l'altra ala dell'emigrazione atlantidea. Le conoscenze occulte degli egizi erano passate da Ermete Trismegisto a Mosè, il quale si era guardato bene dal comunicarle ai suoi straccioni col gozzo ancora pieno di manna – ai quali aveva offerto i dieci comandamenti, che quelli almeno li potevano capire. La verità, che è aristocratica, Mosè l'aveva messa in cifra nel Pentateuco. Questo avevano capito i cabalisti.

"Pensate," dicevo io, "tutto era già scritto come in un libro aperto nelle misure del Tempio di Salomone, e i custodi del segreto erano i Rosa-Croce che costituivano la Grande Fraternità Bianca, ovvero gli esseni, i quali come è noto mettono a parte Gesù dei loro segreti, ed ecco il motivo, altrimenti incomprensibile, per cui Gesù viene crocifisso..."

"Certo, la passione di Cristo è un'allegoria, un annuncio del processo dei Templari."

"Infatti. E Giuseppe d'Arimatea porta o riporta il segreto di Gesù nel paese dei celti. Ma evidentemente il segreto è ancora incompleto, i druidi cristiani ne conoscono solo un frammento, ed ecco il significato esoterico del Graal: c'è qualcosa, ma non sappiamo che cosa sia. Che cosa dovesse essere, che cosa il Tempio già dicesse per esteso, lo sospetta solo un nucleo di rabbini rimasto in Palestina. Essi lo confidano alle sette iniziatiche musulmane, ai sufi, agli ismailiti, ai motocallemiri. E da costoro lo apprendono i Templari."

"Finalmente i Templari. Ero preoccupato."

Davamo colpi di pollice al Piano che, come creta molle, ubbidiva ai nostri voleri fabulatori. I Templari avevano scoperto il segreto durante quelle notti insonni, abbracciati al loro compagno di sella, nel deserto dove soffiava inesorabile il simun. Lo avevano strappato a brano a brano a coloro che conoscevano i poteri di concentrazione cosmica della Pietra Nera della Mecca, retaggio dei magi babilonesi – perché era chiaro a questo punto che la Torre di Babele altro non era stata che il tentativo, ahimè troppo affrettato e giustamente fallito per la superbia dei suoi progettisti, di costruire il menhir più potente di tutti, salvo che gli architetti babilonesi avevano fatto male i conti perché, come aveva dimostrato padre Kircher, se la torre avesse raggiunto il suo culmine, per il peso eccessivo avrebbe fatto ruotare di novanta gradi e forse più l'asse terrestre, e il nostro povero globo si sarebbe trovato, anziché con una corona itifallica che puntava erettile verso l'alto, con un'appendice sterile, una mentula afflosciata, una coda scimmiesca, che sballonzolava verso il basso, una Shekinah perduta negli abissi vertiginosi di un Malkut antartico, flaccido geroglifico per pinguini.

"Ma insomma, qual è il segreto scoperto dai Templari?"

"Calma, ci arriviamo. Ci sono voluti sette giorni per fare il mondo. Proviamo."

 


La Terra è un corpo magnetico: di fatto, come alcuni scienziati hanno scoperto, è un unico grande magnete, come Paracelso ha affermato circa trecento anni fa.

 

(H.P. Blavatsky, lsis Unveiled, New York, Bouton, 1877, I, p. XXIII)

 

Provammo, e ci arrivammo. La terra è un grande magnete e la forza e direzione delle sue correnti sono determinate anche dall'influenza delle sfere celesti, dai cicli stagionali, dalla precessione degli equinozi, dai cosmici. Per questo il sistema delle correnti è mutevole. Ma deve muoversi come i capelli, che per quanto crescano su tutta la calotta cranica, sembrano originarsi a spirale da un punto posto sulla nuca, là dove proprio sono più ribelli al pettine. Identificato quel punto, posta in quel punto la stazione più potente, si sarebbero potuti dominare, dirigere, comandare tutti i flussi tellurici del pianeta. I Templari avevano capito che segreto non consisteva soltanto nell'avere la mappa globale, ma nel conoscere il punto critico, l'Omphalos, l'Umbilicus Telluris, il Centro del Mondo, l'Origine del Comando.

Tutta l'affabulazione alchemica, la discesa ctonia dell'opera al nero, la artica elettrica dell'opera al bianco, non erano che simboli, trasparenti per gli iniziati, di questa auscultazione centenaria il cui risultato finale sarebbe dovuto essere l'opera al rosso, la conoscenza globale, il dominio folgorante del sistema planetario delle correnti. Il segreto, il vero segreto alchemico e templare stava nell'identificare la Scaturigine di quel moto interno, dolce, tremendo e regolare come il palpitare del serpente Kundalini, ancora ignoto in molti suoi aspetti, ma certo preciso come un orologio, dell'unica, vera Pietra che mai fosse caduta in esilio dal cielo, la Gran Madre Terra.

Quello d'altra parte voleva capire Filippo il Bello. Di qui la maliziosa sistenza degli inquisitori sul misterioso bacio in posteriori parte spine dorsi. Volevano il segreto di Kundalini. Altro che sodomia.

 

"Tutto perfetto," diceva Diotallevi. "Ma quando poi sai dirigere le correnti telluriche, che ci fai? La birra?"

"Ma andiamo," dicevo, "non cogliete il senso della scoperta? Fissate all'Ombelico Tellurico lo spinotto più potente.. Possedere quella stazione vi dà modo di prevedere piogge e siccità, di scatenare uragani, maremoti, terremoti, di spaccare i continenti, di inabissare le isole (certamente Atlantide è scomparsa per un esperimento avventato), di far lievitare le foreste e le montagne... Vi rendete conto? Altro che la bomba atomica, che fa male anche a chi la tira. Tu dalla tua torre di comando telefoni, che so, al presidente degli Stati Uniti e gli dici: entro domani voglio i fantastilione di dollari, oppure l'indipendenza dell'America Latina, o le Hawaii, o la distruzione delle tue riserve nucleari, altrimenti la falda della California si apre definitivamente e Las Vegas diventa una bisca galleggiante..."

"Ma Las Vegas è nel Nevada..."

"E che importa, controllando le correnti telluriche tu stacchi anche il Nevada, anche il Colorado. E poi telefoni al Soviet Supremo e gli dici amici miei, entro lunedì voglio tutto il caviale del Volga, e la Siberia per farci un magazzino di surgelati, altrimenti ti risucchio gli Urali, ti faccio tracimare il Caspio, ti mando la Lituania e l'Estonia alla deriva e te le faccio sprofondare nella Fossa delle Filippine."

"È vero," diceva Diotallevi. "Un potere immenso. Riscrivere la terra come la Torah. Spostare il Giappone nel Golfo di Panama."

"Panico a Wall Street."

"Altro che scudo spaziale. Altro che tramutare i metalli in oro. Dirigi la scarica giusta, metti in orgasmo le viscere della terra, gli fai fare in dieci secondi quello che ha fatto in miliardi di anni, e tutta la Ruhr ti diventa un giacimento di diamanti. Eliphas Levi diceva che la conoscenza delle maree fluidiche e delle correnti universali rappresenta il segreto dell'onnipotenza umana."

"Dev'essere così," diceva Belbo, "è come trasformare la terra intera in una camera orgonica. È ovvio, Reich era certamente un Templare."

"Tutti lo erano, meno noi. Meno male che ce ne siamo accorti. Ora li battiamo sul tempo."

 

Infatti che cosa aveva fermato i Templari una volta colto il segreto? Dovevano sfruttarlo. Ma tra il sapere e il saper fare, ce ne corre. Per intanto, istruiti dal diabolico san Bernardo, i Templari avevano sostituito ai menhir, poveri spinotti celtici, le cattedrali gotiche, ben più sensibili e potenti, con le loro cripte sotterranee abitate dalle vergini nere, in diretto contatto con le falde radioattive, e avevano coperto l'Europa di un reticolo di stazioni ricetrasmíttenti che si comunicavano a vicenda le potenze e le direzioni dei fluidi, gli umori e le tensioni delle correnti.

"Io dico che hanno individuato le miniere d'argento nel Nuovo Mondo, hanno provocato delle eruzioni, poi controllando la Corrente del Golfo hanno fatto defluire il minerale sulle coste portoghesi. Tomar era il centro di smistamento, la Foresta d'Oriente il granaio principale. Ecco l'origine delle loro ricchezze. Ma erano briciole. Essi hanno capito che per sfruttare appieno il loro segreto avrebbero dovuto attendere uno sviluppo tecnologico che richiedeva almeno seicento anni."

Dunque i Templari avevano organizzato il Piano in modo che solo i loro successori, nel momento in cui fossero in grado di usare bene quello che sapevano, scoprissero dove si trovava l'Umbilicus Telluris. Ma come avevano distribuito i frammenti della rivelazione ai trentasei sparsi per il mondo? Erano tante parti di uno stesso messaggio? Ma ci vuole un messaggio tanto complesso per dire che l'Umbilicus è, metti, a Baden Baden, a Cuneo, a Chattanooga?

Una carta? Ma una carta ha un segno sul punto dell'Umbilicus. E chi ha in mano il frammento col segno sa già tutto e non ha bisogno degli altri frammenti. No, la cosa doveva essere più complicata. Ci arrovellammo per qualche giorno sino a che Belbo non decise di ricorrere ad Abulafia. E il responso fu:

 

Guglielmo Postel muore nel 1581.

Bacone è visconte di Sant'Albano.

Al Conservatoire c'è il Pendolo di Foucault.

 

Era giunto il momento di trovare una funzione al Pendolo.

 

Fui in grado di proporre entro pochi giorni una soluzione piuttosto elegante. Un diabolico ci aveva proposto un testo sul segreto ermetico delle cattedrali. Secondo il nostro autore i costruttori di Chartres un giorno avevano lasciato un filo a piombo appeso a una chiave di volta, — e ne avevano facilmente dedotta la rotazione della terra. Ecco il perché del processo a Galileo, aveva osservato Diotallevi, la chiesa aveva subodorato in lui il Templare — no, aveva detto Belbo, i cardinali che avevano condannato Galileo erano adepti templari infiltrati a Roma, che si erano affrettati a chiudere la bocca al maledetto toscano, Templare traditore che stava per spifferare tutto, per vanità, con quattrocento anni di anticipo sulla data di scadenza del Piano.

In ogni caso questa scoperta spiegava perché sotto il Pendolo quei maestri muratori avevano tracciato un labirinto, immagine stilizzata del sistema delle correnti sotterranee. Cercammo un'immagine del labirinto di Chartres: un orologio solare, una rosa dei venti, un sistema venoso, una traccia bavosa dei movimenti sonnacchiosi del Serpente. Una carta globale delle correnti.

"Bene, poniamo che i Templari si servissero del Pendolo per indicare 1'Umbilicus. Invece del labirinto, che è pur sempre uno schema astratto, sul pavimento metti una carta del mondo e dici, poniamo, che il punto segnato dal becco del Pendolo a una data ora è quello dove sta l'Umbilicus. Ma dove?"

"Il luogo è fuori questione: è Saint-Martin-des-Champs, il Refuge."

"Sì," sottilizzava Belbo, "ma poniamo che a mezzanotte il Pendolo oscilli lungo un asse — dico a caso — Copenhagen-Capetown. Dove sta 1'Umbilicus, in Danimarca o in Sudafrica?"

"Osservazione giusta," dissi. "Ma il nostro diabolico racconta anche che a Chartres c'è una fessura in una vetrata del coro e che a una data ora del giorno un raggio di sole penetra dalla fessura e va a illuminare sempre lo stesso punto, sempre la stessa pietra del pavimento. Non ricordo quale conclusione se ne tragga,, ma in ogni caso si tratta di un gran segreto. Ecco il meccanismo. Nel coro di Saint-Martin c'è una finestra con una scrostatura nel punto in cui due vetri colorati o smerigliati sono assicurati dai piombi di riunione. È stata calcolata a puntino, e probabilmente da seicento anni c'è qualcuno che si dà la pena di mantenerla in forma. Al sorgere del sole di un determinato giorno dell'anno..."

"... che non può essere che l'alba del 24 giugno, giorno di san Giovanni, festa del solstizio d'estate..."

"... ecco, in quel giorno e a quell'ora, il primo raggio di sole che penetra dalla finestra batte sul Pendolo e là dove il Pendolo sta nel momento che viene colpito dal raggio di sole, in quel preciso punto della mappa c'è 1'Umbilicus!"

"Perfetto," disse Belbo. "Ma se è nuvolo?"

"Si aspetta l'anno successivo."

 

"Scusate," disse Belbo. "L'ultimo incontro è a Gerusalemme. Non sarà al sommo della cupola della Moschea di Omar che dovrebbe essere appeso il Pendolo?"

"No," lo convinsi. "In certi punti del globo il Pendolo compie il proprio ciclo in 36 ore, al Polo Nord ci metterebbe 24 ore, all'equatore il piano di oscillazione non varierebbe mai. Dunque il luogo conta. Se i Templari hanno fatto la loro scoperta a Saint-Martin, il loro calcolo vale solo per Parigi, perché in Palestina il Pendolo segnerebbe una curva diversa."

"E chi ci dice che abbiano fatto la scoperta a Saint-Martin?"

"Il fatto che hanno eletto Saint-Martin a loro Rifugio, che dal priore di Sant'Albano, a Postel, alla Convenzione, lo abbiano tenuto sotto controllo, che dopo i primi esperimenti di Foucault abbiano fatto porre il Pendolo laggiù. Ci sono troppi indizi.»

"Ma l'ultimo incontro è a Gerusalemme."

"Ebbene? A Gerusalemme si ricompone il messaggio, e non è cosa da pochi minuti. Poi ci si prepara per un anno, e il 23 giugno seguente tutti e sei i gruppi si incontrano a Parigi, per sapere finalmente dove sia l'Umbilicus, e poi mettersi al lavoro per conquistare il mondo."

'Però," insistette Belbo, "c'è un'altra cosa che non mi torna. Che la rivelazione finale riguardasse l'Umbilicus, lo sapevano tutti i trentasei. Il Pendolo era già usato nelle cattedrali e quindi non era un segreto. Che cosa ci voleva a Bacone o a Postel o a Foucault stesso — perché certa-mente se ha montato la manfrina del Pendolo è perché faceva parte della cricca anche lui — che cosa ci voleva, dico, santiddio, a mettere una mappa del mondo sul pavimento e a orientarla secondo i punti cardinali? Siamo fuori strada."

"Non siamo fuori strada," dissi. "Il messaggio dice una cosa che nessuno poteva sapere: quale mappa usare!"


83

Una mappa non è il territorio.

 

(Alfred Korzybski, Science and sanity, 1933; 4° ed., The International Non-Aristotelian Library, 1958, u, 4, p. 58)

 

"Avrete presente la situazione della cartografia al tempo dei Templari," dicevo. "In quel secolo circolano mappe arabe, che tra l'altro pongono l'Africa in alto e l'Europa in basso, mappe di navigatori, tutto sommato abbastanza precise, e mappe di tre o quattrocento anni prima, che nelle scuole venivano prese ancora per buone. Notate che per rivelare dove stia l'Umbilicus non si ha bisogno di una mappa precisa, nel senso che diamo noi al termine. Basta che sia una mappa che abbia questa caratteristica: una volta orientata, mostra l'Umbilicus nel punto in cui il Pendolo si illumina all'alba del 24 giugno. Ora state attenti: poniamo, per pura ipotesi, che l'Umbilicus sia a Gerusalemme. Sulle nostre carte moderne, Gerusalemme sta in un certo posto, e anche oggi dipende dal tipo di proiezione. Ma i Templari disponevano di una mappa fatta chissà come. Ebbene, che importava a loro? Non è il Pendolo che è in funzione della mappa, è la mappa che è in funzione del Pendolo. Mi seguite? Poteva essere la mappa più insensata del mondo, purché una volta posta sotto il Pendolo, il raggio di sole fatidico dell'alba del 24 giugno identificasse il punto dove lì, su quella mappa, e non su altre, appariva Gerusalemme."

"Ma questo non risolve il nostro problema," disse Diotallevi.

"Certo che no, e neppure quello dei trentasei invisibili. Perché se non individui la mappa giusta, niente. Proviamo a pensare a una mappa orientata in modo canonico con l'est in direzione dell'abside e l'ovest verso la navata, perché così sono orientate le chiese. Ora facciamo un'ipotesi qualsiasi, e dico a caso: che in quell'alba fatale il Pendolo debba trovarsi su una zona vagamente a est, quasi ai limiti del quadrante sud-est. Se si trattasse di un orologio, diremmo che il Pendolo deve segnare le cinque e venticinque. Va bene? Ora state a vedere."

Andai a cercare una storia della cartografia.

"Ecco, numero uno, una mappa del XII secolo. Riprende la struttura delle mappe a T, in alto c'è l'Asia con il Paradiso Terrestre, a sinistra l'Europa, a destra l'Africa, e qui oltre l'Africa ci hanno messo anche gli Antipodi. Numero due, una mappa ispirata al Somnium Scipionis di Macrobio, ma che sopravvive in varie redazioni sino al sedicesimo secolo. L'Africa è un po' stretta, ma pazienza. Ora attenti, orientate le due mappe nello stesso modo e vi accorgete che sulla prima le cinque e venticinque corrispondono all'Arabia, e sulla seconda alla Nuova Zelanda, visto che in questo punto ci sono gli Antipodi. Puoi sapere tutto sul Pendolo, ma se non sai che mappa usare sei perduto. Il messaggio conteneva istruzioni, cifratissime, su dove trovare la mappa giusta, magari disegnata all'uopo. Il messaggio diceva dove si doveva cercare la mappa, in che manoscritto, in quale biblioteca, abbazia, castello. E potrebbe persino darsi che Dee o Bacone o chi altri avessero anche ricostruito il messaggio, chi lo sa, il messaggio diceva la mappa è al posto tale, ma nel frattempo, con tutto quello che era successo in Europa, l'abbazia che lo conteneva era bruciata, o la mappa era stata rubata, occultata chissà dove. Forse c'è qualcuno che ha la mappa, ma non sa a che cosa serve, o sa che serve a qualcosa ma non sa esattamente a cosa, e gira per il mondo a cercare un acquirente. Pensate, tutto un circolare di offerte, false piste, messaggi che dicevano altro e venivano letti come se parlassero della mappa, e messaggi che parlano della mappa e vengono letti come se alludessero, che so, alla produzione dell'oro. E probabilmente alcuni stanno cercando di ricostruire direttamente la mappa su basi congetturali."

"Che tipo di congetture?"

"Per esempio corrispondenze micro-macrocosmiche. Ecco qui un'altra mappa. Sapete da dove viene? Appare nel secondo trattato della Utriusque Cosmi Historia di Robert Fludd. Fludd è l'uomo dei Rosa-Croce a Londra, non dimentichiamolo. Ora che cosa fa il nostro Roberto de Fluctibus, come amava farsi chiamare? Non presenta più una mappa ma una strana proiezione del globo intero dal punto di vista del Polo, del Polo mistico naturalmente, e dunque dal punto di vista di un Pendolo ideale appeso a una chiave di volta ideale. Questa è una carta concepiti per essere messa sotto un Pendolo! Sono evidenze inconfutabili, com'è potuto accadere che nessuno ci abbia ancora pensato..."

"è che i diabolici sono lenti, lenti," diceva Belbo.

" è che noi siamo gli unici degni eredi dei Templari. Ma lasciatemi proseguire: avete riconosciuto lo schema, è una rotula mobile, come quelle che usava Tritemio per i suoi messaggi cifrati. Questa non è una mappa. È un progetto di macchina per tentare delle variazioni, per produrre mappe alternative, sino a che non si trovi quella giusta! E Fludd lo dice, nella didascalia: questo è l'abbozzo di un instrumentum, bisogna ancora lavorarci sopra."

"Ma Fludd non era quello che si ostinava a negare la rotazione della terra? Come poteva pensare al Pendolo?"

"Abbiamo a che fare con degli iniziati. Un iniziato nega quello che sa, nega di saperlo, mente per coprire un segreto."

"Questo," diceva Belbo, "spiegherebbe perché già Dee si dava tanto da fare con quei cartografi reali. Non per conoscere la forma ‘vera’ del mondo, ma per ricostruire, tra tutte le mappe sbagliate, l'unica che gli serviva, e dunque l'unica giusta.»

'Non male, non male," diceva Diotallevi. "Trovare la verità ricostruendo esattamente un testo mendace."

 


La principale occupazione di questa Assemblea, e la più utile, deve essere — a mio avviso — quella di lavorare sulla storia naturale seguendo i disegni del Verulamio.

 

(Christian Huygens, Lettera a Colbert, Oeuvres Complètes, La Haye, 1888-1950, vi, pp. 95-96)

 

Le vicissitudini dei sei gruppi non si erano limitate alla ricerca della mappa. Probabilmente i Templari, nelle prime due parti del messaggio, quelle in mano ai portoghesi e agli inglesi, alludevano a un Pendolo, ma le idee sui pendoli erano ancora oscure. Un conto è far ballare un filo a piombo e un conto costruire un meccanismo di precisione tale da venir illuminato dal sole proprio al secondo spaccato. Per questo i Templari avevano calcolato sei secoli. L'ala baconiana si mette al lavoro in quella direzione, e tenta di tirare dalla sua parte tutti gli iniziati che cerca disperatamente di contattare.

Coincidenza non casuale, l'uomo dei Rosa-Croce, Salomon de Caus, scrive per Richelieu un trattato sugli orologi solari. Dopo, da Galileo in avanti è una ricerca forsennata sui pendoli. Il pretesto è come usarli per determinare le longitudini, ma quando nel 1681 Huygens scopre che un pendolo, preciso a Parigi, ritarda in Caienna, capisce subito che questo dipende dalla variazione della forza centrifuga dovuta alla rotazione della Terra. E quando pubblica il suo Horologium, in cui sviluppa le intuizioni galileiane sul pendolo, chi lo chiama a Parigi? Colbert, lo stesso che chiama a Parigi Salomon de Caus per occuparsi del sottosuolo!

Quando nel 1661 l'Accademia del Cimento anticipa le conclusioni di Foucault, Leopoldo di Toscana la scioglie nel giro di cinque anni, e subito dopo riceve da Roma, come occulto guiderdone, un cappello da cardinale.

Ma non bastava. Anche nei secoli successivi la caccia al pendolo continua. Nel 1742 (un anno prima della prima apparizione documentata del conte di San Germano!) un certo De Mairan presenta una memoria sui pendoli alla Académie Royale des Sciences; nel 1756 (quando in Germama nasce la Stretta Osservanza Templare!) un tal Bouger scrive "sur la direction qu'affectent tous les fils à plomb".

Trovavo titoli fantasmagorici, come quello di Jean Baptiste Biot, del 1821: Recueil d'observations géodesiques, astronomiques et physiques, exécutées par ordre du Bureau des Longitudes de France, en Espagne, en France, en Angleterre et en Ecosse, pour déterminer la variation de la pésanteur et des degrès terrestres sur le prolongement du meridien de Paris. In Francia, Spagna, Inghilterra e Scozia! E in rapporto al meridiano di Saint-Martin! E Sir Edward Sabine che nel 1823 pubblica An Account o/ Experiments to Determine the Figure of the Earth by Means o/ the Pendulum Vibrating Seconds in Dif ferent Latitudes? E quel misterioso Graf Feodor Petrovich

Litke, che nel 1836 pubblica i risultati delle sue ricerche sul comportamento del pendolo nel corso di una navigazione intorno al mondo? E per conto dell'Accademia Imperiale delle Scienze di Pietroburgo. Perché anche i russi?

 

E se frattanto un gruppo, certamente di eredità baconiana, avesse deciso di scoprire il segreto delle correnti senza mappa e senza pendolo, interrogando di nuovo, dall'inizio, il respiro del serpente? Ecco che venivano buone le intuizioni di Salon: è più o meno al tempo di Foucault che il mondo industriale, creatura dell'ala baconiana, inizia lo scavo delle reti metropolitane nel cuore delle metropoli europee.

"È vero," diceva Belbo, "l'Ottocento è ossessionato dai sotterranei, Jean Valjean, Fantomas e Javert, Rocambole, tutto un va e vieni tra condotti e cloache. Oddío, ora che ci penso, tutta l'opera di Verne è una rivelazione iniziatica dei misteri del sottosuolo! Viaggio al centro della terra, ventimila leghe sotto i mari, le caverne dell'isola misteriosa, l'immenso regno sotterraneo delle Indie Nere! Occorre ricostruire una pianta dei suoi viaggi straordinari, certamente troveremmo un abbozzo delle volute del Serpente, una carta dei leys ricostruita per ogni continente. Verne esplora dall'alto e dal basso la rete delle correnti telluriche."

Collaboravo. "Come si chiama il protagonista delle Indie Nere? John Garral, quasi un anagramma di Graal."

"Non siamo cervellotici, stiamo coi piedi per terra. Verne lancia segnali ben più espliciti. Robur le Conquérant, R.C. Rosa-Croce. E Robur letto al contrario dà Rubor, il rosso della rosa."
85

Phileas Fogg. Un nome che è una firma: Eas, in greco, ha il senso della globalità (è dunque l'equivalente di pan e di poly) e Phileas è lo stesso che Poliphile. Quanto a Fogg, è la nebbia, in inglese... Senza dubbio Verne appartiene alla Società "Le Brouillard". Egli ha persino avuto la cortesia di precisarci i rapporti tra questa società e la Rosa+Croce, perché infine, che cosa è questo nobile viaggiatore chiamato Phileas Fogg se non un Rosa+Croce?... E poi, non appartiene forse al Reform-Club, le cui iniziali R.C. designano la Rosa+Croce riformatrice? E questo Reform-Club sorge nel Pall-Mall, evocando così una volta di più il Sogno di Polifilo.

 

(Michel Lamy, Jules Verne, initié et initiateur, Paris, Payot, 1984, pp. 237-238)

 

La ricostruzione ci prese giorni e giorni, interrompevamo i nostri lavori per confidarci l'ultima connessione, leggevamo tutto quel che ci capitava sottomano, enciclopedie, giornali, storie a fumetti, cataloghi editoriali, in modo trasversale, alla ricerca di cortocircuiti possibili, ci fermavamo a frugare in tutte le bancarelle, annusavamo nelle edicole, rubavamo a mansalva dai dattiloscritti dei nostri diabolici, ci precipitavamo trionfanti in ufficio buttando sul tavolo l'ultima trouvaille. Mentre rievoco quelle settimane tutta la vicenda mi appare fulminea, frenetica, come in un film di Larry Semon, a scatti e saltelli, con porte che si aprono e si chiudono a velocità supersonica, torte alla crema che volano, fughe per le scale, in avanti e in dietro, scontri di vecchie automobili, crolli di scaffalature in drogheria tra raffiche di scatolette, bottiglie, formaggi molli, schizzi di selz, esplosione di sacchi di farina. E invece, a ricordare gli interstizi, i tempi morti – il resto della vita che si svolgeva intorno a noi – posso rileggere tutto come una storia al rallentatore, col Piano che si formava a passo di ginnastica artistica, come la rotazione lenta del discobolo, le caute oscillazioni del lanciatore del peso, i tempi lunghi del golf, le attese insensate del baseball. In ogni caso, e quale fosse il ritmo, la sorte ci premiava, perché a voler trovare connessioni se ne trovano sempre, dappertutto e tra tutto, il mondo esplode in una rete, in un vortice di parentele e tutto rimanda a tutto, tutto spiega tutto...


Дата добавления: 2015-12-01; просмотров: 43 | Нарушение авторских прав



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