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Il pendolo di Foucault 27 страница

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"Sì, mamma."

"Certo che sì. E adesso passiamo ai numeri magici che piacciono tanto ai tuoi autori. Uno sei tu che non sei due, uno è quel tuo affanno lì; una è la mia affarina qui e uni sono il naso e il cuore e quindi vedi quante cose importanti sono uno. E due sono gli occhi, le orecchie, le narici, i miei seni e le tue palle, le gambe, le braccia e le natiche. Tre è più magico di tutti perché il nostro corpo non lo conosce, non abbiamo nulla che sia tre cose, e dovrebbe essere un numero misteriosissimo che attribuiamo a Dio, in qualunque posto viviamo. Ma se ci pensi, io ho una sola cosina e tu hai un solo cosino — sta' zitto e non fare dello spirito — e se mettiamo questi due cosini insieme viene fuori un nuovo cosino e diventiamo tre. Ma allora ci vuole un professore universitario per scoprire che tutti i popoli hanno strutture ternarie, trinità e cose del genere? Ma le religioni non le facevano mica col computer, era tutta gente per bene, che scopava come si deve, e tutte le strutture trinitarie non sono un mistero, sono il racconto di quel che fai tu, di quel che facevano loro. Ma due braccia e due gambe fanno quattro, ed ecco che quattro è lo stesso un bel numero, specie se pensi che gli animali hanno quattro zampe e a quattro zampe vanno i bambini piccoli, come sapeva la Sfinge. Cinque non parliamone, sono le dita della mano, e con due mani hai quell'altro numero sacro che è dieci, e per forza sono dieci persino i comandamenti, altrimenti se fossero dodici quando il prete dice uno, due, tre e mostra le dita, arrivato agli ultimi due deve farsi prestar la mano dal sacrestano. Adesso prendi il corpo e conta tutte le cose che spuntano dal tronco, con braccia, gambe, testa e pene sono sei, ma per la donna sette, per questo mi pare che tra i tuoi autori il sei non sia mai stato preso sul serio se non come doppio di tre, perché funziona solo per i maschi, i quali non hanno nessun sette, e quando comandano loro preferiscono vederlo come numero sacro, dimenticando che anche le mie tette spuntano in fuori, ma pazienza. Otto — mio dio, non abbiamo nessun otto.... no, aspetta, se braccia e gambe non contano per uno, ma per due, per via del gomito e del ginocchio, abbiamo otto grandi ossa lunghe che sballonzolàno in fuori, e prendi queste otto più il tronco e hai nove, che se poi ci metti la testa fa dieci. Ma sempre girando intorno al corpo ne cavi fuori tutti i numeri che vuoi, pensa ai buchi."

"I buchi?"

"Sì, quanti buchi ha il tuo corpo?"

"Be'," mi contavo. "Occhi narici orecchie bocca culo, fa otto."

"Vedi? Un'altra ragione per cui otto è un bel numero. Ma io ne ho nove! E col nono ti faccio venire al mondo, ed ecco perché nove è più divino di otto! Ma vuoi la spiegazione di altre figure ricorrenti? Vuoi l'anatomia dei tuoi menhir, che i tuoi autori ne parlano sempre? Si sta in piedi di giorno e sdraiati di notte — anche il tuo cosino, no, non dirmi cosa fa di notte, il fatto è che lavora diritto e si riposa sdraiato. E quindi la stazione verticale è vita, ed è in rapporto col sole, e gli obelischi si rizzano in su come gli alberi, mentre la stazione orizzontale e la notte sono sonno e quindi morte, e tutti adorano menhir, piramidi, colonne e nessuno adora balconi e balaustrate. Hai mai sentito parlare di un culto arcaico della ringhiera sacra? Vedi? E anche perché il corpo non te lo permette, se adori una pietra verticale, anche se siete in tanti la vedete tutti, se invece adori una cosa orizzontale la vedono solo quelli in prima fila e gli altri spingono dicendo anch'io anch'io e non è un bello spettacolo per una cerimonia magica..."

"Ma i fiumi..."

"I fiumi non è perché sono orizzontali, ma perché c'è dentro l'acqua, e non vorrai che ti spieghi il rapporto tra acqua e corpo... Oh insomma, siamo fatti così, con questo corpo, tutti, e per questo elaboriamo gli stessi simboli a milioni di chilometri di distanza e per forza tutto si assomiglia, e allora vedi che le persone con sale nella testa se vedono il fornello dell'alchimista, tutto chiuso e caldo dentro, pensano alla pancia della mamma che fa il bambino, e solo i tuoi diabolici vedono la Madonna che sta per fare il bambino e pensano che sia un'allusione al fornello dell'alchimista. Così hanno passato migliaia di anni a cercare un messaggio, e tutto era già lì, bastava si guardassero allo specchio."

"Tu mi dici sempre la verità. Tu sei il mio Me, che poi è il mio Sé visto da Te. Voglio scoprire tutti i segreti archetipi del corpo." Quella sera inaugurammo l'espressione "fare gli archetipi" per indicare i nostri momenti di tenerezza.

Mentre già mi abbandonavo al sonno, Lía mi toccò una spalla. "Dimenticavo," disse. "Sono incinta."

 

Avrei dovuto ascoltare Lia. Parlava con la saggezza di chi sa dove nasce la vita. Inoltrandoci nei sotterranei di Agarttha, nella piramide di Iside Svelata, eravamo entrati in Geburah, la sefirah del terrore, il momento in cui la collera si fa sentire nel mondo. Non mi ero lasciato sedurre, sia pure per un attimo, dal pensiero di Sophia? Dice Mosè Cordovero che il Femminile è a sinistra, e tutte le sue direzioni sono di Geburah... A meno che il maschio metta in opera queste tendenze per adornare la sua Sposa, e intenerendole le faccia marciare verso il bene. Come a dire che ogni desiderio deve restare entro i propri limiti. Altrimenti Geburah diventa la Severità, l'apparenza oscura, l'universo dei dèmoni.

Disciplinare il desiderio... Così avevo fatto nella tenda de umbanda, avevo suonato l'agogò, avevo preso parte allo spettacolo dalla parte del-l'orchestra, e mi ero sottratto alla trance. E così avevo fatto con Lia, avevo regolato il desiderio nell'omaggio alla Sposa, ed ero stato premiato nel profondo dei miei lombi, la mia semenza era stata benedetta.

Ma non ho saputo perseverare. Stavo per essere sedotto dalla bellezza di Tiferet.

 

 


 

TIFERET
64

Sognare di abitare in una città nuova e sconosciuta significa morire entro breve. Infatti altrove abitano i morti, né si sa dove.

 

(Gerolamo Cardano, Somniorum Synesiorum, Basilea, 1562, 1, 58)

 

Se Geburah è la sefirah del male e della paura, Tiferet è la sefirah della bellezza e dell'armonia. Diceva Diotallevi: è la speculazione illuminante, l'albero di vita, il piacere, l'apparenza porporina. E l'accordo della Regola con la Libertà.

E quell'anno fu per noi l'anno del piacere, del sovvertimento giocoso del gran testo dell'universo, in cui si celebrarono gli sponsali della Tradizione con la Macchina Elettronica. Creavamo, e ne traevamo diletto. Fu l'anno in cui inventammo il Piano.

Almeno per me, sicuramente, fu un anno felice. La gravidanza di Lia stava procedendo serenamente, tra la Garamond e la mia agenzia cominciavo a vivere senza ristrettezze, avevo conservato l'ufficio nel vecchio fabbricato di periferia, ma avevamo ristrutturato l'appartamento di Lia.

La meravigliosa avventura dei metalli era ormai nelle mani dei tipografi e dei correttori. E a quel punto il signor Garamond aveva avuto la sua idea geniale: "Una storia illustrata delle scienze magiche ed ermetiche. Con il materiale che arriva dai diabolici, con le competenze che avete acquisito, con la consulenza di quell'uomo incredibile che è Agliè, in un annetto sarete in grado di mettere insieme un volume grande formato, quattrocento pagine tutte illustrate, tavole a colori da mozzare il fiato. Riciclando parte del materiale iconografico della storia dei metalli."

"Be'," obiettavo, "il materiale è diverso. Che cosa me ne faccio della foto di un ciclotrone?"

"Che cosa se ne fa? Immaginazione, Casaubon, immaginazione! Che cosa avviene in quelle macchine atomiche, in quei positroni megatronici o come si chiamano? La materia si spappola, ci metti groviera e viene fuori quark, buchi neri, uranio centrifugato o che so io! La magia fatta cosa, Hermes et Alchermes – insomma siete voi che dovete darmi la risposta. Qui a sinistra l'incisione di Paracelso, dell'Abracadabra coi suoi lambicchi, su fondo oro, e a destra i quasar, il frullatore di acqua pesante, l'antimateria gravitazionalgalattica, insomma, debbo fare tutto io? Non è il mago quello che non capiva niente e pasticciava con lo spago negli occhi, è lo scienziato che ha carpito i segreti occulti della materia. Scoprire il meraviglioso intorno a noi, far sospettare che a Monte Palomar ne sappian più di quello che dicono..."

Per incoraggiarmi mi aumentò i compensi, in modo quasi sensibile. Mi buttai alla scoperta delle miniature del Liber Solis di Trismosin, del Liber Mutus, dello Pseudo-Lullo. Riempivo i raccoglitori di pentacolí, alberi sefirotici, decani, talismani. Battevo le sale più dimenticate delle biblioteche, acquistavo decine di volumi da quei librai che un tempo vendevano la rivoluzione culturale.

Mi muovevo tra i diabolici con la disinvoltura di uno psichiatra che si affeziona ai suoi pazienti, e trova balsamiche le brezze che spirano dal parco secolare della sua clinica privata. Dopo un poco inizia a scrivere pagine sul delirio, poi pagine di delirio. Non si rende conto che i suoi malati lo hanno sedotto: crede di essere divenuto un artista. Così nacque l'idea del Piano.

Diotallevi stette al gioco perché per lui era preghiera. Quanto a Jacopo Belbo, credetti che si divertisse quanto me. Solo ora capisco che non ne traeva un vero godimento. Vi partecipava come qualcuno si mangia le un ghie.

Ovvero giocava per trovare almeno uno dei falsi indirizzi, o il palcoscenico senza ribalta, di cui parla nel file detto Sogno. Teologie sostitutive per un Angelo che non sarebbe mai arrivato.

 

filename: Sogno

 

Non ricordo se mi è accaduto di sognarne uno dentro l'altro, o se si succedono nel corso della stessa notte, o se semplicemente si alternano.

Cerco una donna, una donna che conosco, con cui ho avuto rapporti intensi, tanto che non riesco a capacitarmi perché li abbia allentati — io, per colpa mia, non facendomi più vedere. Mi pare inconcepibile che abbia lasciato passare tanto tempo. Cerco certamente lei, anzi loro, la donna non è una sola, sono molte, tutte perdute nello stesso modo, per mia ignavia — e sono preso dall'incertezza, e una mi basterebbe, perché questo so, di avere perduto molto perdendole. Di solito non trovo, non ho più, non riesco a decidermi ad aprire l'agenda dove c'è il numero di telefono, e se pure la apro è come se fossi presbite, non riesco a leggere i nomi.

So dove lei stia, ovvero, non so quale sia il luogo, ma so com'è, ho chiara memoria di una scala, di un androne, di un pianerottolo. Non percorro la città per ritrovare il luogo, sono piuttosto preso da una sorta di angoscia, di blocco, continuo ad arrovellarmi sul perché abbia permesso, o voluto, che il rapporto si spegnesse — magari mancando all'ultimo appuntamento. Sono sicuro che lei attende una mia chiamata. Se solo sapessi come si chiama, so benissimo chi è, salvo che non riesco a ricostruirne i tratti.

Talora, nel dormiveglia che segue, contesto il sogno. Cerca di ricordare, conosci e ricordi tutto e con tutto hai chiuso i conti, o non li hai neppure aperti. Non c'è nulla che tu non sappia dove sia. Non c'è nulla.

Rimane il sospetto di aver scordato qualcosa, di averla lasciata tra le pieghe della sollecitudine, come si dimentica una banconota, o un biglietto con un dato prezioso in un marsupio minore dei pantaloni o in una vecchia giacca, e solo a un certo punto ci si rende conto che quella era la cosa più importante, la decisiva, l'unica.

Della città ho un'immagine più chiara. È Parigi, io sono sulla riva sinistra, so che attraversando il fiume mi troverei in una piazza che potrebbe essere place des Vosges... no, più aperta, perché sullo sfondo si erge una sorta di Madeleine. Superando la piazza, girando dietro al tempio, trovo una via (c'è una libreria antiquaria sull'angolo) che piega curvando verso destra, in una serie di vicoli, e sono certamente nel Barrio Gotico di Barcellona. Si potrebbe sfociare su di una strada, molto ampia, piena di luci, ed è su quella strada, e Io ricordo con evidenza eidetica, che sulla destra, in fondo a un vicolo cieco, c'è il Teatro.

È incerto cosa avvenga in quel luogo di delizie, sicuramente qualcosa di leggermente e gaiamente losco, come uno spogliarello (per questo non oso domandare informazioni), di cui so già abbastanza da volervi tornare, pieno di eccitazione. Ma invano, verso Chatam Road le strade si confondono.

Mi sveglio col sapore di questo incontro fallito. Non riesco a rassegnarmi di non sapere che cosa abbia perduto.

Talora sono in una grande casa di campagna. È ampia, ma io so che c'è un'altra ala, e non so più come raggiungerla, come se i passaggi fossero stati murati. E in quell'altra ala vi sono stanze e stanze, io le ho ben viste una volta, è impossibile che me le sia sognate in un altro sogno, con mobili vecchi e incisioni sbiadite, consolle con teatrini ottocenteschi di cartone fustelIato, divani con grandi coperte ricamate, e scaffali con tanti libri, tutte le annate del Giornale Illustrato dei Viaggi e delle Awenture di Terra e di Mare, non è vero che si sono sfasciate per il gran leggere, e la mamma le ha date all'uomo degli stracci. Mi chiedo chi abbia confuso i corridoi e le scale, perché è lì che avrei voluto costruirmi il mio buen retiro, tra quell'odore di rigatteria preziosa.

Perché non posso sognare l'esame di maturità come tutti?
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Era una struttura di sei metri di lato, posta al centro della sala: la superficie era formata da molti cubetti di legno, grandi come dadi, alcuni più grandi degli altri e collegati tra di loro con fili sottili. Su ogni faccia dei cubi era incollato un quadratino di carta, e su quei quadratini erano scritte tutte le parole della loro lingua, in tutte le coniugazioni e declinazioni, ma senza ordine alcuno... Gli allievi a un suo comando afferrarono ciascuno una delle quaranta manovelle di ferro che erano fissate intorno al telaio, e impressero loro un rapido giro, modificando la disposizione delle parole. Il professore ordinò quindi a trentasei allievi di leggere sottovoce le diverse righe, così come apparivano sul telaio e, ove avessero trovato tre o quattro parole consecutive che potessero costituire un frammento di frase, le dettassero a quattro altri studenti...

 

(J. Swift, Gulliver's Travels, III, 5)

 

Credo che nel ricamare sul sogno Belbo, ancora una volta, tornasse al pensiero dell'occasione perduta, e al suo voto di rinuncia, per non aver saputo cogliere — se mai c'era stato — il Momento. Il Piano iniziò perché egli si era rassegnato a costruirsi momenti fittizi.

Gli avevo chiesto non so quale testo, ed egli aveva rovistato sul tavolo, tra una pila di manoscritti posati perigliosamente, e senza alcun criterio di mole e grandezza, gli uni sugli altri. Aveva individuato il testo che cercava e aveva tentato di sfilarlo, facendo rovinare il resto per terra. Le cartelle si erano aperte e í fogli erano sfuggiti ai loro labili raccoglitori.

"Non poteva cominciare sollevando e spostando la prima metà?" chiesi. Fiato sprecato: faceva sempre così.

E rispondeva invariabilmente: "Li raccoglierà Gudrun stasera. Deve avere una missione nella vita, altrimenti perde la propria identità."

Ma quella volta ero personalmente interessato alla salvezza dei manoscritti, perché ormai facevo parte della casa: "Però Gudrun non è capace di ricomporli, metterà i fogli sbagliati nelle carpette sbagliate."

"Se la sentisse Diotallevi esulterebbe. Ne usciranno libri diversi, eclettici, casuali. È nella logica dei diabolici."

"Ma ci troveremmo nella situazione dei cabalisti. Millenni per trovare la combinazione giusta. Lei sostituisce semplicemente Gudrun alla scimmia che batte per l'eternità sulla macchina da scrivere. La differenza è solo nella durata. In termini di evoluzione non avremmo guadagnato nulla. Non c'è un programma che permetta ad Abulafia di fare questo lavoro?"

Intanto era entrato Diotalleví.

"Certo che c'è," aveva detto Belbo, "e in teoria consente l'inserzione di duemila dati. Basta aver voglia di scriverli. Ponga che siano versi di poesie possibili. Il programma le chiede di quanti versi dev'essere lunga la poesia, e lei decide, dieci, venti, cento. Poi il programma trae dall'orologio interno del computer il numero dei secondi, e lo randomizza, in parole povere ne trae una formula di combinazione sempre nuova. Con dieci versi può ottenere migliaia e migliaia di poesie casuali. Ieri ho immesso versi del tipo fremono i tigli freschi, ho le palpebre spesse, se l'aspidistra volesse, la vita ecco ti dono e simili. Ecco alcuni risultati."

 

Conto le notti, suona il sistro... Morte, la tua vittoria

Morte, la tua vittoria...

Se l'aspidistra volesse...

 

Dal cuore d'alba (oh cuore) tu albatros sinistro

(se l'aspidistra volesse...) Morte, la tua vittoria.

Fremono i tigli freschi,

conto le notti, suona il sistro,

l'upupa ormai mi guata. Fremono i tigli freschi.

 

"Ci sono delle ripetizioni, non sono riuscito a evitarle, pare che complichi troppo il programma. Ma anche le ripetizioni hanno un senso poetico."

"Interessante," disse Diotallevi. "Questo mi riconcilia con la tua macchina. Quindi se io ci mettessi dentro tutta la Torah e poi gli dicessi — com'è il termine? — di randomizzare, lei farebbe della vera e propria Temurah e ricombinerebbe í versetti del Libro?"

"Certo, è questione di tempo. Te la cavi in pochi secoli."

Dissi: "Ma se invece ci mette qualche decina di proposizioni prese dalle opere dei diabolici, per esempio che i Templari sono fuggiti in Scozia, o che il Corpus Hermeticum è arrivato a Firenze nel 1460, più qualche connettivo come è evidente che o questo prova che, potremmo ottenere delle sequenze rivelatrici. Poi si colmano i vuoti, o si valutano le ripetizioni come vaticini, insinuazioni e moniti. Al peggio, inventiamo un capitolo inedito della storia della magia."

"Geniale," disse Belbo, "partiamo subito."

"No, sono le sette. Domani."

"Io lo faccio stasera. Mi aiuti soltanto un istante, raccolga da terra una ventina di quei fogli a caso, butti l'occhio sulla prima frase che incontra, e quella diventa un dato."

Mi chinai e raccolsi: "Giuseppe d'Arimatea porta il Graal in Francia."

"Ottimo, segnato. Vada avanti."

"Secondo la tradizione templare, Goffredo di Buglione costituisce a Gerusalemme il Gran Priorato di Sion. Debussy era un Rosa-Croce."

"Scusate," disse Diotallevi, "ma occorre anche inserire qualche dato neutro, per esempio che il koala vive in Australia o che Papin inventa la pentola a pressione."

"Minnie è la fidanzata di Topolino," suggerii.

"Non esageriamo."

"Esageriamo, anzi. Se incominciamo ad ammettere la possibilità che ci sia anche un solo dato, nell'universo, che non rivela qualcosa d'altro, siamo già fuori dal pensiero ermetico."

"È vero. Vada per Minnie. E se permettete, metterei un dato fondamentale: i Templari c'entrano sempre."

"Questo va senza dire," confermò Diotallevi.

 

Continuammo per alcune decine di minuti. Poi era davvero tardi. Ma Belbo ci disse di non preoccuparci. Avrebbe continuato da solo. Gudrun venne a dire che stava chiudendo, Belbo le comunicò che sarebbe rimasto a lavorare e la pregò di raccogliere i fogli per terra. Gudrun emise alcuni suoni che potevano appartenere sia al latino sine flexione come alla lingua cheremis, e che esprimevano sdegno e disappunto in entrambe, segno della parentela universale fra tutte le lingue, discendenti da un unico ceppo adamico. Eseguì, randomizzando meglio di un computer.

 

La mattina dopo, Belbo era raggiante. "Funziona," disse. "Funziona e produce risultati insperati." Ci porse l'output stampato.

 

I Templari c'entrano sempre

Non è vero quel che segue

Gesù è stato crocifisso sotto Ponzio Pilato

Il saggio Ormus fondò in Egitto i Rosa-Croce Ci sono cabalisti in Provenza

Chi si è sposato alla nozze di Cana? Minnie è la fidanzata di Topolino Ne consegue che

Se

I druidi veneravano le vergini nere Allora

Simon Mago identifica la Sophia in una prostituta di Tiro

Chi si è sposato alle nozze di Cana?

I Merovingi si dicono re per diritto divino I Templari c'entrano sempre

 

"Un poco confuso," disse Diotallevi.

"Non sai vedere le connessioni. E non dai la dovuta importanza a quell'interrogativo che ricorre due volte: chi si è sposato alle nozze di Cana? Le ripetizioni sono chiavi magiche. Naturalmente ho integrato, ma integrare la verità è il diritto dell'iniziato. Ecco la mia interpretazione: Gesù non è stato crocifisso, ed è per questo che i Templari rinnegavano il crocifisso. La leggenda di Giuseppe d'Arimatea copre una verità più profonda:

Gesù, non il Graal, sbarca in Francia presso i cabalisti di Provenza. Gesù è la metafora del Re del Mondo, del fondatore reale dei Rosa-Croce. E con chi sbarca Gesù? Con sua moglie. Perché nei Vangeli non si dice chi si è sposato a Cana? Ma perché erano le nozze di Gesù, nozze di cui non si poteva parlare perché erano con una peccatrice pubblica, Maria Maddalena. Ecco perché da allora tutti gli illuminati, da Simon Mago a Postel, vanno a cercare il principio dell'eterno femminino in un bordello. Pertanto Gesù è il fondatore della stirpe reale di Francia."
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Se la nostra ipotesi è esatta, il Santo Graal... era la stirpe e i discendenti di Gesù, il `Sang real' di cui erano guardiani i Templari... Nel contempo il Santo Graal doveva essere, alla lettera, il ricettacolo che aveva ricevuto e contenuto il sangue di Gesù. In altre parole doveva essere il grembo della Maddalena.

 

(M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln, The Holy Blood and the Holy Grail, 1982, London, Cape, xiv)

 

"Be'," disse Diotallevi, "nessuno ti prenderebbe sul serio."

"Al contrario, venderebbe alcune centinaia di migliaia di copie," dissi cupo. "La storia esiste, è stata scritta, con minime variazioni. Si tratta di un libro sul mistero del Graal e sui segreti di Rennes-le-Chàteau. Invece di leggere solo manoscritti dovreste leggere anche quello che esce a stampa presso altri editori."

"Santi Serafini," disse Diotallevi. "Lo avevo detto. Questa macchina dice solo quello che tutti sanno già." E se ne uscì sconsolato.

"Serve invece," disse Belbo piccato. "Mi è venuta un'idea che era già venuta ad altri? E allora? Si chiama poligenesi letteraria. Il signor Garamond direbbe che è la prova che dico la verità. Quei signori debbono averci ragionato su per anni, mentre io ho risolto tutto in una serata."

"Sono con lei, il gioco vale la candela. Ma credo che la regola sia inserire molti dati che non provengono dai diabolici. Il problema non è trovare relazioni occulte fra Debussy e i Templari. Lo fanno tutti. Il problema è trovare relazioni occulte, per esempio, tra la Cabbala e le candele dell'automobile."

Dicevo a caso, ma avevo dato a Belbo uno spunto. Me ne parlò qualche mattina dopo.

 

"Aveva ragione lei. Qualsiasi dato diventa importante se è connesso a un altro. La connessione cambia la prospettiva. Induce a pensare che ogni parvenza del mondo, ogni voce, ogni parola scritta o detta non abbia il senso che appare, ma ci parli di un Segreto. Il criterio è semplice: sospettare, sospettare sempre. Si può leggere in trasparenza anche un cartello di senso vietato."

"Certo. Moralismo cataro. Orrore della riproduzione. Il senso è vietato perché è inganno del Demiurgo. Non è per quella via che si troverà il Cammino."

"Ieri sera mi è capitato tra le mani il manuale per la patente B. Sarà stata la penombra, o quel che lei mi aveva detto, mi ha colto il sospetto che quelle pagine dicessero Qualche Cosa d'Altro. E se l'automobile esistesse solo come metafora della creazione? Ma non bisogna limitarsi all'e-sterno, o all'illusione del cruscotto, bisogna saper vedere ciò che vede solo l'Artefice, quello che sta sotto. Ciò che è sotto è come ciò che è sopra. E l'albero dei sefirot."

"Non me lo dica."

"Non sono io che dico. Esso si dice. Anzitutto l'albero motore è un Albero, come dice la parola stessa. Ebbene, si calcoli il motore di testa, due ruote anteriori, la frizione, il cambio, due giunti, il differenziale e le due ruote posteriori. Dieci articolazioni, come i sefirot."

"Ma le posizioni non coincidono."

"Chi lo ha detto? Diotallevi ci ha spiegato che in certe versioni Tiferet non era la sesta ma l'ottava sefirah, e stava sotto Nezah e Hod. Il mio è l'albero di Belboth, altra tradizione."

"Fiat."

"Ma seguiamo la dialettica dell'Albero. Al sommo il Motore, Omnia Movens, di cui diremo, che è la Sorgente Creativa. Il Motore comunica la sua energia creativa alle due Ruote Sublimi — la Ruota dell'Intelligenza e la Ruota della Sapienza."

"Sì, se la macchina è a trazione anteriore..."

"Il bello dell'albero di Belboth è che sopporta metafisiche alternative. Immagine di un cosmo spirituale con la trazione anteriore, dove il Motore davanti comunica immediatamente i suoi voleri alle Ruote Sublimi, mentre nella versione materialistica è immagine di un cosmo degradato, dove il Movimento viene impresso da un Motore Ultimo alle due Ruote Infime: dal fondo dell'emanazione cosmica si sprigionano le forze basse della materia."

"E con motore e trazione posteriore?"

"Satanico. Coincidenza del Supero e dell'Infimo. Dio si identifica con i moti della materia grossolana posteriore. Dio come aspirazione eternamente frustrata alla divinità. Deve dipendere dalla Rottura dei Vasi."

"Non sarà la Rottura della Marmitta?"

"Questo nei Cosmi Abortiti, dove il fiato venefico degli Arconti si spande nell'Etere Cosmico. Ma non perdiamoci per strada. Dopo il Motore e le due Ruote viene la Frizione, la sefirah della Grazia che stabilisce o interrompe la corrente d'Amore che lega il resto dell'Albero all'Energia Superna. Un Disco, un mandala che accarezza un altro mandala. Di lì lo Scrigno del Mutamento — o del cambio, come dicono i positivisti, che è il principio del Male perché permette all'umana volontà di rallentare o accelerare il processo continuo dell'emanazione. Per questo il cambio automatico costa di più, perché qui è l'Albero stesso che decide secondo l'Equilibrio Sovrano. Poi viene un Giunto, che guarda caso prende il nome da un mago rinascimentale, Cardano, e quindi una Coppia Conica — si noti l'opposizione con la quaterna di Cilindri nel motore — in cui c'è una Corona (Keter Minore) che trasmette il moto alle ruote terrestri. E qui diventa evidente la funzione della sefirah della Differenza, o differenziale, che con maestoso senso della Bellezza distribuisce le forze cosmiche sulle due Ruote della Gloria e della Vittoria, che in un cosmo non abortito (a trazione anteriore) seguono il moto dettato dalle Ruote Sublimi."

"La lettura è coerente. E il cuore del Motore, sede dell'Uno, Corona?"


Дата добавления: 2015-12-01; просмотров: 38 | Нарушение авторских прав



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