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Il pendolo di Foucault 14 страница

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"Cristo," sibilò Amparo, cattiva, "lo sa anche lei che è un modo per tenerli buoni..."

"Non buoni. Capaci ancora di coltivare l'attesa. Senza il senso dell'attesa non c'è neppure il paradiso, non ce l'avete insegnato voi europei?"

"Io sarei l'europea?"

"Non conta il colore della pelle, conta la fede nella Tradizione. Per ridare il senso dell'attesa a un Occidente paralizzato dal benessere, costoro pagano, forse soffrono, ma conoscono ancora il linguaggio degli spiriti della natura, delle arie, delle acque, dei venti..."

"Ci sfruttate ancora una volta."

"Ancora?"

"Sì, lei dovrebbe averlo imparato nell'ottantanove, conte. Quando ci stanchiamo, zac!" E sorridendo come un angelo si era passata la mano tesa, bellissima, sotto la gola. Di Amparo desideravo anche i denti.

"Drammatico," disse Agliè traendo di tasca la sua tabacchiera e carezzandola a mani giunte.

"Dunque mi ha riconosciuto? Ma nell'ottantanove le teste non le han fatte rotolare gli schiavi, bensì quei bravi borghesi che lei dovrebbe detestare. E poi, il conte di San Germano in tanti secoli di teste ne ha viste rotolare tante, e tante ritornare sul collo. Ma ecco che arriva la māe-de-santo, la Ialorixà."

L'incontro con la badessa del terreiro fu calmo, cordiale, popolaresco e colto. Era una grande negra, dal sorriso smagliante. A prima vista la si sarebbe detta una massaia, ma quando incominciammo a parlare capii perché donne del genere potevano dominare la vita culturale di Salvador.

"Ma questi orixàs sono persone o forze?" le chiesi. La māe-de-santo rispose che erano forze, certo, acqua, vento, foglie, arcobaleno. Ma come impedire ai semplici di vederli come guerrieri, donne, santi delle chiese cattoliche? Anche voi, disse, non adorate forse una forza cosmica sotto la forma di tante vergini? L'importante è venerare la forza, l'aspetto deve adeguarsi alle possibilità di comprensione di ciascuno.

Poi ci invitò a uscire nel giardino posteriore, per visitare le cappelle, prima dell'inizio del rito. Nel giardino stavano le case degli orixàs. Uno stuolo di ragazze negre, in costume bahiano, si affollavano gaiamente per gli ultimi preparativi.

Le case degli orixàs erano disposte per il giardino come le cappelle di un Sacro Monte, e mostravano all'esterno l'immagine del santo corrispondente. All'interno stridevano i colori crudi dei fiori, delle statue, dei cibi cotti da poco e offerti agli dei. Bianco per Oxalà, azzurro e rosa per Yemanjà, rosso e bianco per Xangó, giallo e oro per Ogun.... Gli iniziati si inginocchiavano baciando la soglia e toccandosi sulla fronte e dietro l'orecchio.

Ma allora, chiesi, Yemanja è o non è Nostra Signora della Concezione? E Xango è o non è san Gerolamo?

"Non faccia domande imbarazzanti," mi consigliò Agliè. "Nell'umbanda è ancora più complicato. Della linea di Oxalà fanno parte Santo Antonio e i santi Cosma e Damiano. Della linea di Yemanjà fanno parte sirene, ondine, caboclas del mare e dei fiumi, marinai, e stelle guida. Della linea di oriente fan parte indu, medici, scienziati, arabi e marocchini, giapponesi, cinesi, mongoli, egiziani, aztechi, inca, caribi e romani. Della linea di Oxossi fan parte il sole, la luna, il cabocao delle cascate e il cabocao dei neri. Della linea di Ogun fan parte Ogun Beira-Mar, Rompe-Mato, Iara, Megé, Narueé... Insomma, dipende."

"Cristo," disse ancora Amparo.

"Si dice Oxalà," le mormorai sfiorandole l'orecchio. "Stai calma, no pasaràn."

La Ialorixà ci mostrò una serie di maschere che alcuni accoliti stavano portando nel tempio. Erano grandi bautte di paglia, o cappucci, di cui avrebbero dovuto rivestirsi i medium a mano a mano che entravano in trance, preda della divinità. E una forma di pudore, ci disse, in certi terreiro i prediletti danzano a volto nudo, esponendo agli astanti la loro passione. Ma l'iniziato va protetto, rispettato, sottratto alla curiosità dei profani, o di chi comunque non ne possa comprendere l'interno giubilo, e la grazia. Era costume di quel terreiro, ci disse, e perciò non si ammette-vano volentieri gli estranei. Ma forse un giorno, chissà, commentò. Il nostro era solo un arrivederci.

Però non voleva lasciarci andare prima di averci offerto, non dalle corbeille, che dovevano restare integre sino alla fine del rito, ma dalla sua cucina, qualche assaggio delle comidas de santo. Ci portò nel retro del terreiro, e fu un festino policromo di mandioca, pimenta, coco, amendoim, gemgibre, moqueca de siri mole, vatapà, efó, caruru, fagioli neri con farofa, tra un odore molle di spezie africane, sapori tropicali dolciastri e forti, che gustammo con compunzione, sapendo che partecipavamo al cibo degli antichi dei sudanesi. Giustamente, ci disse la Ialorixà, perché ciascuno di noi, senza saperlo, era figlio di un orixà, e spesso si poteva dire di chi. Chiesi arditamente di chi ero figlio. La lalorixà dapprima si schermi, disse che non si poteva stabilire con certezza, poi acconsenti a esaminarmi il palmo della mano, vi passò sopra le dita, mi guardò negli occhi, poi disse: "Sei figlio di Oxalà."

Ne fui fiero. Amparo, ormai distesa; suggerì che si scoprisse di chi era figlio Agliè, ma egli disse che preferiva non saperlo.

 

Tornati a casa Amparo mi disse: "Hai guardato la sua mano? Invece della linea della vita, ha una serie di linee spezzate. Come un ruscello che incontra un sasso e ricomincia a scorrere un metro più in là. La linea di uno che dovrebbe essere morto molte volte.

"Il campione internazionale di metempsicosi in lungo."

"No pasaràn," rise Amparo.
29

Per il semplice fatto che essi cambiano e nascondono il loro nome, che mentono sulla loro età, e che per loro stessa am-missione vengono senza farsi riconoscere, non è vi è logico che possa negare che necessariamente occorre che essi esistano davvero.

(Heinrich Neuhaus, Pia et ultimissima admonestatio de Fratribus Roseae-Crucis, nimirum: an sint? quales sint? unde nomen illud sibi asciverint, Danzica, Schmidlin, 1618 — ed. fr. 1623, p. 5)

 

Diceva Diotallevi che Hesed è la sefirah della grazia e dell'amore, fuoco bianco, vento del sud. L'altra sera nel periscopio pensavo che gli ultimi giorni vissuti a Bahia con Amparo si ponevano sotto quel segno.

Ricordavo – quanto si ricorda, mentre si attende nel buio, per ore e ore – una delle ultime sere. Avevamo i piedi che ci dolevano dal molto camminare per vicoli e piazze, e ci eravamo messi a letto presto, ma senza voglia di dormire. Amparo si era rannicchiata contro il cuscino in posizione fetale, e fingeva di leggere attraverso le ginocchia leggermente divaricate uno dei miei manualetti sull'umbanda. A tratti neghittosamente si stendeva supina, le gambe aperte e il libro sul ventre, e stava ad ascoltare me, che leggevo il libro sui Rosa-Croce e cercavo di coinvolgerla nelle mie scoperte. La sera era dolce ma, come avrebbe scritto Belbo nei suoi files, esausto di letteratura, non spirava un alito di vento. Ci eravamo concessi un buon hotel, dalla finestra si scorgeva il mare e dal vano cucina ancora illuminato mi confortava un cesto di frutti tropicali acquistati quella mattina al mercato.

"Dice che nel 1614 appare in Germania uno scritto anonimo Allgemeine und general Reformation, ovvero Riforma generale e comune dell'universo intero, seguito dalla Fama Fraternitatis dell'Onorevole Confraternita della Rosa-Croce, indirizzato a tutti i sapienti e i sovrani d'Europa, insieme a una breve risposta del Signor Haselmeyer che per questo motivo è stato gettato in carcere dai Gesuiti e messo ai ferri su una galera. Ora dato alle stampe e reso noto a tutti i cuori sinceri. Edito a Cassel da Wilhelm Wessel."

"Non è un po' lungo?"

"Pare che nel Seicento i titoli fossero tutti così. Li scriveva Lina Wertmuller. È un'opera satirica, una favola su una riforma generale dell'umanità, e per di più copiata in parte dai Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalmi. Ma contiene un opuscolo, un libello, un manifesto di una dozzina di paginette, la Fama Fraternitatis, cheverrà ripubblicata a parte l'anno dopo, contemporaneamente a un altro manifesto, questa volta in latino, la Confessio fraternitatis Roseae Crucis, ad eruditos Europae. Inentrambi la Confraternita dei Rosa-Croce si presenta e parla del proprio fondatore, un misterioso C.R. Solo dopo, e da altre fonti, si appurerà o si deciderà che si tratta di un certo Christian Rosencreutz."

"Perché lì non c'è il nome completo?"

"Guarda, è tutto uno spreco di iniziali, qui nessuno è nominato per intero, si chiamano tutti G.G.M.P.I. e chi proprio ha un nomignolo affettuoso si chiama P.D. Si raccontano gli anni di formazione di C.R., che prima visita il Santo Sepolcro, poi fa vela per Damasco, poi passa in Egitto, e di lì a Fez, che all'epoca doveva essere uno dei santuari della saggezza musulmana. Laggiù il nostro Christian, che già sapeva greco e latino, apprende le lingue orientali, la fisica, la matematica, le scienze della natura, e accumula tutta la saggezza millenaria degli arabi e degli africani, sino alla Cabbala e alla magia, traducendo anzi in latino un misterioso Liber M, e conosce così tutti i segreti del macro e dei microcosmo. E da due secoli che va di moda tutto quello che è orientale, specie se non si capisce cosa dica."

"Fanno sempre così. Affamati, frustrati, sfruttati? Chiedete la coppa del mistero! Tieni..." E mi arrotolava una cartina. "E di quella buona." "Vedi che vuoi smemorare anche tu."

"Ma io so che è chimica, e basta. Non c'è mistero, sballa anche chi non sa l'ebraico. Vieni qui."

"Aspetta. Poi il Rosencreutz passa in Spagna e anche lì fa bottino delle più occulte dottrine, e dice che si avvicina sempre di più sempre di più al Centro di ogni sapere. E nel corso di questi viaggi, che per un intellettuale dell'epoca rappresentavano veramente un trip di saggezza totale, capisce che bisogna fondare in Europa una società che indirizzi i governanti lungo le vie della sapienza e dei bene."

"Un'idea originale. Valeva la pena di studiare tanto. Voglio della mamaia fresca."

"È in frigo. Fai la brava, vai tu, io lavoro."

"Se lavori sei formica e se sei formica fai la formica, quindi vai per provviste."

"La mamaia è voluttà, quindi va la cicala. Se no vado io e leggi tu."

"Cristo no. Odio la cultura dell'uomo bianco. Vado."

Amparo andava verso il cucinotto, e mi piaceva desiderarla controluce. E intanto C.R. tornava dalla Germania, e invece di dedicarsi alla trasmutazione dei metalli, come ormai il suo immenso sapere gli avrebbe permesso, decideva di consacrarsi a una riforma spirituale. Fondava la Confraternita inventando una lingua e una scrittura magica, che sarebbe servita di fondamento alla sapienza dei fratelli a venire.

"No che sporco il libro, mettimela in bocca, no – non far la stupida così, ecco. Dio che buona la mamaia, rosencreutzlische Mutti-ja-ja... Ma lo sai che quello che i primi Rosa-Croce scrissero nei primi anni avrebbe potuto illuminare il mondo, ansioso di verità?"

"E che hanno scritto?"

"Qui,è l'inghippo, il manifesto non lo dice, ti lascia con l'acquolina in bocca. E una cosa così importante, ma così importante che deve rimanere segreta.

"Che troie."

"No, no, ahi, smettila. Comunque i Rosa-Croce, come si moltiplicano, decidono di disseminarsi ai quattro angoli del mondo, con l'impegno di curare gratuitamente i malati, di non indossare abiti che li facessero riconoscere, di mimetizzarsi sempre secondo i costumi di ogni paese, di incontrarsi una volta all'anno, e di rimanere segreti per cento anni."

"Ma scusa, che riforma volevano fare se ce n'era appena stata una? E che era Lutero, cacca?"

"Ma questo avveniva prima della riforma protestante. Qui in nota si dice che da una lettura attenta della Fama e della Confessio si evince..."

"Chi evince?"

"Quando si evince si evince. Non importa chi. È la ragione, il buon senso... Ehi, ma che sei? Stiamo parlando dei Rosa-Croce, una cosa seria..."

"Capirai."

"Allora, come si evince, il Rosencreutz è nato nel 1378 e muore nel 1484, alla bella età di centosei anni e non è difficile intuire che la confraternita segreta abbia contribuito non poco a quella Riforma che nel 1615 festeggiava il suo centenario. Tanto è vero che nello stemma di Lutero c'è una rosa é una croce."

"Bella fantasia."

"Volevi che Lutero mettesse nello stemma una giraffa in fiamme o un orologio liquefatto? Ciascuno è figlio del proprio tempo. Ho capito di chi sono figlio io, sta' zitta, lasciami andare avanti. Verso il 1604 i Rosa-Croce, mentre restaurano parte del loro palazzo o castello segreto, trovano una lapide in cui era conficcato un grande chiodo. Estraggono il chiodo, cade una parte del muro, appare una porta, su cui è scritto a grandi lettere POST CXX ANNOS PATEBO..."

L'avevo già appreso dalla lettera di Belbo, ma non potei evitare di reagire: "Dio mio..."

"Cosa succede?"

"È come un documento dei Templari che... È una storia che non ti ho mai raccontato, di un certo colonnello..."

"E allora? I Templari han copiato dai Rosa-Croce."

"Ma i Templari vengono prima."

"E allora i Rosa-Croce han copiato dai Templari."

"Amore, senza di te andrei in cortocircuito."

"Amore, ti ha rovinato quell'Agliè. Stai aspettando la rivelazione."

"Io? Io non mi aspetto niente!"

"Meno male, attento all'oppio dei popoli."

"El pueblo unido jamàs sera vencido."

"Ridi, ridi tu. Vai avanti, fammmi sentire cosa dicevano quei cretini."

"Quei cretini hanno imparato tutto in Africa, non hai sentito?"

"Quelli in Africa stavano già incominciando a impacchettarci e a mandarci qui."

"Ringrazia il cielo. Potevi nascere a Pretoria." La baciavo e proseguivo. "Oltre la porta si scopre un sepolcro a sette lati e sette angoli, illuminato prodigiosamente da un sole artificiale. Nel mezzo, un altare rotondo, ornato da vari motti o emblemi, del tipo NEQUAQUAM VACUUM..."

"Ne quà qua? Firmato Donald Duck?"

"È latino, hai presente? Vuol dire il vuoto non esiste."

"Meno male, altrimenti sai che orrore."

"Mi accenderesti il ventilatore, animula vagula blandula?"

"Ma è inverno."

"Per voi dell'emisfero sbagliato, amore. Siamo in luglio, abbi pazienza, accendi il ventilatore, non è perché io sono il maschio, è che sta dalla tua parte. Grazie. Insomma, sotto l'altare si ritrova il corpo intatto del fondatore. In mano tiene un Libro I, ricolmo di infinita sapienza, e peccato che il mondo non lo possa conoscere – dice il manifesto — altrimenti gulp, wow, brr, sguisssh!"

"Ahi."

"Dicevo. Il manifesto termina promettendo un immenso tesoro tutto ancora da scoprire e stupende rivelazioni sui rapporti tra macrocosmo e microcosmo. Non illudetevi che siamo alchimisti da quattro soldi e chevi insegniamo a produrre l'oro. È cosa da bricconi e noi vogliamo di meglio e miriamo più in alto, in tutti i sensi. Stiamo diffondendo questa Fama in cinque lingue, per non dire della Confessio, prossimamente su questo schermo. Attendiamo risposte e giudizi da dotti e ignoranti. Scriveteci, telefonate, diteci i vostri nomi, vediamo se siete degni di partecipare ai nostri segreti, di cui vi abbiamo dato solo un pallido assaggio. Sub umbra alarum tuarum Iehova."

"Che dice?»

"È la frase di congedo. Passo e chiudo. Insomma, sembra che ai Rosa-Croce scappi di far sapere quello che essi hanno appreso, e aspettino solo di trovare l'interlocutore giusto. Ma non una parola su quel che sanno."

"Come quel tipo con la sua foto, quell'inserzione sulla rivista che abbiamo visto in aereo: se mi mandate dieci dollari vi insegno il segreto per diventare milionari."

"Ma lui non mente. Lui il segreto lo ha scoperto. Come me."

"Senti, meglio che continui a leggere. Sembra che non mi hai mai vista prima di questa sera."

"È sempre come fosse la prima volta."

"Peggio. Non do confidenza al primo venuto. Ma possibile che le trovi tutte tu? Prima i Templari, poi i Rosa-Croce, ma hai letto, che so, Plechanov?"

"No, aspetto di scoprirne il sepolcro, tra centoventi anni. Se Stalin non lo ha interrato coi caterpillar."

"Che scemo. Vado in bagno."
30

E già la famosa fraternità dei Rosa-Croce dichiara che per tutto l'universo corrono deliranti vaticini. Non appena infatti quel fantasma è apparso (benché Fama e Confessio provino che si trattava del semplice divertimento di menti oziose) subito ha prodotto una speranza di riforma universale, e ha generato cose in parte ridicole e assurde, in parte incredibili. E così uomini probi e onesti di diversi paesi si sono prestati allo scherno e alla derisione per far pervenire il loro aperto patrocinio, o per persuadersi che avrebbero potuto palesarsi a questi fratelli... attraverso lo Specchio di Salomone o in altro modo occulto.

(Christoph von Besold (?), Appendice a Tommaso Campa-nella, Von der Spanischen Monarchy, 1623)

Dopo veniva il meglio, e ai ritorno di Amparo ero già in grado di anticiparle vicende mirabili. "E una storia incredibile. I manifesti escono in un'epoca in cui testi del genere pullulavano, tutti cercano un rinnova-mento, un secolo d'oro, un paese di cuccagna dello spirito. Chi scartabella nei testi magici, chi fa sudar fornelli a preparar metalli, chi cerca di dominare le stelle, chi elabora alfabeti segreti e lingue universali. Q, Praga Rodolfo Ii trasforma la corte in un laboratorio alchemico, invita Comenio e John Dee, l'astrologo della corte d'Inghilterra che aveva rivelato tutti i segreti del cosmo in poche paginette di una Monas Ierogliphica, giuro che si intitola così, monas significa monade."

"E che ho detto?"

"Il medico di Rodolfo II è quel Michael Maier che scrive un libro di emblemi visivi e musicali, l' Atalanta Fugiens, una festa di uova filosofali, dragoni che si mordono la coda, sfingi, nulla è luminoso quanto la cifra segreta, tutto è geroglifico di qualcosa d'altro. Ti rendi conto, Galileo butta le pietre dalla Torre di Pisa, Richelieu gioca a Monopoli con mezza Europa, e qui tutti girano a occhi spalancati per leggere le segnature del mondo: me la contate bella voi, altro che la caduta dei gravi, qui sotto (anzi, qui sopra) c'è ben altro. Adesso ve lo dico: abracadabra. Torricelli costruiva il barometro e questi facevano balletti, giochi d'acqua e fuochi d'artificio nell'Hortus Palatinus di Heidelberg. E stava per scoppiare la guerra dei trent'anni."

"Chissà come era contenta Madre Coraggio."

"Ma anche loro non se la spassavano sempre. L'elettore palatino nel '19 accetta la corona di Boemia, credo che lo faccia perché muore dalla voglia di regnare su Praga città magica, e invece gli Asburgo un anno dopo lo inchiodano alla Montagna Bianca, a Praga si massacrano i protestanti, a Comenío gli bruciano la casa, la biblioteca, gli ammazzano la moglie e il figlio, e lui scappa di corte in corte a ripetere com'era grande e piena di speranze l'idea dei Rosa-Croce."

"E poverino anche lui, volevi che si consolasse col barometro? Ma scusa un attimo, sai che noi donne non afferriamo tutto subito come voi: chi ha scritto i manifesti?"

"Qui sta il bello, non si sa. Lasciami capire, grattami la rosacroce... no, tra le due scapole, no più su, no più a sinistra, ecco, Il. Dunque, in questo ambiente tedesco ci sono dei personaggi incredibili. Ecco Simon Studion che scrive la Naometria, un trattato occulto sulle misure del Tempio di Salomone, Heinrich Khunrath che scrive un Amphitheatrum sapientiae aeternae, pieno di allegorie con alfabeti ebraici, e caverne cabalistiche che devono aver ispirato gli autori della Fama. Costoro sono probabilmente degli amici di una di queste diecimila conventicole di utopisti della rinascita cristiana. La voce pubblica vuole che l'autore sia un certo Johann Valentin Andreae, l'anno dopo pubblicherà Le nozze chimiche di Christian Rosencreutz, ma l'aveva scritto da giovane, quindi l'idea dei Rosa-Croce gli girava in testa da tempo. Ma intorno a lui a Tubinga c'erano altri entusiasti, sognavano la repubblica di Cristianopoli, forse si sono messi tutti insieme. Ma pare lo abbiano fatto per scherzo, per gioco, non pensavano affatto di creare il pandemonio che han creato. Andreae passerà poi la vita a giurare che i manifesti non li aveva scritti lui, che comunque era un lusus, un ludibrium, una goliardata, ci rimette la reputazione accademica, si arrabbia, dice che i Rosa-Croce se anche c'erano erano tutti impostori. Ma niente. Non appena i manifesti escono sembra che la gente non aspettasse altro. I dotti di tutta Europa scrivono davvero ai Rosa-Croce, e siccome non sanno dove trovarli mandano lettere aperte, opuscoli, libri a stampa. Maier pubblica subito lo stesso anno un Arcana arcanissima dove non nomina i Rosa-Croce ma tutti son convinti che parli di loro e ne sappia più di quel che vuol dire. Alcuni millantano, dicono che avevano già letto la Fama in manoscritto. Io non credo fosse cosa da poco a quell'epoca preparare un libro, magari con incisioni, ma Robert Fludd nello stesso 1615 (e scrive in Inghilterra e stampa a Leida, calcola anche il tempo dei viaggi per le bozze) mette in circolazione una Apologia compendiaria Fraternitatem de Rosea Cruce suspicionis et infamiis maculis aspersam, veritatem quasi Fluctibus abluens et abstergens, per difendere i Rosa-Croce e liberarli dai sospetti, dalle `macchie' di cui sono stati gratificati — e questo vuoi dire che stava già infuriando un dibattito tra Boemia, Germania, Inghilterra, Olanda, tutto con corrieri a cavallo ed eruditi itineranti."

"E i Rosa-Croce?"

"Silenzio di tomba. Post centoventi annos patebo un cavolo. Osservano dal nulla del loro palazzo. Credo che sia proprio il loro silenzio a eccitare gli animi. Se non rispondono vuol dire che ci sono davvero. Nel 1617 Fludd scrive un Tractatus apologeticus integritatem societatis de Rosea Cruce defendens, e un certo Aloisius Marlianus dice che è giunto il momento di svelare il segreto dei Rosa-Croce."

"E lo svela."

"Figurati. Lo complica. Perché scopre che se si sottrae da 1618 i 188 anni promessi dai Rosa-Croce si ottiene i1 1430 che è l'anno in cui viene istituito l'ordine del Toson d'Oro."

"E che c'entra?"

"Non capisco i 188 anni perché dovrebbero essere 120, ma quando vuoi fare sottrazioni e addizioni mistiche il conto torna sempre. Quanto al Toson d'Oro, è il Vello d'Oro degli Argonauti, e ho saputo da fonte sicura che ha qualcosa a che vedere col Santo Graal, e quindi se mi per-metti anche con i Templari. Ma non è finita. Tra '17 e '19 Fludd, che evidentemente pubblicava più di Barbara Cartland, dà alle stampe altri quattro libri, tra cui la sua Utriusque cosmi historia, qualcosa come brevi cenni sull'universo, illustrato, tutto rosa e croce. Maier prende il coraggio a due mani e pubblica il suo Silentium post clamores e sostiene che la confraternita esiste, non solo è legata al Toson d'Oro ma anche all'ordine della Giarrettiera. Però lui è persona troppo umile per esservi accolto. Figurati i dotti d'Europa. Se quelli non accolgono neppure Maier, si tratta di una cosa davvero esclusiva. E quindi tutte le mezze calze fanno carte false per essere ammessi. Tutti a dire che i Rosa-Croce ci sono, tutti a confessare di non averli mai visti, tutti a scrivere come per fissare un appuntamento, per piatire un'udienza, nessuno è così sfacciato da dire io lo sono, alcuni dicono che non esistono perché non sono stati contattati, altri dicono che esistono proprio per essere contattati.

"E i Rosa-Croce zitti."

"Come pesci."

"Apri la bocca. Ti ci vuole della mamaia."

"Delizia. Intanto inizia la guerra dei trent'anni e Johann Valentin An dreae scrive una Turns Babel per promettere che entro l'anno sarà sconfitto l'Anticristo, mentre un certo Mundus scrive un Tintinnabulum sophorum..."

"Che bello il tintinnabulum!"

"... dove non capisco che cavolo dice, ma è certo che Campanella o chi per lui interviene nella Monarchia Spagnola e dice che tutta la faccenda rosacrociana è un divertimento di menti corrotte... E poi basta, tra il 1621 e 1623 tutti smettono."

"Così?"

"Così. Si sono stancati. Come i Beatles. Però solo in Germania. Perché sembra la storia di una nube tossica. Si sposta in Francia. Una bella mattina del 1623 sui muri di Parigi appaiono dei manifesti Rosa-Croce che avvertono i buoni cittadini che i deputati del collegio principale della confraternita si sono trasferiti laggiù e sono pronti ad aprire le iscrizioni. Però secondo un'altra versione i manifesti dicono chiaro chiaro che si tratta di trentasei invisibili sparsi per il mondo in gruppi di sei, e che hanno il potere di rendere invisibili i loro adepti... Cribbio, di nuovo i trentasei..."

"Quali?"

"Quelli del mio documento dei Templari."

"Gente senza fantasia. E poi?"

"E poi ne nasce una follia collettiva, chi li difende, chi li vuoi conoscere, chi li accusa di diabolismo, alchimia ed eresia, con Astarotte che interviene a renderli ricchi, potenti, capaci di spostarsi a volo da un luogo all'altro, insomma, lo scandalo del giorno."

"Furbi, i Rosa-Croce. Non c'è niente come un lancio a Parigi per diventare di moda."

"Sembra che tu abbia ragione perché sta a sentire cosa succede, mamma mia che epoca. Cartesio, proprio lui, negli anni precedenti era stato in Germania e li aveva cercati, ma dice il suo biografo che non li aveva trovati perché, lo sappiamo, giravano sotto false spoglie. Quando torna a Parigi, dopo l'apparizione dei manifesti, apprende che tutti lo considerano un Rosa-Croce. Con l'aria che tirava, non era una bella nomea, e dava noia anche al suo amico Mersenne, che contro i Rosa-Croce stava già tuonando trattandoli come miserabili, sovversivi, maghi, cabalisti, intenti a seminare dottrine perverse. E allora cosa ti fa il Cartesio? Si fa vedere in giro, dappertutto dove può. E poiché tutti lo vedono, ed è innegabile, e segno che non è invisibile, dunque non è Rosa-Croce."

"Questo è metodo."

"Certo non bastava negare. Così come avevano messo le cose, se uno ti veniva davanti e ti diceva buonasera, sono un Rosa-Croce, era segno che non lo era. Il Rosa-Croce che si rispetta non lo dice. Anzi, lo nega a gran voce."

"Però non si può dire che chi afferma di non essere un Rosa-Croce lo sia, perché io dico che non lo sono, ma non per questo lo sono." "Però il negarlo e già indizio sospetto."


Дата добавления: 2015-12-01; просмотров: 34 | Нарушение авторских прав



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